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pubblicato il 1.03.05
- Treviso terrorismo razzista
·

27 febbraio 2005

«Ci sentiamo bersaglio da gente che ci odia»

by la tribuna Tuesday, Mar. 01, 2005 a

«Ci sentiamo bersaglio da gente che ci odia»
da La Tribuna di Treviso del 28 febbraio 2005
28 febbraio 2005
Sconcerto e incredulità: ieri c’era la lezione dei bimbi.
«Ora ci sentiamo continuamente bersaglio, ma più di tutto temiamo per i nostri bambini. Possono rimanere vittime di questi attentati razzisti, compiuti da gente che veramente ci odia, in qualsiasi momento, mentre escono da scuola o camminano per la strada. Ma anche la vita di noi adulti non è più sicura qui. Non possiamo fare altro che chiedere aiuto, perché noi siamo dei cittadini deboli. Nei prossimi giorni andremo dagli amministratori di Nervesa per chiedere un sostegno. Chi ha commesso questi atti contro di noi? Non saprei, ma non escludo che in mezzo vi sia anche la politica». Idris Bahaj, 38 anni, marocchino, in Italia dal 1995, non si dà pace. L’attentato dinamitardo alla moschea di Sovilla, messo a segno ieri notte alle 2.15, lo ha sconvolto e terrorizzato. Lui è uno dei responsabili del centro culturale, nonché il primo cittadino extracomunitario della provincia di Treviso a far parte della Croce Rossa. «Ci hanno colpito al cuore – dice il connazionale Ali Abdeslam, 27 anni – Siamo gente a posto, che lavora e che non dà fastidio ai cittadini di Nervesa. Nonostante questo c’è qualcuno che ci vuole tanto male al punto di metterci delle bombe. Bombe che ora potremmo ritrovarci anche dentro casa nostra. Non ci sentiamo più sicuri, siamo senza protezioni».
Ieri pomeriggio, avuta la notizia dell’esplosione, alla moschea di Sovilla si sono ritrovati molti dei marocchini che fanno parte dell’associazione islamica «Pace», che gestisce il luogo di culto. Incredulità e spavento sono stati i sentimenti dominanti per tutti loro. «Mi sono accorto dell’esplosione questa mattina (ieri, ndr) alle 6 – racconta Edda Abdelmashid, 48 anni, presidente dell’associazione – Ero arrivato qui presto per aprire la moschea e prepararla per la preghiera. In mattinata, poi, i genitori avrebbero portato i bambini per la lezione di lingua italiana. Per fortuna che la bomba non è scoppiata con loro dentro». «Anch’io non posso credere a quello che è successo, capirne i motivi – afferma il vicepresidente Boubagba Abdellah, 37 anni – Forse qualcuno è convinto che noi diamo fastidio solo perché ci ritroviamo fra connazionali, perché preghiamo la nostra fede o solo perché siamo venuti a vivere nel Veneto. E’ chiaro, comunque, che hanno raggiunto l’obiettivo di spaventarci: adesso ogni momento è buono per colpirci. Non credo si sia trattato di un episodio isolato, ma di un clima generale di ostilità verso di noi».
A ritrovarsi con una parte dell’auto distrutta da un botto è stato, invece, un altro immigrato, che nulla ha a che fare con le comunità marocchine locali né con il paese di Giavera. Infatti, il titolare della Opel Vectra presa di mira dagli stessi attentatori ieri notte, alle 2.45, è un cingalese, Anura Perera, residente a Padova: la sua auto era parcheggiata in via Longhin solo perché era giunto a far visita a dei connazionali. La «bomba» era, quasi sicuramente, indirizzata ai marocchini che vivono sotto all’appartamento dei suoi amici. «Abito a Padova, ero a Giavera solo per stare assieme a gente della mia stessa nazione – spiega Perera – Poi mi avevano chiesto di dormire da loro. Il botto ci ha svegliati tutti, ma non sentendo altri rumori ci siamo riaddormentati. Non penso che l’ordigno fosse contro di me o i miei amici. Siamo persone che lavorano e ognuno si fa i fatti propri».
Phille Kapila, l’amico che ha la casa in via Longhin, fa il cameriere al Relais Monaco di Ponzano. (m.m.)

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