pubblicato il 28.05.08
Lettera da Cavriago ·
Cavriago (RE) - Domenica 25 maggio 2008
Stamattina, alle ore 11 circa, al bar/colazione della domenica mattina abbiamo avuto un inatteso e sgradevole incontro. Due uomini, uno sui 30 e uno sui 45, nerovestiti, a uno dei tavolini del bar sotto i portici. A una ripresa della barista il più anziano, bevendo una media, si rivolge a noi (io e il mio compagno, nostra figlia di 4 anni seduta lì con noi) in cerca di solidarietà alle parole irritate della titolare. “Oh, l’è ‘na brota figa e me g’lo dét. La per n’omen” Io lo guardo con compatimento,
ignorandolo sì e no. Continua “ma è perché siam fascisti - e si prende in mano il cravattino nero - perché siam fascisti” e attacca un verso di giovinezza. Il suo compagno sta chiacchierando con un rifondaiolo locale dell’altro tavolino che dopo qualche minuto prende in braccio la figlia - stanno andando - e quello più molesto le lancia un saluto romano, invitandola a imitarlo. I due si gasano a un accenno d’imitazione della bimba. Si incitano a vicenda, mentre rifondaiolo va via, bimba in braccio. Tra una parola e l’altra lancian nell’aria pesante versi di giovinezza e faccetta nera. Non che le cantino. Marcano un’appartenenza ridendo sguaiatamente.
Non so se per caso o intenzione 3 dei 5 tavolini si sono svuotati. Rimaniamo noi e loro due.
L’anziano continua a ingiuriare la barista, rivolgendosi a noi e al suo compagno. Per noi l’effetto è decisamente fastidioso. Non parliamo tra di noi, colpiti dalle loro parole. Gli dico che la barista ha ragione e che è lui a dover smettere. Lui continua, cerca più spesso lo sguardo di Fabio.
Si intensificano versi di canzoni, scambi di battute sulla barista, sui bambini che a differenza degli adulti stanno al gioco anche coi fascisti, non hanno nessun problema, a differenza della gente che va via dai tavolini del bar. Cerca ancora il nostro sguardo. Vedo che Fabio cresce in insofferenza, Giordana è perplessa e silenziosa, non interagisce con i vicini com’è abituata a fare, sente la nostra tensione.
Fabio inizia ad alzarsi anche se la Giordi sta ancora bevendo il succo di frutta. Il 45enne fa battute sulla gente che se ne va perché ci sono dei fascisti al bar. Anche il compagno si fa più rumoroso nell’accennare canzoni fasciste, gradasso nel commentare la diaspora attorno a loro. Io tardo a rispondere ai cenni di Fabio che vuole spostarsi, loro alzano i toni. Alla fine mi alzo anch’io, non volendo mettermi a discutere lì davanti a loro.
Andiamo via che sono tesa e incazzata. Non sono atteggiamenti cui lasciar spazio. Però siamo andati.
I due fascisti fieri di esserlo cambiano bar, anfibi al ginocchio, pantaloni neri gonfi, camicia nera e cravattino. I pensionati li guardano dai portici. Si dirigono al bar di fronte con la birra in mano. La
barista più giovane li raggiunge con un bicchiere di plastica e recupera il suo di vetro.
La piazza sembra quasi divertita, cazzo. Noi li si prende come “pittoreschi” mentre questi si prendono la libertà d’insultare ripetutamente una persona e portano la loro fascistaggine come
scudo e vessillo da ostentare.
Leggiamo oggi del raid xenofobo a Roma al Pigneto da parte di una ventina di persone che hanno devastato negozi di extra-comunitari a colpi di spranga. Dell’aggressione, sempre a Roma, a un conduttore del portale DeeGay.it, minacciato perché si occupa di tematiche legate all’omosessualità.
A Cavriago girano due fascisti in divisa che offendono gratuitamente e si fanno vanto della loro invadenza.
Noi abbiamo sbagliato ad andare via senza aver affermato un nostro principio di rispetto degli altri, dando loro l’idea di aver guadagnato uno spazio - lasciato vuoto da tutti gli altri attorno - in un isolamento che alimenta la distanza e la non comprensione.
Non dimentichiamoci di scene che abbiamo già purtroppo visto chiaramente codificate.
Non lasciamo avanzare idee di sopraffazione ingiustificata e ingiustificabile. Io per prima.
lettere
r_emiliaromagna
articolo precedente
articolo successivo