Dal grido "Duce, Duce" (nel corso della partita di calcio Bulgaria-Italia) agli ultimi episodi di antisemitismo e di intimidazione nei confronti dei media, nelle ultimi mesi c'è stato un moltiplicarsi di espisodi che hanno visto per protagonisti appartenenti a movimenti neofascisti. Si tratta di una galassia composita non riconducibile a un'unica sigla che usa soprattutto la rete e i video musicali per veicolare i propri messaggi. Mercoledì 19 novembre ha destato scalpore la notizie delle canzoni con testi alterati in chiave antisemita immesse su Youtube. Ma dietro fatti del genere c'è tutto un universo da indagare e da conoscere. Quello italiano non è comunque un caso isolato. Tutta Europa è attraversata dalla crescita di movimenti xenofobi. Il caso limite è quello della Russia sul quale Scenari propone documenti inediti per il nostro paese. Pochissimi lo sanno ma metà ( la cifra oscilla dai 50 ai 70mila) dei neonazisti oggi attivi sul pianeta opera in Russia. La storia del novecento pare dimenticata. Gli estremisti di "Mosca e dintorni" si considerano ariani, nemici giurati della gente di colore che per loro sono soprattutto asiatici e popolazioni caucasiche. Amnesty International ha definito la situazione "fuori controllo" anche perché il razzismo nel solo 2008 ha provocato nel paese oltre 100 vittime. L'inchiesta di scenari invita a aprire gli occhi su un fenomeno troppo a lungo colpevolmente trascurato.
da
Indymedia
Una palestra alla periferia di Mosca, stazione della metropolitana Maladoshnaja, poco lontano dall'ipermercato turco Ramstore. Una decina di ragazzi carponi sul pavimento a fare flessioni nell'aria acre di sudore, torso nudo e testa rasata. Maxime, nome di battaglia Tesak (Accetta), solleva pesi grandi come ruote di camion. È il centro sportivo "Lider", sede del movimento skinhead moscovita. "Volevamo chiamarlo "Führer", ma l'avrebbero vietato", dice Tesak, ragioniere, 450 dollari di stipendio mensile. È lui il responsabile del centro, nonché il capo di Filin (Gufo) e Ded (Nonno), entrambi studenti diciassettenni nell'istituto di meccanica. Facce d'angelo. Capelli biondi, occhi chiari, fisici da lottatori e sorrisi da ragazzini. Al collo svastiche di metallo. In Russia i movimenti skinhead dilagano. E non da oggi. Con il crollo dell'Unione Sovietica si sono sfaldate le organizzazioni che si erano occupate dell'educazione dei giovani: le Dom Kultury e Dom Pionierov, perni del socialismo culturale sovietico, oggi sono rovine, o palazzine riconvertite in negozi da parrucchiere o studi dentistici. "I genitori non sono più in grado di occuparsi dei figli, schiacciati tra lavoro e incombenze quotidiane", spiega Alexander Tarasov, sociologo esperto di estremismo giovanile e direttore del Centro Sociologico Phoenix di Mosca. "I figli crescono da soli, in una società più povera e più disattenta". E sempre più spesso accrescono le file di movimenti giovanili violenti. Altra responsabile è la situazione economica che caratterizza la Russia del post '91, con disoccupazione diffusa e una rabbia crescente verso gli immigranti, per la gran parte clandestini, che arrivano a Mosca in cerca di lavoro e vengono percepiti dalla popolazione come usurpatori e ladri di un lavoro già scarso. Intorno ai quindici anni molti ragazzi iniziano a frequentare club come quello di Tesak, che conta una dozzina di sedi nelle maggiori città russe. Vengono da background medio-bassi ma abbastanza ricchi da potersi permettere le di-spendiose "divise" skinhead: anfibi, giubbotto di pelle, tatuaggi. Finiti gli studi vivono di lavoretti: buttafuori di discoteche, distributori di volantini, quando non aprono negozi di tatuaggi. "Entrano in queste bande a 17 anni e ne escono a 25", continua Tarasov, "perché mettono su famiglia, cominciano a lavorare, diventano alcolizzati o finiscono in prigione". I membri si conoscono via internet (il sito più gettonato è www.russfond.ru), si incontrano nei concerti rock, si imbattono negli adesivi seminati sui lampioni della metropolitana moscovita. Tesak snocciola i doveri di ogni membro del circolo. Innanzitutto allenamento. Tre volte alla settimana i pesi, due volte la boxe. Una volta alla settimana street fighting. Poi, obbligatorio, fare sesso almeno quattro volte alla settimana. "Fa bene alla salute". Se si sgarra, una multa: lavori per la comunità o pulizie dei gabinetti. "Dobbiamo anche leggere libri", aggiunge. Quali? "Mein Kampf. E la Bibbia, anche se è un libro ebraico: è la più grande menzogna mai stata scritta, sostiene che tutti gli uomini siano uguali. Per combatterla dobbiamo conoscerla". Tesak parla senza remore, anche di Beslan. "Non mi dispiace per quei bambini: cresciuti, sarebbero diventati in tutto e per tutto come ceceni". Nemici della nazione russa. "La razza slava", dice Bus, "è la più antica delle razze bianche". E il compito del movimento neo-nazi è di difenderla. Per chi non avesse capito, estrae veloce dal guardaroba della palestra una pistola. Gli attacchi di gruppi