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pubblicato il 26.06.15
Salvini: "No al reato di tortura, polizia deve fare il suo lavoro"
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Il leader della Lega davanti a Palazzo Chigi: "Se qualcuno si fa male, affari suoi". Agenti in piazza a Roma, Milano e Palermo contro il ddl sull'introduzione del reato. Le Associazioni: "Sap fuori da Comunità Internazionale". Il Pd: "Legge serve per colpire gli abusi"

ROMA - Il leader della Lega, Matteo Salvini, si schiera contro il reato di tortura, al centro di un aspro dibattito dopo la sentenza della Corte di Strasburgo sul G8 di Genova e casi come quello di Stefano Cucchi. In una manifestazione davanti a Palazzo Chigi insieme al Sap, dichiara: "La Corte europea dei diritti umani potrebbe occuparsi di altro. Per qualcuno che ha sbagliato non devono pagare tutti. Carabinieri e polizia devono poter fare il loro lavoro. Se devo prendere per il collo un delinquente, lo prendo. Se cade e si sbuccia un ginocchio, sono cazzi suoi". "Idiozie come questa legge - ha aggiunto - espongono le forze dell'ordine al ricatto dei delinquenti". Secondo Salvini, inoltre, "l'attuale capo della polizia, Pansa, non è il migliore capo della polizia".
Roma, Sap in piazza contro reato tortura: c'è anche Salvini. Selfie e autografi coi poliziotti

Salvini ha aderito alla manifestazione indetta a Roma (ma anche a Milano e Palermo) dalla Polizia per dire no al ddl in discussione in Parlamento che introduce il reato di tortura, definito dal segretario generale del Sap Gianni Tonelli "un vero e proprio colpo di mano contro le forze dell'ordine e contro chi ogni giorno garantisce la sicurezza dei cittadini". I poliziotti, che manifestano essendo liberi dal servizio, a Roma hanno distribuito volantini ai cittadini per spiegare loro quali sarebbero le conseguenze del ddl del governo.
Expo, volantini della polizia contro il reato di tortura
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In un lungo editoriale sul sito del sindacato, Tonelli spiega: "Il reato di tortura, in Italia, porta con sè un pesante fardello di disprezzo ideologico, il desiderio mai sopito di 'dare una lezione' alle forze di polizia e agli operatori, una sorta di vendetta da parte di chi le divise non le ama e non le vuole: basti pensare che tra i promotori della legge ci sono soggetti ben noti ai nostri archivi, gente che ha fatto 'carriera' fomentando le piazze e che ora si ritrova in parlamento, (ben) pagata da tutti noi".

Il Sap ricorda che la proposta di legge c. 2168, Già approvata al senato e finalizzata all'introduzione del reato di tortura, prevede il concetto di "acute sofferenze psichiche" che "ogni mascalzone potrà utilizzare per accusarci, lamentando di averle patite queste 'sofferenze', anche se non sono oggettivamente rilevabili. Ci rendiamo conto di che cosa potrà accadere durante qualsiasi servizio di volante, durante un ordine pubblico o un arresto?".

Domani ricorre però la giornata internazionale contro la tortura: in Italia, ad oltre 26 anni dalla ratifica della convenzione delle Nazioni Unite, il Codice penale ancora non prevede questo reato. "La posizione del Sap è fuori dalla Comunità Internazionale - dichiarano in una nota Patrizio Gonnella (Antigone), Massimo Corti (Acat) e Franco Corleone (coordinatore dei garanti dei detenuti) - la polizia deve essere un corpo che protegge i diritti umani e non deve aver paura del reato di tortura".

"Affermare che il reato di tortura sarebbe un regalo agli estremisti e ai violenti è inaccettabile - si legge ancora nel comunicato - praticamente tutti i paesi a democrazia avanzata dell'Europa hanno il reato nel loro codice. Anche il Vaticano grazie a Papa Francesco ha codificato il crimine di tortura così come chiesto dall'Onu di Ban Ki-Moon".

A Salvini ha risposto Walter Verini, capogruppo del Pd in commissione Giustizia: "In queste ore assistiamo a proteste e critiche scomposte da parte dei vari Salvini di turno alla legge che introduce il reato di tortura. Io ritengo che il Parlamento abbia fatto fin qui un buon lavoro, atteso da molti anni, seppur tardivo: lo scorso novembre la Cassazione richiamava il Parlamento per non aver ancora introdotto il reato di tortura nel nostro ordinamento, rendendo l'Italia inadempiente agli obblighi della Convenzione Onu".

"Quello che deve essere colpito è l'abuso o casi di violenza ingiustificata come, per esempio, quelli alla Diaz su cui, non dimentichiamolo mai, un grande poliziotto come Antonio Manganelli ebbe il coraggio di chiedere scusa", conclude Verini.

