Il Progetto | |
magliette |
Da La Gazzetta Del Mezzogiorno del 21 novembre 2006
Picchiato a sangue perché è gay
Un ragazzo di 27 anni finisce in ospedale. «Le istituzioni ci aiutino»
I medici gli hanno suturato le ferite con 18 punti e ne hanno disposto il ricovero, che lui ha rifiutato. L’ intervento dei carabinieri
E intanto la comunità omosessuale cittadina lancia un appello alle istituzioni e alla società civile
L’AGGRESSIONE.
Al Policlinico gli hanno suturato le ferite al volto con 18 punti.
«È gay. Massacriamolo»
Spedizione punitiva in un locale frequentato da omosessuali
La banda è entrata nel club e ha cominciato a insultare e a provocare. Maurizio ha reagito. Il reato si è consumato in strada
Un organizzatore: «Invitamo il presidente della Regione, il sindaco, il questore, le associazioni a sostenerci, a non lasciarci soli»
Maurizio, 27 anni, è stato selvaggiamente picchiato nella notte tra domenica e lunedì dinanzi a un locale notturno cittadino.
A mandarlo in ospedale, una banda di cinque, sei persone che prima lo hanno insultato e provocato, poi lo hanno pestato a sangue. Maurizio ha riportato un serio trauma cranico. Al Policlinico i medici lo hanno sottoposto alla Tac e gli hanno suturato con 18 punti le ferite multiple che aveva sul viso.
Ma perché tutta questa furia?
Maurizio è stato massacrato perché è omosessuale.
La volenta spedizione della banda è stata organizzata. Sia chiaro: nulla è accaduto per caso. Ogni domenica, da metà ottobre, nel club cittadino si incontrano gay e lesbiche di Bari e provincia. Gli aggressori sono piombati nel locale nel chiaro intento di creare scompiglio.
«I ragazzi della sicurezza li hanno fatti entrare, pur sapendo
che si trattava di gentaglia», spiega Diego, uno degli organizzatori
degli incontri della domenica.
«È una brutta storia, e non è la prima volta. Questi qui sono arrivati e hanno cominciato ad insultare, a provocare.
Poi si sono avvicinati a due ragazzi che stanno insieme, uno
di loro ha reagito. Il resto è avvenuto fuori dal locale. E nessuno
ha mosso un dito – aggiunge Diego – Quando abbiamo capito cosa stesse accadendo, abbiamo chiamato i carabinieri».
La pattuglia è arrivata quando Maurizio era già stato soccorso
e trasportato in ospedale. Nel frattempo gli ospiti del club si
erano dileguati. Il titolare non ha potuto far altro che confermare
ai carabinieri la zuffa avvenuta fuori dal locale per motivi fin troppo chiari.
Maurizio, da parte sua, ha rifiutato il ricovero (che pure i medici gli avevano consigliato anche per lo stato di grande agitazione). Ed è tornato a casa. Quando i carabinieri sono arrivati al Policlinico per raccogliere l’eventuale denuncia, il ragazzo era già andato via. Col suo grumo di rabbia e dolore.
«È un episodio di una gravità inaudita. – commenta Raffaele
Diomede, già consigliere comunale, che ha contribuito alla nascita della commissione consiliare del Comune per le Pari Opportunità – Non è pensabile che uno dei pochi luoghi nel quale i gay e le lesbiche possono incontrarsi per stare un po’ insieme tranquillamente e senza pregiudizi, debba essere profanato
da una banda di animali.
Sono scosso, sono arrabbiato. – confessa Diomede – Pensare che
proprio il giorno prima dell’aggressione tutta Bari ha partecipato
alla prima della fiction interpretata da Lino Banfi nella quale si affronta la storia d’amore di due ragazze. Tutti a dibattere sulla maturità raggiunta da questa società e poi, a distanza di 24 ore, accade un fatto del genere. Non siamo affatto una società matura, evidentemente».
Episodi simili sono accaduti anche in passato. Aggressioni, insulti, disagio diffuso. Dopo il Gaypride del 2003, Bari sembrava aver abbandonato le sue peggiori abitudini culturali. Forse dobbiamo ricrederci.
«Ci sentiamo soli, questa è la verità – continua Diego – Domenica
vorremmo tornare a incontrarci, per non perdere questa
consuetudine, per non lasciarci intimidire. Ma abbiamo
bisogno di aiuto». Così, attraverso le colonne della Gazzetta, la comunità gay barese lancia l’appello al presidente della Regione,
Nichi Vendola, al sindaco Emiliano, al questore e ai vertici delle forze di polizia, ma anche alle associazioni, al mondo del volontariato, alla gente comune.
Soltanto attraverso una reazione collettiva si può arginare la nuova ondata di odio che sta pericolosamente serpeggiando tra noi.
Carmela Formicola
azioni_fasciste