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pubblicato il 3.07.07
Roma aggressione a Villa Ada - 4 articoli dal Manifesto
·

Capitale nera. Il lungo elenco di aggressioni Militanti squadristi e xenofobi di quartiere
Eleonora Martini
Roma

L’assalto neofascista di giovedì sera a Villa Ada non è proprio una novità per Roma. Né si può dire che sia l’episodio più drammatico tra quelli che negli ultimi anni si sono verificati con sempre maggiore frequenza nell’area metropolitana capitolina. Senza voler confondere contesti e eventi molto diversi tra loro, va ricordato però che dal grave accoltellamento di un redattore di Radio Onda Rossa avvenuto durante una «spedizione punitiva» di militanti neofascisti che si spinsero fin dentro il centro sociale Forte Prenestino, alla morte del giovane Renato Biagetti ucciso ad Ostia per mano di balordi simpatizzanti di estrema destra che «ripulivano» il proprio territorio durante le solite scorribande notturne, una certa cultura squadrista sembra essersi rinvigorita e diventata sempre più temeraria. Semmai da registrare questa volta è la spavalderia con la quale il gruppo si è spinto ben oltre i soliti obiettivi – centri sociali, sedi di partito o di associazione, malcapitati passanti – e abbia deciso di assaltare audacemente addirittura un’iniziativa dell’Estate romana veltroniana. Voluta da quello stesso sindaco che troppo spesso aveva liquidato la macabra cronaca settimanale con un equidistante «no alla violenza tra gruppi estremisti di opposta fazione». E, a suon di targhe e riconoscimenti politico-sociali, ha di fatto sdoganato una cultura politica bandita per anni dal comune senso urbano. Le reazioni questa volta sono state di tutt’altro tenore anche se ospite di Villa Ada era uno dei gruppi ska simbolo, ormai a livello internazionale, dell’antifascismo militante.
E se durante la stessa notte di giovedì a Ponte Milvio un ragazzo di 16 anni è stato pestato perché indossava una maglietta della Banda Bassotti, l’elenco di aggressioni, violenze, soprusi, incursioni e scorrerie varie dalla chiara matrice neonazista è lungo. Per averne solo un’idea, ma l’elenco non è completo, si può visitare il sito www.ecn.org/antifa/. Dal gennaio 2005 ad oggi sono riportati 55 episodi accertati dagli organi di stampa nella sola città di Roma. Ma si potrebbe risalire al febbraio 2003 quando una trentina di ragazzotti travisati lanciarono tre bombe carta contro il portone, fortunatamente chiuso, del centro sociale Forte Prenestino. Ci tornarono il 3 giugno 2005 e, inneggiando al Duce, riuscirono ad entrare accoltellando alla gola Bernardo, un giovane redattore di Onda Rossa che venne ridotto in fin di vita. Sempre nel 2005, il 20 febbraio e il 6 marzo all’uscita di due diversi centri sociali alcuni ragazzi vennero accoltellati al grido di slogan fascisti. Nel secondo caso solo un intervento salvò la vita al malcapitato. Il 20 maggio poi un ordigno esplosivo devastò i locali dell’Astra, in zona Tufello, un’ora dopo la fine della proiezione di un film a cui avevano partecipato decine di giovani del quartiere. Il 24 giugno all’uscita di un altro concerto della Banda Bassotti 5 ragazzi e due ragazze vennero aggrediti con catene e bottiglie e finirono in ospedale. Nel gennaio e febbraio 2006 poi, la campagna elettorale per le amministrative infuocò la capitale e per ben due volte il centro sociale La Torre venne assaltato con bottiglie molotov da una trentina di fascisti arrivati a bordo di automobili che costrinsero i ragazzi a barricarsi all’interno. Durante quei giorni un giovane di Bergamo venne accoltellato alla fine di un concerto skin, mentre una serata reggae nell’ex manicomio di Santa Maria della Pietà finì con 50 balordi ai cancelli che incendiarono sette auto parcheggiate e lanciarono bombe carta all’interno.
Troppo lungo poi l’elenco di immigrati, rom, omosessuali o transessuali aggrediti da bande xenofobe nelle strade di Roma negli ultimi due anni. Mentre si potrebbero ricordare le svastiche che una notte dell’estate scorsa riapparvero al ghetto ebraico e gli attentati lo scorso anno alle sedi di Rifondazione o del Pdci, o quelle al Circolo omosessuale Mario Mieli (il 6 aprile 2006, con due ragazzi in fila per entrare ad una kermesse musicale finiti al Pronto soccorso). Renato Biagetti, poi, è un’altra cosa. Ma l’humus nel quale crescono certe pulsioni è lo stesso.


