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pubblicato il 12.11.08
Roma: pestata sul treno da una gang squadrista
·


Da L'Unità

«Io, pestata sul treno da una gang squadrista»

di Paola Natalicchio

Presa a calci da quattro ragazzi. Nello stomaco e sui fianchi. Ripetutamente. Minacciata con un coltello. Nell’indifferenza della gente, su un treno regionale. Una tratta breve, Roma-Ciampino, quindici minuti appena. È successo sabato scorso a Ilaria, 21 anni, di Pavona, piccolo centro a due passi da Roma. La sua colpa? Avere in borsa una kefiah, la sciarpa simbolo del patriottismo palestinese usata, tra i ragazzi, come segno di un’appartenenza politica di sinistra.

«Stavo tornando a casa dopo un pomeriggio di lavoro. Come sempre mi aspettavano un quarto d’ora in treno e poi un tratto in autobus», spiega Ilaria, che fa la barista in via Cavour. Alle 22.42 il treno è partito. Ilaria ha preso posto in un vagone centrale. Dopo pochi minuti, l’incubo. «Ho notato un gruppo di ragazzi sui 24-25 anni. Gridavano, battevano sui vetri. Era impossibile non sentirli anche nei vagoni accanto». Il controllore, però, su una tratta così breve passa difficilmente. E l’escalation è continuata. «Uno di loro ha iniziato a chiedere, urlando: Ce l’avete le bombe? Penso che cercasse droga. Pasticche. A Roma si chiamano così. Ho abbassato la testa. Intanto due di loro sono saliti davanti ai sedili di fronte al mio e, dandomi le spalle, hanno iniziato a spintonare un gruppo di ragazzini che sedevano più avanti. Insistevano: Voi ce l’avete le bombe?».

Ilaria prosegue, le trema la voce. «A un certo punto uno di loro si è girato e ha visto la mia borsa. Indicandola mi ha detto: E tu ce le hai le bombe? Frugandoci dentro, ha visto la mia kefiah. Non hai le bombe e oltretutto sei una comunista di merda. Ha detto così e sono cominciati i calci. Io ho pensato solo a coprirmi la testa. Mi hanno circondata in quattro. Ripetevano: Prenditi quello che ti spetta, comunista di merda».

Nel vagone del treno, quella sera, Ilaria non era sola. Davanti a lei, oltre al gruppetto di ragazzi che per primi erano stati molestati, due uomini sulla trentina e, poco più avanti, altri quattro giovani. In poco tempo, però, si sono tutti dileguati. «Mi hanno tirata su. Uno di loro mi ha allargato le braccia e ha preso a minacciarmi con un coltello. È lì che mi sono girata e non ho visto più nessuno. Il coltello era fermo, ma il corpo si muoveva per i calci. Così ci ho urtato contro e mi ha graffiata. È uscito del sangue».

È stato forse questo a salvare la ragazza da conseguenze peggiori dei cinque giorni di prognosi diagnosticate dal pronto soccorso. «Uno dei ragazzi che mi stava pestando si è spaventato e si è fermato. Si è messo in mezzo, mi ha fatto scappare. A quel punto mi sono chiusa in bagno». Da lì, Ilaria ha fatto una telefonata. «C’era poco campo, . Per istinto non ho chiamato la polizia, ma mia madre». La denuncia per aggressione alla polizia di Albano Laziale è di ieri sera.

Nel frattempo i ragazzi sono fuggiti. Nessuno li ha fermati. Alla stazione di Ciampino non ci sono telecamere e, al suo arrivo, Ilaria l’ha trovata quasi deserta. Per rendersi conto che quel che dice è vero, basta prendere il suo stesso treno. Lunedì sera, ad esempio. Corsa semivuota, dieci passeggeri in tutto, metà le donne. Il controllore non è mai passato nei vagoni centrali. All’arrivo in stazione, davanti al secondo binario, la carcassa annerita di un bar self- service dato alle fiamme. A pochi metri, un comando della Polizia Ferroviaria. Ben illuminato, ma senza nessun agente sulla soglia a dare un’occhiata.

Nel sottopassaggio, alcuni volantini raccontano di un altro episodio di violenza, una settimana fa. Erika, 19 anni, era seduta sulla ringhiera e aspettava il treno per Frascati. Erano le quattro del pomeriggio, c’era ancora luce. Un giovane l’ha spinta lungo le scale del sottopassaggio ed è scappato via. Un volo di tre metri. «Abbiamo fatto denuncia, ma non essendoci le telecamere è quasi inutile. Cerchiamo testimoni», spiega suo padre. «Mia figlia si è fratturata una spalla, incrinata tre vertebre e ferita alla testa. Tre giorni in ospedale, 30 di prognosi».

Sono queste le stazioni di periferia che, dopo l’omicidio di Francesca Reggiani, il sindaco Alemanno aveva promesso di mettere in sicurezza. La campagna elettorale è finita e a pagare sono loro. Due ventenni qualsiasi. Un sabato sera e un mercoledì pomeriggio come tanti.

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