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pubblicato il 6.06.08
Neo-fascismo e antifascismo, un'Italia senza memoria
·
LETTERE E OPINIONI

Da il manifesto del 01 Giugno 2008
l'intervento
Neo-fascismo e antifascismo, un'Italia senza memoria
Raul Mordenti

Il manifestarsi aperto e ripetuto del neofascismo a Roma porta alla luce la devastazione politico-culturale che l'ha reso possibile. Non si tratta solo del fatto si sono attesi i pogrom contro gli zingari, i pestaggi contro i gay e i diversi, le spedizioni squadristiche armate contro gli studenti per accorgersi che, forse, nella Roma felix veltroniana qualcosa non andava. Si tratta soprattutto di capire quale fascista immagine del fascismo sia stata lasciata passare in questi anni, fino a che essa è potuta diventare senso comune, egemonia. Ha detto tutto, a questo riguardo, il bellissimo fondo di Sandro Portelli sul Manifesto del 27/5.
Vorrei solo aggiungere qualche considerazione da testimone oculare di un'altra epoca in cui il neofascismo manifestava egemonia (un'egemonia che, anche allora come ora, si trasformava in violenza): mi riferisco all'Università di Roma quale fu fino all'assassinio di uno studente ventenne, Paolo Rossi, il 27 aprile 1966 sulle scale di Lettere. E prima di quell'omicidio a Ferruccio Parri era stato impedito, a sputi, di partecipare a un seminario; i neo-fascisti del Fuan (anche allora!) avevano vinto le elezioni universitarie, con i liberali e i democristiani di destra; e anche allora non si contavano le violenze: studenti colpevoli di avere in tasca Paese Sera (impensabile farsi vedere con l'Unità) picchiati a sangue, studentesse ebree insultate e minacciate; e anche allora Polizia, Magistratura e «libera» stampa minimizzavano e nascondevano, e parlavano di «risse». Per questo mi corrono brividi nella schiena vedendo in questi giorni riproporsi identiche la viltà del nascondimento e l'infamia dell'equiparazione fra aggressori e aggrediti.
Occorre ricordare che maturò proprio intorno agli ambienti romani del Fuan (di cui Gianfranco Fini era dirigente nazionale) la strategia della tensione che avrebbe insanguinato l'Italia: proprio lì il Msi di Rauti, Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale di Delle Chiaie, reclutarono i futuri attori della strategia della tensione, delle azioni terroristiche e dei rapporti più sordidi con i servizi segreti. Noi ventenni antifascisti di allora possiamo testimoniare tutto ciò a un Paese privo di memoria (perché è privo di coscienza civile) e potremmo anche testimoniare, nome per nome, che proprio i ventenni squadristi e neofascisti di allora si ritrovano adesso nei posti di responsabilità del Governo e del Comune, nei giornali, nella Rai, nei luoghi di potere dell'Italia berlusconiana.
Per questo è imperdonabile che il dibattito su Almirante cancelli del tutto e rimuova il neo-fascismo degli anni Sessanta e Settanta, di cui Almirante fu guida e protagonista. E prima si era cancellato il fascismo stesso, riducendo le sue colpe alle sole leggi razziali; così che la questione delle colpe dei fascisti sembra appartenere soltanto alla comunità ebraica romana, la quale, francamente, nei suoi attuali dirigenti non si dimostra all'altezza di tanta responsabilità etico-politica (e Dio perdoni l'on. Fiano del Pd per l'equiparazione proposta fra Almirante e Togliatti, entrambi per lui egualmente indegni della titolazione di una via).
Ma il fascismo è stato fascista e infame sia prima del '38 che dopo il 25 aprile del '45: lo è stato prima del potere, quando impediva gli scioperi, devastava e bruciava le sedi e i giornali del movimento operaio, massacrava di botte gli antifascisti o li ammazzava; e lo è stato dopo il '22, quando distruggeva sistematicamente le libertà, esiliava, corrompeva, confinava, uccideva gli oppositori coi suoi sicari o con il carcere. E il fascismo è stato infame e razzista già in Africa (prima di Hitler!) con i gas e le stragi di civili e con leggi razziali che punivano la contaminazione dei dominatori italici con l'impuro sangue africano. Così anche il neo-fascismo è stato fascista e infame negli anni Sessanta e Settanta: io ricordo Giorgio Almirante, con il cappellino piumato - lo ha ricordato in un prezioso commento Tommaso Di Francesco sul Manifesto del 30/5 - guidare nel '68 un sanguinoso assalto squadrista, ma sono centinaia gli attentati e le aggressioni di cui il suo partito si rese responsabile; e (chissà perché?) finivano tutti senatori del Msi i golpisti e i capi dei servizi «deviati», da De Lorenzo a Miceli. Insomma: se anche Almirante non fosse stato il redattore capo della «Difesa della razza» e non avesse mai firmato bandi per fucilare i partigiani, egli sarebbe stato egualmente un nemico giurato della democrazia italiana, da condannare eticamente e politicamente (altro che «padre della Patria» da omaggiare unanimi in Parlamento!).
Ma per osare dire oggi questa semplice e incontestabile verità occorre mettere in discussione oltre che il fascismo anche il neo-fascismo, cioè il Msi, cioè l'intera storia dei suoi ex-giovani che oggi ci governano: c'è qualcuno che ha il coraggio etico-politico di sollevare questo problema, magari fra una cena con Donna Assunta e l'altra?

http://www.ilmanifesto.it/argomenti-settimana/articolo_f62c4b0f78a6d83883e68f1cde0f5b89.html

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