Roma, fascisti in concerto
Armati di coltelli, spranghe e catene decine di militanti dell’estrema destra assaltano gli spettatori di Villa Ada, uno dei luoghi più frequentati dell’Estate romana di Veltroni. Sul palco la Banda Bassotti. Tre i feriti
Stefano Milani
Roma

Estate romana, una serata come tante. Un concerto all’aria aperta, nella splendida cornice del laghetto di Villa Ada che da quattordici anni ospita la rassegna «Roma incontra il mondo», uno degli appuntamenti più apprezzati e visitati dai romani. Anche giovedì sera di gente ce n’era parecchia, quasi 1500, tanti i giovani ma anche molte famiglie con bimbi al seguito, tutti a ballare e divertirsi sulle note della Banda Bassotti. Una serata di festa che improvvisamente si è trasforma in un incubo, in un agguato fascista in piena regola. Tutto accade in pochi minuti, intorno all’una, dopo che la band aveva appena lasciato il palco. «Li abbiamo visti avvicinarsi con le spranghe e le teste coperte dai caschi. Non abbiamo visto bandiere, ma si sa in questi casi non si portano mai», la testimonianza di Stefano Cecchi, trombettista della storica band militante ska che ha immediatamente lanciato l’allarme.
Una cinquantina, ma c’è chi giura di averne visti anche cento, neri dalla testa ai piedi, coperti da caschi e foulard, con in mano spranghe, bastoni e coltelli. Al grido «Duce, Duce» hanno tentato l’assalto alla villa. Tra loro e la folla un cancello, per fortuna chiuso. Ma i fascisti non demordono e così cominciano a lanciare di tutto contro la gente che ignara si dirigeva verso l’uscita. Mazze ferrate, catene, petardi, perfino due bombe carta. Il panico. «I fasci, i fasci», urla qualcuno avvertendo di ritornare indietro, sotto al palco per mettersi al riparo.
Troppo tardi per Marco Di Pillo, quarant’anni, che in quel momento era già fuori, in strada. Un paio di minuti in balìa di una ventina di teste rasate che lo accerchiano e sfogano su di lui tutta la loro ferocia. Ora Marco sta leggermente meglio, ma quando è arrivato nella notte all’ospedale Sandro Pertini la preoccupazione era tanta. Ha dovuto subire un intervento d’urgenza per ricucire le nove ferite da arma da taglio, infertegli in varie parti del corpo, due profonde nella schiena. «All’improvviso ho sentito un’esplosione, – la sua testimonianza all’uscita dalla sala operatoria – come fosse una bomba, poi si è sparsa la voce che i fascisti volevano entrare. In un attimo mi sono ritrovato in un parapiglia, sono caduto in terra e mi hanno picchiato prima con le spranghe e poi hanno tirato fuori i coltelli. Erano almeno dieci e avevano i caschi e i volti coperti». Insieme a lui anche un altro ragazzo è rimasto ferito, fortunatamente in modo più lieve.
Mentre l’ambulanza correva al Pertini, a Villa Ada la tensione rimaneva altissima. Qualche testa rasata era riuscita ad entrare per qualche via secondaria all’interno del parco mischiandosi tra la gente. C’è più di un testimone che dice di averli visti addirittura salire sul palco. Deve passare una buona mezz’ora – intorno all’1,30 – quando il buio della villa viene illuminato dal blu intermittente e dalle sirene della polizia e dei carabinieri. Ma a quel punto è troppo tardi, gli squadristi si sono già dati alla fuga. La tensione però rimane. Un gruppo di ragazzi che ha assistito al concerto sfoga la sua rabbia lanciando contro le forze dell’ordine qualche sasso. Un carabiniere viene colpito di striscio, ne avrà per un paio di giorni, qualche auto danneggiata.
La situazione torna alla normalità dopo poco, ma il morale della favola è amaro. Se dei fascisti non v’è traccia le forze dell’ordine fermano una decina di ragazzi che da aggrediti ora passano per aggressori e per due di loro, stamani, li aspetta un processo per direttissima. Le indagini per individuare i colpevoli dell’agguato vanno avanti, e le forze dell’ordine fanno sapere che la pista che stanno battendo è quella dell’estremismo di destra. A caldo, due pattuglie dei carabinieri hanno fatto un giro intorno a Piazza Vescovio, trecento metri in linea d’aria da Villa Ada, dove c’è la sede di Forza Nuova. Ad aspettarli, riferiscono gli agenti, c’erano una ventina di persone a braccia conserte, che nulla sapevano.
Unanime e trasversale la condanna dal mondo politico. «È stata un’aggressione premeditata, una vera spedizione organizzata da gruppi fascisti», ci va giù duro stavolta Walter Veltroni. Secondo il sindaco, «la natura e le modalità dell’aggressione fanno pensare a qualcosa di studiato e organizzato». E mentre Forza Nuova smentisce qualsiasi coinvolgimento, due deputati radicali della Rosa nel Pugno hanno presentato un’interrogazione urgente al governo per far luce su quanto accaduto.
«Un fatto gravissimo – ha commentato l’assessore alla cultura Silvio Di Francia, il primo ad accorrere a Villa Ada – ma l’Estate romana va avanti».


