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pubblicato il 23.07.15
Piazza della Loggia, Maggi e Tramonte condannati all’ergastolo
·
La sentenza d’Appello bis: i due riconosciuti colpevoli dopo 41 anni. I familiari delle vittime in lacrime alla lettura della sentenza. Il 28 maggio ’74 una bomba causò 8 morti e 100 feriti

Perché diciamo che è una sentenza che farà storia, lo vedremo tra poco. Ma intanto, i fatti. La seconda sezione della Corte d’assiste d’appello di Milano ha condannato all’ergastolo due ex militanti di estrema destra: Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte. Il primo come mandante della strage, il secondo per aver ricoperto un duplice ruolo di collaboratore e depistatore. Sono due veneti, insomma due di quella cellula veneta di Ordine Nuovo che è sempre stata al centro delle indagini su quasi tutte le stragi del periodo 1969-1974, e che in un modo o nell’altro l’aveva sempre fatta franca. Lo stesso Maggi era già stato processato anche per la strage di piazza Fontana e assolto.

Di quel «giro» di camerati sempre in bilico fra nostalgie naziste e collaborazioni con i servizi segreti delle odiate democrazie occidentali, s’era sempre detto che erano i veri registi ed esecutori delle bombe nel mucchio, cioè quelle messe nelle banche, nelle piazze, sui treni a fare stragi di innocenti per seminare il terrore nel Paese e favorire una svolta autoritaria o peggio ancora un colpo di Stato. Ma mai s’era arrivati a dimostrarne la colpevolezza. Sì, c’erano state varie condanne: ma poi cancellate in appello e in Cassazione.

Questa volta, invece, la doppia condanna difficilmente finirà nel nulla come le precedenti. Gli ergastoli di Milano, infatti, sono stati praticamente quasi «ordinati» dalla Cassazione, e quindi ben difficilmente verranno annullati. Anche qui occorre una spiegazione. Per la bomba di piazza della Loggia, scoppiata durante un comizio dei sindacati, erano già stati celebrati talmente tanti processi che se n’era perso il conto: chi dice dodici in tre istruttorie, chi dice quattordici in cinque istruttorie. Tutti, comunque, finiti nel nulla.

L’ultimo filone di indagine aveva portato sul banco degli imputati, oltre a Maggi e Tramonte, anche l’ordinovista Delfo Zorzi, il generale dei carabinieri Francesco Delfino e l'ex segretario del Msi Pino Rauti. Tutti e cinque erano stati assolti per insufficienza di prove il 16 novembre del 2010, e poi in appello il 14 aprile del 2012. Questa seconda sentenza, però, il 21 febbraio del 2014 è stata bocciata in parte dalla Cassazione. I giudici della Suprema Corte hanno accettato le assoluzioni di Zorzi, Rauti e Delfino: ma definito «ingiustificabili e superficiali» quelle di Maggi e Tramonte. Così hanno ordinato un nuovo appello, quello che si è appunto concluso a Milano: un appello nel quale i giudici hanno dovuto recepire le indicazioni della Cassazione.

Qualcuno dirà che è archeologia giudiziaria, e che una giustizia tardiva non è una giustizia. Carlo Maria Maggi, un medico veneziano, ha oggi 80 anni ed è in gravi condizioni di salute: non andrà mai in carcere. Se è colpevole, in un certo senso finirà la sua vita da impunito. Maurizio Tramonte, «fonte Tritone» dei servizi segreti del Sid, ha invece solo 63 anni e per lui le cose potrebbero mettersi male il giorno in cui la Cassazione, come appare scontato, dovesse confermare l’ergastolo.


Ma al di là della sorte e della libertà personale di queste due persone, la sentenza «farà storia», come dicevamo, perché mai si era arrivati a una simile chiarezza - pur al termine di un processo indiziario - nell’indicare le responsabilità di Ordine Nuovo e dei servizi segreti nelle stragi di quegli anni. Molte sentenze erano arrivate a dichiarare colpevoli persone non più processabili perché già assolte con formula definitiva (come Freda e Ventura per piazza Fontana) o addirittura già morte come Ermanno Buzzi, Marcello Soffiati e Carlo Digilio per piazza della Loggia. Ma mai dei vivi, per giunta ancora processabili.


La lettura della sentenza è stata accolta senza applausi da un gruppo di avvocati e parenti ormai invecchiati nell’attesa di una giustizia che sembrava non poter mai arrivare. Manlio Milani, il presidente dell’associazione della vittime di piazza della Loggia, che quella mattina perse la moglie, ha ascoltato a capo chino. «Cosa provo?», mi ha detto pochi attimi dopo: «Non lo so. L’unica cosa che ho rivisto è stata mia moglie. Ho provato nostalgia, ma anche il valore di un segnale che abbiamo dato al Paese non mollando per 41 anni: l’impegno paga».

http://www.lastampa.it/2015/07/22/italia/cronache/piazza-della-loggia-maggi-e-tramonte-condannati-allergastolo-DtSwXwwL6SFM7P0ERmHPUP/pagina.html

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