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pubblicato il 5.05.14
Vi racconto la vita sotto la rivolta di Maidan
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Vi racconto la vita sotto la rivolta di Maidan

mag 04, 2014 1

L??insensatezza della rivolta. La distruzione dei monumenti. Gli omicidi. I pestaggi. Le rapine. Uno straordinario reportage di una Kiev che non vi hanno mai raccontato

Kiev. Avevo una collaboratrice. Si chiamava Shevko Alla Nikolaevna. Era un??anziana scienziata dell??istituto di Fisiologia A.A. Bogomolez di Kiev. ? stata uccisa lo scorso 5 di marzo, nel suo appartamento. Non era un??eroina e non aderiva ad alcun partito. Alla Nikolaevna è stata vittima del colpo di Stato. Una vittima come molti altri, di cui nessuno scriverà.

Alla Nikolaevna da quasi venti anni dirigeva il dipartimento di informazione scientifica. Aveva il compito di preparare le conferenze del nostro istituto, prendeva la parte nella creazione dei film scientifici, si occupava dalla biblioteca e dei servizi scientifici internazionali.

L??istituto Bogomolez era il migliore del Paese già all??epoca dell??Unione Sovietica nei campi della elettrofisiologia e della membranologia. Era, ed è, famoso nel tutto il mondo. Dopo la fine dell??Urss la maggioranza degli scienziati sono emigrati per cercare miglior vita e migliori guadagni. ? sempre stato sufficiente fare il nome di Platon Kostiuk (l??ex direttore dell??istituto, morto nel 2010) per poter entrare nei migliori istituti negli Stati Uniti e in Europa.

Alla Nikolaevna soffriva molto, come noi tutti, la lenta agonia in cui stava sprofondando il settore scientifico in Ucraina. Era ossessionata dalla conservazione della memoria storica del nostro passato: conservava le biografie dei nostri più eminenti studiosi, intervistava gli scienziati ancora in vita, raccoglieva materiale fotografico. Negli ultimi dieci anni Alla Nikolaevna ha scritto e curato l??edizione di cinque biografie di altrettanti accademici: P.G. Kostiuk, V.I. Skok, P.M. Serkov, M.F. Shuba, N.N. Syrotinin. Inoltre ha scritto articoli sulla storia della neuroscienza e sulle scoperte fatte dai nostri scienziati.

Suo marito era morto da tempo. E così da anni condivideva l??appartamento con un??amica. Abitavano in via Grushevski. Poco più su rispetto allo stadio della Dynamo. A due passi da Maidan. Una delle strade dove avvenivano gli scontri più duri tra polizia e manifestanti. Le barricate bloccavano la via.

Io e lei parlavamo spesso. Si discuteva della vita, degli eventi quotidiani, dei problemi di salute. Entrambe non capivamo perché era necessaria la protesta di Maidan. Mancava meno di un anno alle prossime elezioni presidenziali, e Yanukovich non aveva nessuna possibilità di successo. Ci dicevamo che il nostro Paese sarebbe potuto essere indipendente solo quando avrebbe avuto una propria industria, e non com??è ora un semplice mercato di sbocco delle industrie di altri Paesi.

Poi la situazione è divenuta sempre più critica. E così abbiamo cominciato a sdegnarci per l??abbattimento del monumento a Lenin nel centro della città che era rotto in pezzi dai radicali ucraini. Non perché era il monumento a Lenin, ma perché era un bellissimo monumento storico, realizzato da uno scultore famoso. Supponevamo, anche, che dopo un tale inizio i dimostranti avrebbero attentato anche ad altri monumenti. Purtroppo, è quello che accadde. Vennero abbattuti e deturpati decine di monumenti, in tutto il Paese. Quello a Dimitri Manuilski, l??uomo che aveva capeggiato la delegazione ucraina alla conferenza constitutiva delle Nazioni. Quello al Santo principe Vladimir. E ancora. Quello al feldmaresciallo Michail Kutuzov, vincitore della guerra con Napoleone. Il monumento al Militare-liberatore sovietico.

Con Alla Nikolaevna ci eravamo anche molto preoccupate di quello che stava accadendo in via Grushevski, dal lato dello stadio e degli edifici governativi. Da gennaio in strada bruciavano copertoni di automobili. Da quello che so, nei Paesi dell??Unione Europea è persino vietato sotterrarli i copertoni se si è in città, figurarsi bruciarli. Medici e ambientalisti sono molto chiari in proposito: il loro fumo è cancerogeno.

Su alcune riviste scientifiche ho letto che gli abitanti di Kiev avrebbero sofferto di tumori, che ci sarebbe stata un??ecatombe di morti dovute al cancro, specialmente di persone cagionevoli di salute. Alla Nikolaevna viveva dall??altro capo della strada, ma il fumo si sentiva comunque forte. Ne sentivamo l??odore persino all??istituto Bogomolez, che si trova a dieci minuti di cammino dalle barricate.