neonazi contro gli stranieri nelle città russe si moltiplicano. A farne le spese sono soprattutto caucasici o africani, seguiti da ex-cittadini sovietici originari di Tagikistan o Turkmenistan, e infine da giapponesi, cinesi, coreani, vietnamiti. Gli skinhead studiano i luoghi ideali per gli attacchi appostandosi soprattutto nei dintorni degli obsheshitije, i dormitori delle università, dove vivono gli stranieri venuti a Mosca a studiare. Dall'Istituto Pushkin, una delle sedi più note per l'insegnamento della lingua russa, coreani e vietnamiti non escono se non in gruppo. E anche il sito dell'ambasciata americana di Mosca, insieme a raccomandazioni su corruzione o ladruncoli in metropolitana, ha una sezione dove avverte del pericolo degli skinhead. Persino le multinazionali avrebbero adottato una politica interna per cui di proposito non viene trasferito in Russia personale di colore perché la società non può assicurarne l'incolumità fisica. Gli ultimi dati del Centro per i Diritti della Persona, un'associazione partner della Fondazione Helsinki di Mosca che si occupa dello studio di xenofobia e razzismo, parlano di una presenza di almeno 50 mila skinhead in Russia, contro i circa 70 mila che si registrano in Europa e in America, e di una media annuale di 40 attacchi mortali. Con una crescita del 30% all'anno. Tra gli episodi più recenti e brutali, l'omicidio a San Pietroburgo di una bambina tagika, di nove anni, e l'assassinio nella città studentesca di Voronesh di un ventottenne della Guinea Bissau. Ma farsi un'idea della quantità degli omicidi a sfondo razzista è difficile perché le autorità russe minimizzano, tendendo a definirli attacchi di natura teppistica per non riconoscerne il carattere xenofobo - pochi giorni fa il capo della polizia di Mosca, Vladimir Pronin, ha dichiarato all'agenzia di stampa Ria-Novosti che "a Mosca non ci sono skinhead"; così come la milizia ha detto di non poter definire certa la matrice neonazi e razziale di un recente ferimento di un giovane caucasico perché "tutti gli assalitori portavano berretti". Una scusa per negare la piaga della xenofobia a favore del più "accettabile" problema del teppismo giovanile. Un comportamento che ricorda l'atteggiamento delle forze dell'ordine davanti all'omicidio di Nikolai M. Girenko, celebre studioso dell'estremismo giovanile e collaboratore del governo in vari processi contro skinhead, ucciso nel suo appartamento di San Pietroburgo nel giugno scorso. Omicidio sbrigativamente archiviato come "a sfondo teppistico". L'impegno della polizia starebbe migliorando negli ultimi tempi, sostiene Alexander Brod, direttore del Centro per i Diritti della Persona, che riconosce maggiore attenzione da parte del governo sull'estremismo giovanile. Il suo istituto ha ricevuto l'anno scorso dalla Commissione Europea un finanziamento di più di un milione di euro per un progetto sullo studio e il monitoraggio di xenofobia, antisemitismo e di-scriminazione. Ma di tutt'altro parere sembra rimanere Alexander Tarasov: "Le forze dell'ordine, e il governo, sono i primi a istigare la popolazione al razzismo", sostiene il direttore del Centro Sociologico Phoenix. In Russia l'accento caucasico è il modo migliore per calamitare l'attenzione della milizia, e per le metropolitane di Mosca i controlli dei passaporti si indirizzano su chi ha baffi, capelli e occhi neri. Sono i "culi neri", la gente del Caucaso, universalmente disprezzata dalla popolazione russa. Continua Tarasov: "Gli skinhead altro non fanno che sostenere idee che, in maniera più o meno velata, sono condivise da numerosi deputati della Duma". Parole che trovano conferma nell'episodio di poche settimane fa, quando venti deputati del parlamento russo, capeggiati da un esponente del partito nazionalista Rodina (Patria), hanno scritto una lettera su carta intestata della Duma chiedendo la messa al bando di tutte le organizzazioni ebraiche accusandole di estremismo e incitamento all'odio razziale. Inoltre, contrariamente a quanto accade tra i neonazi di altri Paesi, gli skinhead russi vogliono una partecipazione attiva nella politica del Paese. Più di un sociologo indica la vicinanza dei neonazi a partiti nazional-populisti come l'Ldpr di Vladimir Zhirinovski, che nelle elezioni parlamentari del 2003 prese l'11%. Semyon Tokmakov, 30 anni, occhi grigi sfuggenti, ideologo e leader ufficioso degli skinhead moscoviti, dice convinto: "Siamo per la legalizzazione del movimento skinhead. Soltanto così riusciremo a portare sotto controllo le frange più violente, quelle responsabili degli assassini e dei roghi contro gli stranieri". Nelle ultime elezioni parlamentari, Tokmakov e i suoi compagni hanno voluto candidarsi sotto l'ombrello di Rodina, ma i loro nomi sarebbero stati cancellati. "Dov'è la democrazia", chiede indignato Tokmakov, "se le nostre posizioni non possono essere rappresentate?".
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Repubblica
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