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Fianco a fianco naziskin e picchiatori da curva, uniti da ideali e proselitismo
La fotografia scattata dall’Osservatorio democratico e i riscontri della magistratura
Milano, palestra e birreria e la voglia di essere contro
di PAOLO BERIZZI
Milano, palestra e birreria
e la voglia di essere contro
MILANO – Franco la felpa col marchio calci&pugni la porta al contrario con le maniche tirate su. Dice che così – con la scritta sulle spalle – “fa brutto”, che tradotto dallo slang dei giovani milanesi sarebbe “mette paura”. Franco ha il cuore molto nero e tifa molto Inter, curva Nord fisso, “se c’è da menare non mi tiro indietro”. Il suo liquido preferito è la birra scura della Guinness di Dublino. Ultimo libro letto: “Io, l’uomo nero” di Pierluigi Concutelli. “Un grande – si fa serio – l’ho visto l’altra sera in tivù. Coerenza e dignità sempre, perché se hai ucciso mica puoi fare l’abbaione” (parlare a vanvera).
Quelli come Franco hanno 25 anni e tanta voglia di fascismo. Lavorano (lui fa il marmista) o studiano Legge fa lo stesso: intanto hanno già deciso che la vita colorata di bruno intenso è più bella. Stanno arroccati nei vecchi e nuovi fortini del Nord opulento. Si incontrano nelle sezioni di Forza Nuova e Fiamma, nelle curve di San Siro e all’università. Allenano muscoli e ugole nelle palestre di pugilato e nelle birrerie. Si fanno contagiare, per volontà ideale o per osmosi, dal battito del “Cuore nero”. Che non è solo il primo centro sociale milanese di estrema destra. È un progetto strutturato. Il tentativo dell’estremismo nostalgico di risollevare la testa dopo anni di silenzi e inchieste che ne avevano accorciato il passo.
Vai a dare un’occhiata su YouTube… ”, mi suggerisce Franco come fosse un’avvertenza per l’uso. I link da caricare, quelli a cui tiene di più, sono: “Manifestazione ultras Inter per Gabriele Sandri” (12 novembre 2007) e “Prodi contestato in Cattolica” (18 gennaio 2007, con fischi, saluti romani e croci celtiche). “Se guardi bene mi vedi, là, in mezzo al casino”. Quel 18 gennaio 2007 è una data di nascita: Cuib, Cattolica. Letteralmente “Comitato universitario iniziative di base”. Meno letteralmente, e tolta la vernice, la stessa sigla di uno dei nidi da cui era sorta la “Guardia di Ferro” filonazista di Cornelius Codreanu.
A Milano e in Lombardia, una vita dopo i sanbabilini, c’è un “Cuore nero” che pulsa. Visto dall’esterno può apparire come una ristretta enclave di nostalgici. In realtà, sotto c’è di più. Cose che le nuove leve, forse, persino ignorano. Sponde istituzionali. Contatti con terroristi ex Nar. Intrecci con le famiglie della ndrangheta calabrese e della mafia siciliana trapiantate a Milano. Il tutto condito con una massiccia opera di proselitismo tra i giovani. Fianco a fianco, nelle sacche nere della grande metropoli, s’ingrossano le fila di naziskin, nostalgici della Rsi e ultrà di Inter e Milan.
La fotografia scattata dall’Osservatorio democratico (curato da Saverio Ferrari) trova riscontri nelle indagini della magistratura. Ce n’è una che Repubblica ha già raccontato. Quella sui rigurgiti di neo nazismo che hanno come alveo la provincia di Varese (pm Maurizio Grigo e Luca Petrucci). Nelle pieghe dell’inchiesta (ancora in corso, sin qui 50 indagati e due arrestati) sono saltati fuori nuovi collegamenti e sta venendo alla luce una struttura a cerchi concentrici. Che sconfina oltre la provincia varesotta, abbraccia Milano e la sua vasta cintura, e scende fino a Roma.
Alcuni dei personaggi che si muovono su questo asse sono riconducibili a “Cuore Nero”, il centro sociale che doveva nascere in viale Certosa a Milano ma che è stato bruciato l’11 aprile scorso prima che venisse inaugurato. La sede era un negozio di lapidi mortuarie di fronte al cimitero Musocco, a due passi dunque dal mitico Campo Dieci dove riposano alcuni soldati delle SS. Ma chi sono i fondatori di Cuore Nero? Roberto Jonghi Lavarini, ex presidente di Zona 3, già dirigente di An (terzo dei non eletti a palazzo Marino) e Alessandro Todisco, leader degli “Irriducibili” dell’Inter e proprietario della linea di abbigliamento “Calci&pugni”, già Azione Skinheads, condannato a un anno e un mese per istigazione all’odio razziale e partecipazione a struttura clandestina.
Le mani che tessono la paziente tela della Cosa Nera appartengono a personaggi noti dell’estremismo meneghino. Quelli che si riconoscono nella firma “I camerati”, alias del Comitato per Sergio Ramelli (lo studente di destra ucciso il 13 marzo 1975 da militanti di Avanguardia Operaia). Presidente del comitato, dopo la morte del militante di Ordine Nuovo Nico Azzi (al suo funerale nella chiesa di Sant’Ambrogio, c’era anche il vicepresidente di An Ignazio La Russa), è Luca Cassani detto “Kassa”, inquisito nel ‘97 per l’accoltellamento di un consigliere comunale del Prc (poi successivamente prosciolto) e oggi tra i leader dei Guerrieri ultras, il gruppo egemone del tifo milanista. Suo compagno di tifo è Alessandro Pozzoli detto “Peso”, ex assessore di Opera e responsabile locale dell’associazione culturale Area, indagato per le guerre intestine – pestaggi e pistolettate – nella curva rossonera.
I modelli di riferimento sono nomi “di richiamo”: Remo Casagrande, picchiatore missino degli anni ‘70, Cesare Ferri, accusato e poi assolto per la strage di piazza della Loggia a Brescia, e Maurizio Murelli, condannato per aver ucciso nel 1973 un poliziotto a Milano. L’orbita nera milanese, a caccia di territori prima inesplorati, è sempre in bilico tra una miriade di gruppi, Alleanza Nazionale, e persino ambienti della malavita organizzata. A Quarto Oggiaro, periferia Nord-Ovest, alle ultime elezioni amministrative le influenti famiglie Carvelli, Di Giovine e Crisafulli non hanno fatto mancare il loro appoggio ad alcuni candidati di An.
Ci sono foto che ritraggono assieme Jonghi Lavarini (in corsa per An) e Salvatore Di Giovine detto “Zio Salva”, della nota famiglia calabrese da sempre implicata nel traffico e nello spaccio di droga nella zona. In altre foto, altri politici sono immortalati accanto a Ciccio Crisafulli, nipote ed erede del boss Biagio “Dentino” Crisafulli. Intrecci arditi. Favori concessi per tornaconto o in nome di vecchie amicizie. Come il posto di lavoro fittizio che Lino Guaglianone, un tempo tesoriere dei Nar, oggi ricco imprenditore già candidato alle ultime politiche con l’Azione sociale di Alessandra Mussolini, trovò nella sua palestra di Novate Milanese a Gilberto Cavallini, plurimomicida ergastolano ex Nar. Di Guaglianone è anche la palestra Doria di via Mascagni. Tra i ragazzi la Doria è considerata la palestra “vera”, non “fighetta”. Quella che è anche un po’ palestra di vita. Pugni, tifo ultrà, “azioni” universitarie e militanza politica. Perché il cuore nero “fa brutto”.
(23 febbraio 2008)
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