pubblicato il 7.01.15
L'Aquila Riunioni dall’archeologo e progetti di attentati: la cellula dei neofascisti ·
Inchiesta dei carabinieri. Nell’organizzazione Luca Infantino (di Legnano) rivestiva un ruolo di spicco. in allegato l'ordinanza della magistratura sll'inchiesta in corso
A Milano c’è un indirizzo centrale dell’inchiesta del Ros, il Raggruppamento operativo dei carabinieri che coordinato dalla Procura dell’Aquila ha catturato in tutt’Italia 14 persone (3 ai domiciliari), inquadrate nell’associazione neofascista «Avanguardia Ordinovista»: gli arrestati progettavano attentati contro Questure, Prefetture, magistrati, sedi di Equitalia, contro ministri, banche, uffici postali, il Capo di Stato; volevano colpire le grandi città a cominciare da Milano, puntavano a seminare il terrore fra gli abitanti. L’indirizzo è viale Tunisia 42, un palazzo di otto piani di fronte alla piscina Cozzi. Qui l’8 febbraio scorso, come si legge nelle 196 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, l’archeologo Giancarlo Cavalli, un professore studioso di nazifascismo, ha messo a disposizione il proprio ufficio per una riunione voluta da Luca Infantino, uno dei capi dell’organizzazione terroristica pronta all’azione. Il passaggio ai fatti, sostengono gli investigatori, era ormai imminente. Agguati e stragi, bombe e proiettili, l’associazione voleva ricreare un clima da anni Settanta.
In corsa per le elezioni
Nato a Legnano dove ha residenza al civico 22 di via Grigna, secondo gli investigatori il 33enne Infantino ha lavorato al logo e allo statuto di un neopartito che gli arrestati puntavano a fondare, e ha messo in internet (la Rete è stata investita di un ruolo fondamentale per il reclutamento e per la propaganda) documenti che sarebbero dovuti servire alla «crescita culturale degli aderenti». Manovrava sì nell’ombra, Infantino, ma non ha disdegnato l’affaccio pubblico: ha partecipato alla formazione di una lista civica da presentare alle elezioni amministrative di San Vittore Olona, 8 mila abitanti in provincia di Milano al confine con quella di Varese.
La nascita della scuola
Il professor Cavalli non compare nell’elenco dei 43 raggiunti da procedimenti penali. Eppure nel suo ufficio, quell’8 febbraio, alle 11 del mattino, si è tenuto il primo importante incontro politico culturale della «scuola politica Triskele», il presunto laboratorio di idee dei neofascisti. Incaricato di occuparsi della scuola era Infantino, uno che nel mare delirante di pensieri, frasi, proposte e annunci detti e scritti dai terroristi, aveva comunque creato uno schema, una piattaforma d’azione. Infantino aveva posto delle premesse (la necessità di una struttura organica schematica e militare), aveva delineato delle «gabbie» per gli obiettivi (fattibili, da programmare) e aveva introdotto l’argomento armi.
Cellule padane
Ma forse più che le armi, o prima di esse, servivano persone. Intanto «possiamo utilizzare ordigni artigianali, costituiti da fertilizzante reperibile facilmente sul mercato così da evitare passaggi di mano; la verifica comporterebbe un controllo sull’identità delle persone». Dopodiché Infantino dava importanza alla frequentazione con il resto dei lombardi, al far gruppo. Valerio Ronchi nato a Mariano Comense e residente ad Arosio, sempre in provincia di Como, stesso paese di Giuseppa Caltagirone; Daniela Bugatti residente a Milano in via Capecelatro 91; Jacopo Cozzi nato a Cuggiono in provincia di Milano; Tiziana Agnese Mori nata a Pavia; Ornella Carolina Regina Garoli nata a Milano; Franco Grespi nato a Milano... La regione era bacino di pesca, di selezione, di sviluppo dei «percorsi» individuali. Facebook e i cellulari erano il canale principale di comunicazione. Detto del ruolo di primo piano rivestito da Infantino, bisogna parlare del capo: Stefano Manni, 48 anni, ex sottufficiale dei carabinieri, congedato e assunto dalla Sei (Servizi elicotteristi italiani) riconducibile alla famiglia Nardi collegata ai militanti di Ordine Nuovo.
Terrore fra la gente
Ma dove volevano arrivare i terroristi? Leggiamo uno dei manifesti d’intenti dell’associazione eversiva: «L’azione deve essere simultanea e potrebbe colpire le città di Roma, Milano e Firenze per creare una punta di terrore, in quanto solo due bombe ad Equitalia non verrebbero commentate sui media. Si è ritenuto che fosse necessario colpire la popolazione, la gente deve essere costretta a chiedere aiuto e quindi, dopo aver attuato azioni violente, ci dev’essere chi si propone per la soluzione del problema; le persone chiedono aiuto quando vengono colpite direttamente. Le azioni devono essere attuate sul proprio territorio, è più facile muoversi». Mancava poco. Molto poco, ripetono gli investigatori. Per Infantino forse non erano fondamentali ma un altro milanese, il 52enne Greppi, l’«addetto» alle armi, aveva preso accordi con fornitori stranieri. In più era nell’aria l’assalto a un arsenale privato per rubare una quindicina di fucili.
http://www.osservatoriodemocratico.org/page.asp?ID=3538&Class_ID=1004
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