pubblicato il 13.10.08
Quei filo-nazi partiti dal Nordest che dal 2003 assediano la Nazionale ·
I violenti della notte di Sofia erano stati segnalati
come "organici a formazioni di estrema destra"
di CARLO BONINI
Quei filo-nazi partiti dal Nordest che dal 2003 assediano la Nazionale
Gli scontri di Sofia
ROMA - I cinque di Sofia, tra arrestati e "trattenuti come testimoni", non arrivano a trent'anni. Ventisette il più giovane, ventinove il più vecchio. Vivono a Milano, Treviso, Como, Lucca, Napoli. Almeno due di loro negli archivi della nostra polizia di Prevenzione erano già finiti. Non per fatti di stadio, ma perché "segnalati come organici a formazioni di estrema destra". Due profili che - a dire di fonti diverse del Dipartimento di Pubblica sicurezza - sembrano redatti con carta copiativa. "Neri da Curva". Prodotti del vivaio dell'odio e dell'intolleranza. Che ormai - soltanto a voler stare al rapporto presentato nel maggio scorso al Parlamento dal nostro Servizio interno (Aisi) - monopolizza da destra 63 delle 98 sigle in cui si articola la geografia ultras nel nostro Paese.
Eppure, nel palazzo del pallone, nelle sue periferie (l'Osservatorio sulle manifestazioni sportive) e in almeno una delle componenti di governo (Alleanza nazionale), in molti, "indignati", cadono (o fingono di cadere) dal pero. Come se la notte bulgara avesse rivelato una maligna metastasi di cui si ignorava l'esistenza. Come se "Ultras Italia" fosse un nuovo brand d'esportazione venuto alla luce per partenogenesi in qualche ignoto interstizio della nostra provincia nera. Insomma, il solito "cesto di mele marce".
Non è così.
Le "pezze" con cui "Ultras Italia" annuncia negli stadi italiani ed europei la propria nascita portano la data del 2002-2003. E non è difficile riconoscerle. Sono stoffe tricolori appese alle gradinate, in cui è impresso con caratteri tipografici del Ventennio il nome della città che ne fa mostra come "testimonianza di italianità ". Si comincia con Verona, Udine, Padova, Trieste, che è poi il quadrilatero nero in cui il grumo si addensa, si manifesta e trova al suo interno ragioni sufficienti a un lavoro di proselitismo.
"In quella fase - racconta un qualificato funzionario di Polizia che da anni fa parte delle 'squadre tifo' che seguono la nostra nazionale - contavamo non più di una cinquantina di elementi. Per lo più del nord-est, che scommettevano sulla possibilità di creare una struttura agile, visibile e in grado di affermare una raggiunta egemonia politica di destra nelle curve del Paese".
Del resto, il Triveneto non è luogo geograficamente neutro. Il "Fronte Veneto Skin" e "Forza Nuova" sono la ruota dentata xenofoba in cui si incastra una nuova geografia politica e sociale, di cui, ogni domenica, le curve sono lo specchio. A Verona, dopo lo scioglimento delle "Brigate Gialloblù", i nuovi padroni sono i neri di "Verona front" e "Gioventù scaligera". A Trieste, gli "Ultras Triestina" si imbandierano nei vessilli imperiali austro-ungarici. A Udine, gli "Hooligans Teddy Boys" e i "Nord Kaos" maneggiano ciarpame neonazista non diverso da quello degli "Hell's Angel Ghetto" di Padova.
Il palcoscenico della Nazionale offre agli occhi di questo laboratorio nero tre indubbi pregi. E' vergine, perché non ingombro in tutta la sua storia di sigle ultras. E' mediaticamente sovraesposto. Si presta magnificamente alla semplificazione delle parole d'ordine e dei simboli con cui la destra xenofoba declina la sua "italianità ".
L'inno di Mameli intonato con il saluto romano, i bomber neri, le teste rasate, le croci celtiche, l'aquila nazista, le ss runiche sono già a Stoccarda e Varsavia nel 2003 ad accompagnare la nostra Nazionale. Affacciano, ignorate dallo sguardo televisivo, in Portogallo, agli Europei del 2004. Fino a quando non si manifestano con violenza, a Palermo, nel 2005, durante un'Italia-Slovenia.
Gli "Ultras Italia" caricano gli sloveni a cinghiate al grido di "Tito Boia" e le "pezze" che di lì in avanti si trascinano dietro non parlano più soltanto il dialetto veneto. Si sono unite alla nuova giostra "Como", "Busto Arsizio", "Ravenna", "Napoli", "Reggio Calabria", "Torre del Greco", "Latina", "Castelli Romani", "Angri", "Nocera Superiore". I cinquanta degli inizi non sono più tali (a Sofia, sabato, se conteranno 144. A Larnaca, il 6 settembre scorso, erano in 150). Segnalando così come il "progetto", seguendo una geografia dell'appartenenza politica, non soltanto abbia superato la linea gotica, ma sia riuscito nell'obiettivo di far coesistere grazie al suo collante squisitamente nero, tifoserie altrimenti divise da odi sanguinosi (come la veronese e la napoletana).
