pubblicato il 24.05.10
Forza Nuova perde in Cassazione: il parallelo "fascismo-nazismo" non e' reato ·
Roma, 22-05-2010
"I verdetti della storia non si cancellano con le amnesie"
Definire ''neonazisti'' i simpatizzanti di Forza Nuova non è reato, ma semplice diritto di critica. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, che ha respinto la querela di Roberto Fiore, segretario dell??organizzazione di estrema destra. Lo riporta l'agenzia Adnkronos.
Il parallelo "fascismo-nazismo" nel quadro "delle scelte di razzismo" non e' "ne' frutto di errore storico, ne' manifestazione di critica realizzata sulla base di una falsita'".
Secondo quanto si legge sul portale di informazione giuridica Studio Cataldi. La Corte ripercorre la Storia dello stato italiano ed afferma che vi è una base di verità nella critica che identifica nazismo e fascismo nel quadro delle scelte di razzismo che risultano dalla storia ufficialmente documentata.
La Cassazione sottolinea come "i verdetti della storia non si cancellano con successive disinformazioni, amnesie e sottovalutazioni". Dunque, equiparare il fascismo al nazismo rappresenta esercizio del "diritto di critica".
La Cassazione, spiega l'Adnkronos, legittima il parallelo, occupandosi di una querela sporta dal segretario di Forza Nuova, Roberto Fiore, che si era sentito diffamato da tre lettere pubblicate sul 'Piccolo' di Trieste in cui Gabriele Campana, cittadino memore del lager della Risiera di Sabba, criticava il raduno di Forza Nuova, effettivamente svoltosi a Trieste il 3 novembre 2000, etichettando i suoi aderenti come 'nazifascisti', 'neonazisti'.
Per Fiore tali espressioni erano difamatorie ed espressioni frutto di "ignoranza storica". In molte localita', dice la Suprema Corte, "i tedeschi condussero la caccia in prima persona, in altre si servirono dei reparti fascisti, in altre si limitarono a prendere in consegna gli ebrei che erano stati internati dai colleghi italiani". In questa "politica di collaborazione", scrivono gli 'ermellini', "merita massimo rilievo l'unico lager nazista in Italia: la Risiera di San Sabba' che il cittadino querelato da Forza Nuova aveva definito "ideale luogo di convegno dei fascisti locali".
Se per la Corte d'appello di Trieste, dicembre 2008, paralleli di questi tipo erano diffamatori (da qui la condanna per diffamazione, ai soli effetti civili, di Gabriele Campana) e non rappresentavano legittimo esercizio di critica, per la Cassazione, che ha annullato la condanna 'perche' il fatto non costituisce reato', lo rispettano in pieno.
Anzi, la Cassazione, "proprio per il tema in questione", sente di dovere rievocare "quel periodo della storia del nostro paese che aveva eliminato le articolazioni democratiche della societa'". In questo contesto "nonostante la fine del regime fascista - annota piazza Cavour - sono sopravvissute associazioni e organizzazioni politiche che, come Forza Nuova, si ispirano a questa ideologia e che, come nel caso in esame, pretendono di tutelare la propria identita' politica, rispetto ad accostamenti e identificazioni che si riverberano negativamente sulla reputazione dei propri aderenti, perche' pretendono di affermare una corresponsabilita' del fascismo nei crimini contro l'umanita' commessi dal nazismo".
Percio', dice la Cassazione, legittimare il parallelo 'fascismo-nazismo' e' frutto dell'"affidarsi alla storiografia".
A questo punto, annota ancora la Cassazione, "gli storiografi non lasciano spazio a dubbi e ad incertezze" quando parlano del Regio Decreto del 17 novembre 1938 "considerato la magna charta del razzismo italiano".
Ecco perche' "il necessario ed ineludibile esame di questi dati elaborati dalla storiografia rende evidente l'impossibilita' di riconoscere fondamento alla pretesa" di Roberto Fiore di Forza Nuova "di rivendicare la qualita' di fascista depurata dalla qualita' di razzista e incontaminata dall'accostamento al nazismo".
Una impossibilita' che, scrive Antonio Bevere, "deriva dalla documentata posizione del fascismo italiano nella questione ebraica, fatta di stretta collusione teorica con la dottrina nazista e di stretta collaborazione operativa con le forze militari naziste presnti nel territorio italiano nella caccia all'ebreo". Insomma, riassume la Cassazione, "dopo una iniziale posizione neutrale, il capo del governo e tutto l'apparato di potere del fascismo nostrano si adeguarono all'ideologia razzista, a causa della preminente esigenza di rafforzare l'alleanza con il regime nazista". Il termine 'nazifascista', dunque, "riassume pienamente questa osmosi politica e militare tra ideologie che, nate con radici diverse, si unirono nella volonta' e nell'azione di razzismo antisionista". E del resto, annotano i supremi giudici, "non risulta dagli atti la sussistenza di ufficiali dichiarazioni e di impegnativi propositi programmatici dimostrativi dell'odierna differenza e dell'odierno ripudio degli aderenti all'ideologia dell'associazione, nei confronti della cultura e della politica da cui e' nata la legislazione antiebraica del passato e da cui promana il razzismo antisionista del presente, tali da rendere attualmente non vere e fattualmente infondate le espressioni critiche usate" nel caso in questione.
Dunque, "e' pienamente giustificato l'uso delle espressioni, da parte di un cittadino di Trieste, sede dell'unico lager nazista nel nostro paese - nel momento in cui manifesti una particolare attenzione nei confronti di una riedizione di pratiche politiche nei cui confronti la storia ha emanato un irrevocabile e definitivo verdetto".
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