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pubblicato il 10.11.08
La Germania non vuole risarcire i superstiti della strage del '44 a Civitella
·
GUERRA
«Nazisti, niente soldi alle vittime»
La Germania non vuole risarcire i superstiti della strage del '44 a Civitella
Pronto il ricorso all'Aja contro l'Italia. I familiari chiedono 800mila euro
Sara Menafra

Antinazisti sì, ma non al punto di risarcire le vittime dei crimini del Terzo Reich. Ieri, una portavoce del governo di Berlino ha confermato l'anticipazione che finirà sulle pagine del Der Spiegel di domattina: la Germania porterà l'Italia davanti alla Corte internazionale dell'Aja perché questa dichiari illegittima la sentenza che ha condannato i tedeschi a risarcire alcuni familiari delle vittime della strage nazifascista di Civitella.
Il 21 ottobre, piazza Cavour aveva stabilito che il governo tedesco avrebbe dovuto pagare i parenti di quei duecentotre italiani trucidati dalla divisione Hermann Göring, il 29 giugno 1944. Molti di loro furono giustiziati con un colpo alla nuca nella chiesa di Civitella, in provincia di Arezzo, dove erano arrivati numerosi per celebrare la festa di Ss Pietro e Paolo. Secondo la sentenza della Cassazione, il governo di Angela Merkel avrebbe dovuto pagare danni morali per circa 800mila euro ai nove familiari che si sono costituiti parte civile contro il quasi novantenne ex sergente nazista Max Josef Milde. «La Germania non intende pagare, come finora non ha mai pagato nelle circa sessanta cause civili che pendono in Italia, azionate dagli ex deportati nei campi di lavoro», aveva commentato serafico Augusto Dossena, legale di fiducia di Berlino durante tutta la causa davanti al tribunale militare, aggiungendo poi che «in nessun altro i giudici si sono rifiutati, come ha fatto la Cassazione, di applicare la clausola dell'immunità statuale per la Germania».
Ora, il governo tedesco ha messo a punto la contromossa. Se contro la sentenza italiana non è possibile ricorrere, è però ipotizzabile che la Corte internazionale di giustizia dichiari illegittimo l'ordine di pagamento. Se son giuste le anticipazioni di Der Spiegel, Berlino sosterrà che il comportamento sovrano degli stati è protetto dalla cosiddetta «immunità statale» e che se non fosse così ci sarebbe una «incertezza globale sulla posizione legale» degli stati.
La Germania ha almeno una freccia al proprio arco. Il 15 febbraio del 2007, la Corte di giustizia europea di Lussemburgo ha respinto il ricorso dei discendenti delle vittime del massacro di Kalatrivia, avvenuto in Grecia il 13 dicembre 1943 e in cui morirono 676 civili. Contro le ragioni dei greci, Lussemburgo ha sancito che la Convenzione del 1968 sull'immunità degli stati - quella che ora cita Berlino - si applica anche ai crimini nazisti, nei casi in cui «l'autorità pubblica agisce nell'esercizio della sua potestà d'imperio», dunque quando si può provare che c'era un ordine. In più di un caso, poi, come un articolo de Il Giornale non ha mancato di ricordare, le corti europee hanno riconosciuto che l'amministrazione statale della Germania di oggi non è riconducibile in alcun modo a quella di allora e che dunque i risarcimenti andrebbero chiesti ad uno stato che non c'è più.
Su una cosa, però, i portavoce tedeschi hanno ragione. In questo momento l'Italia è il paese che con più energia insiste perché la Germania paghi il proprio debito. Con una posizione trasversale che include pure il leghista estremista Mario Borghezio (molti deportati italiani in Germania erano del nord) e l'avvocato dei familiari di Civitella, Maurizio Bianconi, parlamentare del Pdl in quota An.
L'ultimo scontro sul tema non è più vecchio del 4 giugno scorso, quando la Cassazione ha firmato una sentenza, la 14201, con cui ha respinto l'ennesimo ricorso dell'ambasciatore tedesco in Italia, invitando la Germania ad interrompere la valanga di ricorsi con cui ha accolto le cause civili azionate dagli «schiavi di Hitler» deportati nelle fabbriche tedesche e sottolineando che quello era un «crimine contro l'umanità» degno di essere risarcito. Il sollecito di pagamento è stato l'ultimo atto di una lunga scia di sentenze, dal 2004 in poi, con cui il tribunale italiano ha dato il via agli indennizzi. Quelli attivati oggi sono circa sessanta, ma le potenziali vittime sono almeno 10.000.
Lo stesso giorno, poi, la Cassazione ha preso una decisione persino più grave: convalidare l'iscrizione di un'ipoteca sul centro culturale italo tedesco di villa Vigoni, splendida residenza sul lago di Como, per permettere alle vittime della strage greca di Distomo (10 giugno 1944, 218 morti) di ottenere un primo indennizzo. Con questa scelta, l'Italia ha aperto un fronte inaspettato. Per la prima volta, ha deciso di pronunciarsi - in realtà con un semplice nulla osta - su una causa civile proveniente da un altro stato e relativo alle colpe dei vicini tedeschi. Un brutto problema per la Germania. Nel 1997, davanti alla sentenza della corte suprema di Atene che aveva condannato in via definitiva la Germania all'indennizzo di 23 milioni di euro per Distomo, Berlino è riuscita a convincere la Grecia a usare il proprio diritto di veto per bloccare l'esproprio del Goethe institute. Dopo la scelta del governo greco, i familiari delle vittime hanno provato a far causa in Italia, ottenendo il placet della Cassazione. Il giorno dopo la Suddetsche Zeitung ha anticipato la preoccupazione di Berlino: «I beni tedeschi in Italia sono in pericolo». E ha cominciato a parlare di un ricorso al tribunale internazionale dell'Aja.

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