Ma al di fuori degli addetti, i fatti di Palermo non sembrano inquietare nessuno. Neanche quando - sono i primi mesi del 2006 - una delegazione di "Ultras Italia" partecipa in Austria ad un raduno a Braunau (città natale di Hitler), dove la feccia neonazista d'Europa (inglesi, spagnoli, francesi, tedeschi) si incontra per pianificare un Mondiale di Germania violento. "Ultras Italia" può tranquillamente continuare a far mostra delle sue "pezze" negli stadi del Mondiale e, nei due anni successivi, in quelli delle qualificazioni per gli Europei. Il saluto romano, per dirne una, allieta anche l'inno di Mameli intonato il 22 giugno di quest'anno a Vienna, dove l'Italia gioca la sua semifinale con la Spagna. Tranne gli osservatori della nostra polizia, nessuno, a quanto pare, vede o vuole vedere.
Il senso comune liquida la faccenda come "folclore". Lo stesso che fa dire, oggi, al nuovo direttore dell'Osservatorio, Domenico Mazzilli (significativamente questore di Trieste fino a tre mesi fa) che, in fondo, ""Duce-Duce" a Sofia non è reato". Che convince Giovanni Adami, 36 anni, avvocato di Udine, legale dei 5 fermati, tra i sostenitori del progetto "Ultras Italia", a pronunciare su questa storia una parola "definitiva": "La verità è che gli aggrediti siamo noi, gli italiani".
(13 ottobre 2008)
http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/sport/calcio/nazionale/verso-bulgaria-italia/filonazi/filonazi.html
tifosi pro-duce: lo zoccolo duro è nel Nord-Est. Contatti con gruppi neo-nazi
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ROMA — Il saluto romano per accogliere l'inno dell'Italia lo avevano sempre fatto. Ma prima d'ora gli Ultras Italia non erano mai stati protagonisti di incidenti con altre tifoserie, anche se alla vigilia dei Mondiali di calcio in Germania — era il 2006— promettevano: «Siamo pronti a scontrarci con tutti». Parole, proclami, minacce. Adesso sono passati ai fatti. Ed è questo ad allarmare gli analisti del Viminale, perché l'eco internazionale dei vergognosi cori di Sofia potrebbe aiutarli a fare proseliti nelle curve, a pescare in quelle frange di estrema destra già ora protagoniste di episodi di violenza sugli spalti e fuori dagli stadi.
Il canale con i sostenitori di molti club italiani è già attivato, i contatti frequenti. Ma inquadrarli in gruppi organizzati è difficile perché la loro caratteristica è propria quella di essere «cani sciolti», uniti dalla passione per la nazionale e per il fascismo. Inneggiano al Duce e ai leader di Forza Nuova, sostengono il presidente iraniano Ahmadinejad perché nega l'Olocausto e attacca gli Stati Uniti. Girano con croci celtiche al collo e svastiche tatuate sul corpo. Per finanziarsi vendono su eBay felpe e cappelli, sciarpe e borse che identificano con marchi eloquenti: Dux, oppure Littorio Ninja.
Giovanni Adami, è certamente uno dei leader. Ex giocatore di basket in serie A, ha 37 anni, è nato e vive a Udine dove fa l'avvocato. E dove si è specializzato nei ricorsi al Tar contro i Daspo, i provvedimenti amministrativi che impongono ai tifosi più violenti il divieto di ingresso allo stadio. Anche lui era nella curva di Sofia: «Mi fa specie che di una trasferta da elmetto in testa, venga messo in risalto qualche braccio teso e alcuni cori "Duce Duce"». E le braccia tese? «Se qualcuno fa il gesto di stendere il braccio, non glielo si può fisicamente abbassare». Cerca di minimizzare gli incidenti, sostiene che «nel pub gli italiani sono stati aggrediti e, nonostante questo, d'accordo con la polizia sono arrivati fino allo stadio senza provocare ulteriori incidenti. Le immagini del circuito internazionale però hanno mostrato altro, soprattutto quando hanno inquadrato gli spalti.
Lo zoccolo duro degli Ultras Italia è nel Nordest — Udine e Verona, soprattutto — ma qualcuno arriva da Angri, nel salernitano, e poi da Latina, Como, Napoli, Bari, Reggio Calabria, fino raggiungere qualche centinaia. Sono gemellati con alcuni gruppi europei neonazisti, due anni fa — prima dei campionati in Germania — una delegazione ha partecipato ad un incontro con tifosi tedeschi, britannici e polacchi a Braunau am Inn, cittadina dove nacque Adolf Hitler. «Onorare la pezza tricolore» con il loro logo è l'obiettivo.