Poi è accaduto. Alla Nokolaevna era scomparsa dagli eventi sanguinosi del 21 febbraio. Nelle settimane seguenti a quei fatti c??era stato il caos. La metro non funzionava più e in città non c??era più traccia di polizia. A difendere l??ordine ora c??erano i ragazzi di Maidan, armati di bastone. E così Kiev era in balia di bande criminali e di squadracce di Maidan.

C??era anche la violenza politica. Leggevamo sui giornali delle agressioni compiute da ragazzi di Settore destro. Avevano rotto il cranio a un passante in via Lev Tolstoi, avevano ucciso a colpi di mitra tre poliziotti nel distretto in cui vivo (sull??altra sponda del Dnipro), avevano catturato la figlia del sindaco come ostaggio, per farlo diventare (con successo) ubbidiente ai loro voleri, picchiavano, rapinavano passanti e banche, terrorizavano le famiglie degli avversari politici. Facevano tutto questo senza correre alcun rischio, perché erano gli eroi di Maidan. A loro tutto era permesso.

E così assassinarono anche Alla Nikolaevna. La sua amica e coinquilina ci ha raccontato che un giorno hanno suonato alla porta. Erano i ragazzi di Maidan, armati di bastoni. Hanno iniziato subito a picchiare Alla Nikolaevna, sulla testa. Poi hanno legato l??amica. Il loro era un bell??appartamento. In casa avevano pellicce, gioielli e altri oggetti preziosi. Si sono portati via tutto.

Un delitto che sarebbe di sicuro rimasto impunito. Gli aggressori questo lo sapevano. E così è stato. I ragazzi di Maidan non potevano essere denunciati.

Noi all??istituto l??abbiamo saputo quando Alla Nikolaevna era già stata sepolta. Nessuno ha avuto il coraggio di raccontare la verità pubblicamente. La verità ce la siamo raccontata solo sottovoce. A Kiev la verità non si può più dire. Si rischia troppo.

Da allora le cose sono migliorate? No. Le squadracce fasciste girano ancora armate. La polizia non controlla niente. Ora c??è la giustificazione della minaccia separatista, della minaccia della Russia. Ma quello che sta accadendo nel resto del Paese è solo una reazione agli eventi di Kiev. E i nazisti sono sempre stati tali, pericolosi. Non sono mai stati e non sono tuttora dalla parte giusta. Non è possibile.

Chi è il colpevole di quello che è accaduto e sta accadendo in Ucraina? Qualcuno dirà i fascisti, qualcun altro gli oligarchi, altri ancora l??Occidente. E tutti avranno ragione. Qui nessuno dubita più che nel 2004 la rivoluzione non fossa stata organizzata e finanziata dagli Stati Uniti. E già allora i fascisti ebbero un loro peso, vennero coccolati. Ma la sinistra era ancora forte, e gli impedirono di marciare in città.

Nel 2009 le cose sono cominciate a cambiare. I fascisti hanno cominciato a marciare due volte l??anno: nel giorno della nascita del capo dei nazionalisti ucraini Stepan Bandera e nel giorno della creazione dell??Armata insurrezionale ucraina, quella che ha collaborato con i nazisti durante l??occupazione tedesca, quella che fucilava i militari sovietici e i partigiani. Marciavano senza nessun ostacolo per il centro di Kiev. Lo facevano con le fiaccole e gridando slogan che incitavano alla violenza: impiccare i comunisti («i comunisti, sul ramo»), tagliare i russi con i coltelli («i russi, sui coltelli»), uccidere gli ebrei. Nessuna di queste marce è stata mai proibita, nessuno di loro è stato mai arrestato, nessuno di loro è stato mai condannato.

La violenza nazista non ha alcun collegamento con la necessità dei cambiamenti sociali. Ha molto a che fare con gli istinti irrazionali e animaleschi della gente, invece. A questo servono gli slogan che gridano e ripetono fino all??ossessione. Slogan copiati alla lettera da quelli nazisti di ottanta anni fa. Le stesse folle narcotizzate. Le stesse bugie. Lo stesso rovesciamento dei fatti.

Chi pensa che nel proprio Paese tutto questo non potrà arrivare mai, si sbaglia di grosso. In Ucraina anche noi pensavano così prima di 2004.

ELENA SAFTENKU
ricercatrice seniore nel Dipartimento della Fisiologia Generale del Sistema Nervoso all??Istituto di Fisiologia A.A. Bogomolez di Kiev

http://www.lasinistraquotidiana.it/wordpress/vi-racconto-la-vita-sotto-la-rivolta-di-maidan/

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