pubblicato il 21.10.13
Ungheria, leader neonazista scopre d'essere ebreo e 'si pente' ·
L'incredibile vicenda di Csanad Szegedi, numero 2 di Jobbik e accanito antisemita: dopo la 'rivelazione' del suo albero genealogico va in tv e chiede scusa. Un brutto colpo per il suo partito dell'ultradestra già in difficoltà per la svolta antirazzista del governo Orbàn
dal corrispondente ANDREA TARQUINI
21 ottobre 2013
Ungheria, leader neonazista scopre d'essere ebreo e 'si pente'Viktor Orbàn, capo del governo ungherese (ansa)
BUDAPEST - Era il numero due del partito neonazista e antisemita Jobbik, terza forza politica del paese. Solo il capo, Gàbor Vona, vantava più carisma e capacità oratoria di trascinare le folle come lui. Poi all'improvviso qualcosa è cambiato, radicalmente e per caso: Csanad Szegedi ha scoperto di essere di origini ebraiche. E allora, alla ricerca della coerenza perduta, ha abbandonato ogni incarico dirigente ed è uscito da Jobbik.
Come un pentito insolito, un pentito per motivi etnici. E adesso i suoi ex camerati non sanno più che fare, se minacciarlo e disprezzarlo oppure ignorarlo per limitare i danni pesanti del caso alla loro immagine.
Dura perdita per i neonazi di Jobbik, proprio mentre il governo nazionalconservatore ed euroscettico del premier Viktor Orbàn e del suo partito (la Fidesz) comincia finalmente ad ascoltare consigli e pressing di Angela Merkel, Barack Obama o José Manuel Durao Barroso, e a correggere la rotta: controlli più morbidi sulla stampa, atteggiamento più 'friendly' verso gli investitori stranieri e, soprattutto, nuove, dure leggi contro l'antisemitismo e il negazionismo. Concessioni importanti, segno che l'Unione europea quando alza la voce con i suoi membri sui valori costitutivi del mondo libero postbellico può anche farsi ascoltare.
Csanad Szegedi era tra i propagandisti antisemiti più accaniti nello splendido, fortunato paese. E' stato anche tra i fondatori della Magyar Garda, la guardia magiara, organizzazione paramilitare in uniforme cui non dispiacciono azioni-pogrom contro i rom né la nostalgia dei decenni d'oro, l'alleanza tra l'Ungheria autoritaria di Horthy e poi di Imre Szalasi con la Germania di Hitler.
Una conversione dolorosa. Fino all'ultimo il camerata Szegedi ha attaccato ogni aspetto della vita e della cultura ebraica: no al divieto di mangiare maiale, "perché è una tradizione ungherese", no alla Finanziaria del governo Orbàn "perché è fatta per impoverire tutti tranne gli ebrei". Poi lo shock sulle sue origini lo ha scosso come una doccia fredda, ed è andato in tv a confessare in pubblico il suo dolore: "Io sono stato una persona che procurava dolore agli altri, e peggio ancora quando parlavo di Rom o di ebrei istigavo all'odio anche contro i bimbi di quei gruppi".
Allora ha preso contatto col rabbino Shlomo Koeves, esprimendo pentimento via sms. Ha scritto: "Non è questione di quello che voglio essere, l'albero genealogico lo dice chiaramente , io sono ebreo".
Disfatta mediatica enorme per il partito neonazista e antisemita Jobbik, successo mondiale per le comunità ebraiche. Ma anche successo per il governo Orbàn. Il cui 'spin doctor' Ferenc Kumin ha appena approntato leggi durissime di condanna di ogni forma di antisemitismo e di razzismo. La destra nazionale, anche quella di Orbàn, può adattarsi e ritrovare un dialogo e un savoir faire col resto del mondo, gli estremisti no. Orbàn tra l'altro ha scelto coraggiosamente di rischiare sul caso del camerata di Jobbik pentito: condannando e punendo con nuove norme l'antisemitsmo può alienarsi l'elettorato più nostalgico, parte del quale alle elezioni dell'aprile 2010 aveva aiutato a dare alla Fidesz del premier la maggioranza dei due terzi con cui egli cambia a piacimento Costituzione e istituzioni, nornalizzando tutto.
Persi o perdibili quei consensi, Orbàn cercherà forse di venire a patti in modo migliore con l'Europa, il mondo libero, i suoi valori costitutivi. C'è solo da rallegrarsene: parafrasando l'inno nazionale polacco ma cambiando nella prima strofa solo il paese, si può dire 'Jeszcse Wengri nie zginiela', l'Ungheria non è ancora morta. Certo è solo che Orbàn vuol rendersi pienamente recuperabile, astuzia e capacità di manovra non gli fanno difetto. E per le numerose, influenti comunità ebraiche a Budapest e Rom in tutto il paese, il caso del pentito Szegedi insieme alle correzioni di rotta del premier possono solo essere buone notizie.
E incoraggiamenti alla Ue, soprattutto alla zarina sorridente Angela Merkel, a continuare col pressing soft e amichevole con Budapest. L'alternativa, dicono qui fonti diplomatiche occidentali, sarebbe isolare l'Ungheria, lanciarla nelle braccia dei neoradicalpopulismi, dalla Lega alla Fpoe austriaca di Strache, dagli olandesi antiislamici in modo razzista di Geerd Wilders alla scandalosa risuscitazione di Pètain e Laval da parte del Front National di Marine le Pen in Francia.
Se la cara, preziosa, vivacissima e dinamica, sofferta Ungheria saprà sottrarsi a questi abbracci mortali sarà solo meglio per tutti nella casa comune europea. Altrimenti sarebbe triste, e immeritato per i magiari, parlare di loro dicendo 'cry, the beloved country', piangi terra amata, da un titolo della grande scrittrice bianca e antirazzista sudafricana Nadine Gordimer. Via, un po' d'ottimismo, nella contraddittoria, ma dinamica metropoli del Danubio (anche a causa di grandi successi nella cooperazione economica con Berlino) la speranza davvero non è ancora morta, una primavera può annunciarsi, anche con un Orbàn cambiato e ragionevole.
http://www.repubblica.it/esteri/2013/10/21/news/ungheria_leader_neonazista_scopre_di_essere_ebreo_e_si_pente_-69133694/?ref=HREC1-7
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