Metropoli
A colpi di coltello per controllare il territorio
Benedetto Vecchi

Abbandono e periferia. A Roma, come in molte altre città, sono queste le parole profuse a piene mani per spiegare aggressioni talvolta omicide organizzate da gruppi xenofobi, razzisti, insomma fascisti contro giovani di sinistra o dei centri sociali, migranti, rom, omosessuali. E oltre a descrivere le periferie come terre senza legge, si tuona contro il pericolo del ritorno dei temibili anni Settanta, che tanto temibili non erano, visto che molti interventi di risanamento delle borgate sono dovute alle lotte sociale di quegli anni. E che negli anni Settanta ai fascisti è stato tolta la possibilità di intervento politico.
In ogni caso, ogni qualvolta che c’è un attacco squadrista il simulacro di un dipinto tardomedievale con un centro pulito e sicuro e zone off limit campeggia al centro della discussione pubblica. La distinzione tra centro e periferia può tuttavia indurre a una lettura rassicurante delle metropoli. Ma questa rappresentazione della città non regge più alla prova della realtà.
Roma, come Milano sono metropoli in cui la polarità centro e periferia è venuta meno. E’ l’intera città che è diventata un’enorme rete produttiva il cui il ciclo valorizzazione e dismissione ha un ritmo temporale velocissimo. Così interi quartieri «periferici» sono interessati da opere di riqualificazione impensabili sei, sette lustri fa, mentre zone residenziali conoscono un declino inarrestabile. La destra radicale interviene in questa situazione. Alle solite miserie xenofobe e razziste unisce l’obiettivo di controllare il territorio, pensando così di potere mettere il becco nella circolazione di capitali che interessano le città. Si presenta quindi come un gruppo paramilitare; ma anche come un gruppo di intervento sociale quando la zona in cui opera non è toccata dalla valorizzazione capitalista del territorio; o come una banda mafiosa che vuol ricavare almeno le briciole dei soldi che circolano vorticosamente nelle metropoli, come testimoniano i coinvolgimenti di questo o quel «combattente nazionale» in traffici malavitosi. I capitali non si spostano vorticosamente solo su scala globale, ma anche all’interno degli stati-nazione e delle metropoli. I gruppi neonazisti o neofascisti sono pericolosi perché vogliono entrare in questo gioco. La loro battaglia per i controllo del territorio incontra resistenze, luoghi di una socialità non coatta che funziona come un contropotere alla valorizzazione capitalistica del territorio. E allora lo spirito paramilitare prende il sopravvento.
La giunta capitolina ha creduto di riuscire a esercitare un controllo sulla trasformazione di Roma e quando si è trovata a fare i conti con aggressioni come quella compiuta a Villa Ada, ha gridato allo sdegno, evocando il pericolo degli anni Settanta, seppur su scala ridotta. Sono affari che riguardano solo minoranze, ha commentato nel recente passato più di un amministratore capitolino. Non è così. Né è detto che la celebre governance attuata da Walter Veltroni possa adeguatamente intervenire in questa situazione. Né può, la giunta di centrosinistra, parlare del passato. Perché questa volta sotto i colpi neofascisti è finita una sua manifestazione culturale e musicale.


