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pubblicato il 18.03.13
Fausto e Jaio 1978, la speranza muore a 18 anni
·
Quella sera in Via Mancinelli.
Milano, 18 Marzo '78...
(indy)
La strada e' buia. Un vento di marzo sposta il lampioncino in fondo a destra, lo fa dondolare come un'altalena. Nel silenzio si ascolta solo la voce del telegiornale da poco iniziato. Una voce metallica che viene da qualche casa con le finestre aperte. Il conduttore parla del rapimento Moro, dell'uccisione della scorta avvenuta due giorni prima a Roma, delle inchieste iniziate in fretta e furia. Il silenzio maschera il rumore sordo di passi veloci. Loro sono due ragazzi che vestono come una volta: jeans scampanati, camicione a quadretti, giubbotti con le frange, capelli lunghi. Di sabato, a quell'ora, percorrono la strada che divide in due il quartiere Casoretto,via Mancinelli. Trecento metri senza luce, un luogo poco frequentato, di sera come di giorno, buio, scuro.
Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, parlano di Moro e di viaggi, di quei sogni che ogni ragazzo ha in testa a diciotto anni. Il risotto di Danila, la madre di Fausto, li attende fumante. Fausto non sopporta quando Jaio arriva in ritardo agli appuntamenti. "La prossima volta me ne vado,non ti aspetto più - dice all'amico . "Cerca di essere più elastico - risponde Lorenzo.
I passi si fanno più intensi e i pensieri corrono veloci come razzi. Un pezzo di vita scorre come la trama di un film e i ricordi prendono il sopravvento. Quei sabati al Parco Lambro con le chitarre,sognando un po' di California, ad ascoltare chi tornava da mete lontane ognuno con la sua piccola verità. Ricordi che si rincorrono come le chitarre di Crosby, Stills, Nash e Young. Le voci degli amici , delle ragazze, delle lunghe discussioni politiche. Le prime esperienze con le donne consumate in poche ore, la fretta di correre lontano e di fuggire via da Milano. Il suono della chitarra di Jaio, ricevuta in regalo dallo zio solo due anni prima. E quei progressi fatti dai primi timidi accordi alle canzoni vere e proprie imparate su manuali di contrabbando.Le feste al Leoncavallo, i concerti di jazz, il bar, spettacoli teatrali di compagnie che vengono da lontano. Il blues di Jaio e i Rolling Stones che Fausto ama tanto ascoltare. All'altezza del portone dell'Anderson School i passi d'improvviso si fermano. Fausto e Jaio avvertono il pericolo, si voltano intorno per chiedere aiuto. Intorno a loro c'è il vuoto, la solitudine. Così due giovani dall'accento romano si avvicinano con fare sbrigativo.Li bloccano. Ora i quattro si trovano faccia a faccia. Si fa avanti uno con l'impermeabile bianco e il bavero alzato, avrà diciotto, vent'anni. "Siete del Centro Sociale Leoncavallo? - dice con voce squillante. Lorenzo e Fausto si guardano, sono increduli. Non rispondono. Il senso di due vite si spegne sotto i colpi di otto proiettili Winchester 7,65 sparati da un professionista. Un'esecuzione. I corpi si accasciano a terra. Il primo a cadere è Fausto. Il proiettile lo colpisce all'addome; gli altri tre in rapida successione all'emitorace sinistro,al braccio destro e alla regione lombare sinistra.. Lui compie una torsione su sé stesso. Un quinto proiettile lo raggiunge di striscio bucando gli indumenti. Poi tocca a Lorenzo, Jaio per gli amici. Tre colpi lo fanno crollare sul marciapiede: Fausto è riverso sul piano stradale mentre Jaio è a breve distanza, centrato più volte mentre tenta una fuga impossibile. Dopo quei colpi che sembrano petardi scende un silenzio irreale. La strada si fa ancora più scura e nel buio scappano gli assassini.

(...) Don Perego piange come un bimbo, si dispera. Pensa a quanto sia ingrata la vita. "Perché proprio loro? -continua a chiedersi. "Erano così giovani, non avevano mai fatto di male a nessuno. Fausto veniva ancora sul campetto dell'oratorio insieme con Lorenzo e io li facevo entrare purché si limitassero a giocare al pallone e non parlassero con i nostri ragazzi di politica". Detta queste parole mentre la via inizia a brulicare di persone. Ragazzi come loro,di quel quartiere nella periferia est di Milano che frequentano il Centro Sociale Leoncavallo. Nel quartiere c'è chi offre la sua versione. "Quella via era un pericolo-grida un conducente dell'autobus appena rientrato nella vicina rimessa dell'Atm di via Teodosio. Una ragazzina si scansa dal gruppo e piange. Il corpo di Lorenzo e' ancora coperto da un lenzuolo bianco mentre quello di Fausto viene trasportato all'Ospedale Bassini in un disperato tentativo di salvarlo. C'e' un via e vai di gente di ogni tipo. Ragazzi del Centro Sociale si mischiano ai tanti abitanti del Casoretto che vengono a rendere omaggio a due giovani delle loro strade. Giornalisti armati di taccuini cercano una verità credibile ma le fonti istituzionali percorrono disordinatamente piste di ogni tipo. C'è chi mette le mani avanti. Il capo di Gabinetto della Questura Bessone si lascia andare,parla a braccio con alcuni cronisti. "E' chiaro. Si tratta di un regolamento di conti, una faida fra gruppi della nuova sinistra o inerente al traffico di stupefacenti": Nessuno gli crede. Ci guardiamo stupiti. Traffico di stupefacenti? Faide tra gruppi? La matrice di destra di quell'omicidio e' ben chiara, viene sussurrata da molti quella sera ma non ci sono prove.


"link al sito del libro di Daniele Bianchessi":http://www.retedigreen.com/index-35.htm

pubblicato il 18.03.05

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