Al leader della Lega replica anche Nicola Fratoianni di Sinistra Ecologia e Libertà: "A Matteo Salvini, che considera accettabile torturare, evidemente piacerebbe che vivessimo ancora nel Medioevo. Per fortuna non è cosi, segnala solo il livello a cui è sceso per raccattare altri due voti. Sul Sap, abbiamo già detto in passato quale giudizio abbiamo. Non resta che confermarlo".

http://www.repubblica.it/politica/2015/06/25/news/salvini_no_al_reato_di_tortura_-117679348/?ref=HRER1-1




La norma non è pensata per frenare chi indaga ma scatena tentazioni antidemocratiche

C'E' QUALCOSA di antico e di osceno nelle piazze che, ieri pomeriggio, a Roma, Milano, Palermo, il secondo sindacato di Polizia, il Sap, ha riempito di agenti per contrabbandare l'imminente primo voto parlamentare sull'introduzione del reato di tortura, come «una vendetta contro le forze dell'ordine». E nelle parole con cui Matteo Salvini le ha cavalcate ed eccitate.

In una sgangherata e ideologica operazione di manipolazione, il faticoso compromesso raggiunto dalla maggioranza di governo al Senato nel definire una norma che metta il nostro Paese all'onore del mondo con appena 26 anni di ritardo (dal '90 l'Italia non ha dato seguito alla ratifica al la Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite che bandiva la tortura dichiarandolo crimine contro l'umanità) diventa occasione per una passerella di odio e paura un tanto al chilo. Dismessa la "felpa" identitaria, Salvini si insacca nel fratino fosforescente dei poliziotti che manifestano ed entusiasti scattano selfie, dimenticando di chiedergli se il partito di cui è segretario, la Lega, non sia lo stesso che, tra il 2009 e il 2011 (governo Berlusconi), tagliò per 3 miliardi e mezzo di euro il bilancio delle Forze dell'Ordine. E se la Lega non sia lo stesso partito che, nel 2009, ridusse il turn-over del personale al 20 per cento e, un anno dopo, bloccò i fondi per adeguare i "tetti salariali" (quelli che consentono di adeguare le retribuzioni agli scatti di grado e alle indennità di servizio).

Del resto, nel Paese dalla memoria cortissima, la coerenza è un dettaglio. E nel suo stantio menù della paura, che, senza pudore, recita anche l'ex ministro dell'Interno Roberto Maroni, la sbobba "sott'odio" (per parafrasare Leo Longanesi) servita da Salvini è sempre la stessa. Migranti, Polizia, Rom, Antagonisti, Euro. E identico ne è il sapore. Perché Salvini parla di cose che non conosce o che manipola. Diverso è il discorso per le migliaia di poliziotti cui ha fatto ieri da mosca cocchiera.
Tortura, Salvini: "No al reato. Libertà di azione per polizia e carabinieri"
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Gli agenti che hanno sfilato a Roma, Palermo, Milano, sanno infatti perfettamente che la norma faticosamente scritta e riscritta al Senato, accogliendo le preoccupazioni sollevate da ultimo anche dal capo della Polizia, Alessandro Pansa, definisce la tortura non come reato "proprio" del pubblico ufficiale. Non è dunque norma pensata per colpire la polizia, ma la tortura, chiunque ne sia autore. Ed è norma dove la qualità del pubblico ufficiale diventa piuttosto un'aggravante, come è logico che sia. Quantomeno in una democrazia degna di chiamarsi tale. Dove il monopolio della forza riconosciuto allo Stato (e dunque alle Forze dell'ordine che ne sono Istituzione) è legittimo solo e soltanto se utilizzato nel perimetro delle garanzie dell'habeas corpus, principio di intangibilità del corpo e della sfera delle libertà individuali – civili, ed ebbene si, persino psicologiche - riconosciuto già nella Magna Charta, anno di grazia 1215.

La pessima notizia non è dunque Salvini. Ma il segnale che arriva da quelle piazze. Ennesima prova, ammesso ce ne fosse bisogno, di cosa si agiti, ormai da tempo, nella pancia della Polizia di Stato. Che è e resta un corpo democratico (ed è grottesco e insieme preoccupante l'obbligo pavloviano che si avverte nel doverlo ogni volta ripetere). Ma che, a 35 anni dalla riforma che lo smilitarizzò, è con ogni evidenza sempre più privo di un sistema immunitario capace di renderlo impermeabile ai rigurgiti della peggiore demagogia di destra, alle tentazioni politicamente eversive di mettere in mora ieri un tribunale della Repubblica, oggi una Corte internazionale di Giustizia, un Parlamento, una Convenzione delle Nazioni Unite. Come se un pezzo della Polizia, improvvisamente inconsapevole della propria funzione, invocasse un principio di eccezione rispetto alla legge con i modi di una delle mille esasperate corporazioni del Paese. Non a caso, con i suoi 18mila iscritti, il Sap, sindacato di centro-destra che ha riempito ieri le piazze, è lo stesso che, un anno fa, durante il suo congresso, tributò 5 minuti di standing ovation agli agenti riconosciuti colpevoli dell'omicidio di Federico Aldrovandi, un innocente. Il suo segretario, Gianni Tonelli, è lo stesso che dopo la lettura della sentenza che mandò assolti tutti gli imputati per la morte dell'innocente Stefano Cucchi, non trovò altre parole che queste: «Se disprezzi la tua salute ne paghi le conseguenze».

Il Sap non è un fungo. Altre sigle, come il Coisp, da tempo lo inseguono sullo stesso terreno di rancore, frustrazione, rabbia per chiunque si eserciti nell'ordinaria manutenzione di una democrazia e nella difesa dei suoi diritti fondamentali.

http://www.repubblica.it/politica/2015/06/26/news/il_caso-117712688/?ref=HRER1-1

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