Finora lo hanno fatto con il braccio teso. Nella notte di Sofia hanno aggiunto i canti nazisti, i petardi e le cinghiate. Erano 144 i biglietti venduti, nessun nominativo risultava segnalato al Viminale. Ma forse qualche tagliando è finito in mani diverse e ora bisognerà ricostruire la lista di chi era in trasferta con la nazionale. Sabato sera, i primi che hanno lasciato la Bulgaria per tornare a Venezia, ostentavano sicurezza: «Non ci possono contestare alcun reato». Gli sarà vietato entrare allo stadio per il prossimo anno. E forse scatterà anche il divieto internazionale. Provvedimento che l'avvocato Adami, rimasto a Sofia per difendere i compagni, sarà certamente pronto a contestare in tribunale.
Fiorenza Sarzanini
13 ottobre 2008
http://www.corriere.it/cronache/08_ottobre_13/avvocato_ultras_italia_cori_fascisti_3fd93ede-98f2-11dd-bf8a-00144f02aabc.shtml
Il ventiduenne di San Floriano non ha bruciato la bandiera bulgara
Scarcerato il nazi-ultrà fermato a Sofia
Il giovane è tornato a casa ma resta sotto inchiesta per i tafferugli fuori dallo stadio. Il ministro Maroni ha chiesto per lui il Daspo internazionale
Il presidente Figc Abete: mai più biglietti per le partite dell’Italia all’estero
CASTELFRANCO. E’ un ventiduenne l’ultrà di Castelfranco fermato dalla polizia bulgara assieme ad altri tre tifosi sabato sera, dopo i tafferugli che hanno accompagnato la partita della nazionale fuori e dentro lo stadio di Sofia. Si tratta di Vittorio Fontolan, uno dei due esponenti trevigiani di Ultras Italia, il «sodalizio» di stampo neofascista cui sono stati attribuiti i disordini. Il giovane è stato rilasciato poche ore dopo il fermo perchè ritenuto estraneo al gruppo di facinorosi che allo stadio ha incendiato la bandiera bulgara. Ma sui tafferugli di Sofia le indagini della polizia sono ancora in corso e la sua posizione resta sotto esame.
Dopo il suo ritorno, la casa di via Diedo si è chiusa nel silenzio. «Ha detto quel che doveva a chi di dovere» si è limitato a precisare un familiare.
Per il resto uno strettissimo no-comment. E le ragioni sono sulle pagine di tutti i media, locali e non, che in questi giorni hanno dato vastissima eco alla figuraccia di Sofia, dove una partita della nazionale guidata da Lippi è diventata occasione per risse urbane tra tifoserie, sfilate con il braccio teso e stemmi nazisti, scontri allo stadio e bandiere bruciate.
Il giovane, come gli altri due ultrà fermati dalla polizia bulgara (uno di Lucca e uno di Milano), è assistito dall’avvocato Giovanni Adami, ex sportivo poi diventato il legale della tifoseria dell’estrema destra. Per loro, il ministro della Difesa Ignazio La Russa (An) ha usato parole di duro biasimo, e il ministro dell’interno Roberto Maroni ha chiesto il Daspo internazionale (il decreto di allontanamento da tutte le competizioni sportive che avvengano all’estero). Ma la sua posizione è tutt’altro che definita.
Il giovane non ha precedenti, non fa parte delle compagini ultras che seguono il Treviso Calcio, né risulta una sua appartenenza a gruppi politici come Forza Nuova o Veneto Fronte Skinhead. L’unico dato di rilievo del suo profilo è l’essere affiliato (con un altro ventenne di Castelfranco) a Ultras Italia, gruppo di tifosi salito agli onori della cronaca dal 2001, «legato - spiegano dalla Questura di Treviso - al pensiero nazionalsocialista», e responsabile della figuraccia bulgara.
Prosciolto dall’accusa di essere uno dei tifosi che ha incendiato la bandiera, Fontolan resta nell’obiettivo della polizia bulgara e dell’Interpol che cercano di ricostruire le ore di disordini che hanno preceduto la partita. Intanto, il coro di critiche non si placa. Duro il sottosegretario allo sport Rocco Crimi: «Gente così non deve più tornare allo stadio». Drastico il presidente Figc Giancarlo Abete: «Non chiederemo più biglietti per le partite dell’Italia all’estero».
(14 ottobre 2008)
http://espresso.repubblica.it/dettaglio-local/Scarcerato-il-nazi-ultra-fermato-a-Sofia/2044616
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