La «BB», idolo dei red-skin
La storia
Musica di pari passo con l’impegno politico. Lo slogan: «Ama la musica odia il fascismo»
Militant A*

«Ama la musica, odia il fascismo», così intitolava un convegno organizzato dalla Banda Bassotti nel centro sociale Forte Prenestino nel lontano ‘91. Così il gruppo irrompe negli scenari romani. Origini rigorosamente skin, musica ska, impegno politico e sociale. Questa la loro storia.
Punto di riferimento dei red-skin, anche perchè i componenti non hanno mai fatto mistero della loro appartenenza a tale identità, che è erroneamente contesa coi nazi-skin. Le «teste rasate» nascono infatti alla fine degli anni ‘60 quando i figli e i ragazzi della classe operaia, della working class inglese, trovarono delle forme di aggregazione, di divertimento e di organizzazione sociale con i giovani immigrati giamaicani, condivendo la loro musica rocksteady. Solo negli anni ‘80 sono comparsi sulla scena europea i nazi-skin. Teste rasate fasciste, ma con la stessa provenienza dei red-skin, che esaltavano la purezza della razza, il «white power». Così l’inno della Banda, «Ama la musica, odia il fascismo», è diventato un logo del movimento antifascista.
La loro attività e il linguaggio delle loro canzoni – sempre molto legato all’immaginario esplicitamente comunista – li ha proiettati ad essere dei nemici da combattere per l’estrema destra. Tanto che ora sono costretti a girare con una security soprattutto in alcuni punti «caldi» e «difficili» d’Italia. Dal ‘91 si susseguono i dischi: «Balla e difendi», «Figli della stessa rabbia» e «Bella ciao» (sono i primi a riprendere la storica canzone partigiana). Dopo un periodo di stacco durato cinque anni, si sono riuniti nel 2000 e da lì sono partiti con un’attività intensa e continua che li ha portati a fare centinaia di concerti non solo in Italia. Iniziano a farsi conoscere in Spagna, soprattutto nei Paesi Baschi, dove si esibiscono di fronte a grandi platee. La loro attività internazionale li ha portati anche in Germania, in Venezuela e in Messico. Paese, quest’ultimo, in cui il sub comandante Marcos ha voluto incontrarli. Famosa la foto che gira in rete in cui c’è Marcos abbracciato con la Banda Bassotti. La loro attività politica li ha fatti poi unire ad una delle curve calcistiche più politicizzate di estrema sinistra, le Bal (Brigate autonome livornesi). Rapporto questo che è culminato con l’incisione dell’inno ufficiale della squadra.
Villa Ada, che comunque è vicina a piazza Vescovio (zona notoriamente «nera» di Roma), ha rappresentato un’occasione per un’aggressione organizzata. Il fatto però va sicuramente oltre il loro singolo caso. Pone l’accento su un problema di difesa di tutto un movimento.

*Assalti Frontali

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