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La Repubblica:
Il Corriere:
L’Unità:
La Repubblica
La manifestazione del partito alleato della Cdl si è svolta senza incidenti
“Siamo fascisti orgogliosi di esserlo, ci denuncino pure per apologia”
Saluti romani e inni al Duce
la Fiamma Tricolore sfila a Milano
La manifestazione della Fiamma tricolore
MILANO – Nessun incidente, ma tanti slogan fascisti, saluti romani e alla fine anche il coro “viva il Duce”. Si è svolta così oggi a Milano la manifestazione della Fiamma Tricolore, formazione di estrema destra alleata della Casa delle Libertà, contro la quale era stato organizzato in mattinata il “presidio antifascista” degli autonomi sfociato nei gravissimi disordini di Porta Venezia.
Il corteo neofascista composto da qualche centinaio di persone si è svolto senza tensioni, accompagnato da un massiccio schieramento di forze dell’ordine. “La Fiamma Tricolore ha dato dimostrazione di stile, sfilando oggi, alla faccia dei democratici come il signor Fiano”, ha detto il segretario nazionale del Ms-Fiamma, Luca Romagnoli, riferendosi alla polemica sollevata nei giorni scorsi dall’esponente della comunità ebraica milanese contro la manifestazione. Alcune settimane fa avevano fatto scalpore infatti le affermazioni negazioniste di Romagnoli sull’uso delle camere a gas nei campi di concentramento nazisti.
Dal palco nel pomeriggio ha preso la parola anche il leader del disciolto Movimento Politico Occidentale, Maurizio Boccacci. “Ecco il saluto fascista – ha detto Boccacci facendo dal palco il saluto romano – Ora mi denuncino per apologia del fascismo. Ne sono orgoglioso”. La piazza ha risposto con analogo saluto, al grido di “viva il Duce”.
(11 marzo 2006)
Il ministro dell’Interno: “In Italia troppa conflittualità politica
la campagna elettorale deve essere combattuta con serenità e compostezza”
Pisanu: “A Milano scontri programmati
La violenza politica verrà repressa”
Secondo il Viminale “sono ricomparsi alcuni che hanno fatto parte
di coloro che assaltarono le forze dell’ordine al G8 di Genova”
MILANO – Quarantuno arrestati, dodici feriti tra le forze dell’ordine, sei cittadini medicati in ospedale, cinque auto, un motorino e un’edicola incendiati, altre cinque macchine con i vetri infranti così come le vetrine di parecchi negozi, danneggiate un paio di “gazzelle” dei Carabinieri. Il questore di Milano traccia il resoconto degli scontri di ieri a Milano, un bollettino di guerra metropolitana, considerati anche gli oggetti sequestrati, fra i quali compaiono bastoni, tirapugni, scudi in plexiglass, zaini pieni di pietre, taniche di benzina, bombe carta con chiodi a tre punte, coltelli e martelletti.
L’attenzione si sposta sul piano politico. Il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, annuncia che le forze dell’ordine “faranno ogni sforzo per prevenire e reprimere” ogni episodio di violenza politica, da qui alle elezioni: “L’Italia ha bisogno di una campagna elettorale combattuta con serenità e compostezza – osserva – c’è troppa conflittualità politica, tropppe volte il confronto viene infliltrato da estremisti che vogliono far degenerare la situazione, come nel caso delle proteste contro la Tav”.
Pisanu sostiene che “l’assalto di ieri era stato accuratamente programmato e freddamente predisposto” e aggiunge che tra gli autori degli scontri “sono ricomparsi alcuni che hanno fatto parte di coloro che hanno assaltato le forze dell’ordine al G8 di Genova”: “250 facinorosi” che “venivano dai centri sociali, così come venivano dai centri sociali, e vi hanno spesso trovato rifugio, gli anarchici, i marxisti leninisti e gli autonomi che hanno messo a ferro e fuoco Genova”.
“I responsabili – invoca – devono pagare fino in fondo i danni provocati”, annuncia che “lo Stato si costituirà parte civile nel processo” e auspica che così facciano anche i cittadini danneggiati, perché “ci si difende con la forza delle legge”.
Duro il giudizio espresso dal ministro nei riguardi del candidato di Rifondazione comunista, Francesco Caruso: è “l’incarnazione del criterio della violenza adoperato come strumento di lotta politica”, “ha una fedina penale lunga due metri”. “Come si fa – si chiede Pisanu – a condannare la violenza e poi a candidare uno che della violenza politica ha fatto la sua bandiera?”.
Nella vicenda interviene anche Umberto Bossi: “Abbiamo portato milioni di persone in piazza senza rompere una vetrina, senza mai bruciare un’auto – osserva il leader del Carroccio – i nostri giovani sono giovani educati ai valori lontani dalla violenza. La nostra è una strada sana”.
In quanto al bilancio degli scontri, la relazione del questore Paolo Scarpis è dettagliata: parla di “circa 300 aderenti ai centri sociali e ad alcune realtà anarchiche, non solo cittadine ma anche di altre province del Nord Italia” e spiega che “sono state fermate 45 persone, di cui 41 tratte in arresto per i reati di devastazione e saccheggio, incendio, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, resistenza a pubblico ufficiale”.
La successiva manifestazione del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore, ha proseguito il questore, “alla quale hanno aderito circa 600 persone provenienti da varie province italiane, si è regolarmente svolta dopo un ritardo di circa un’ora rispetto al previsto, perché erano presenti bandiere e striscioni non consentiti, ritirati dalle forze dell’ordine. E in piazza Mercanti si è regolarmente tenuto un presidio organizzato dall’Anpi, al quale hanno partecipato circa 300 persone”.
Alla fine della giornata di scontri, poco dopo le 19, un’auto della Polizia ferroviaria, parcheggiata di fronte alla stazione Nord Bovisa, è stata data alle fiamme. Poco dopo, è giunta al 113 una telefonata anonima: “La macchina della polizia è solo l’inizio”.
(12 marzo 2006)
Berlusconi: “Quei trecentocinquanta fanno parte dell’Unione”
Prodi e Bertinotti: “La violenza non appartiene nostro concetto di democrazia”
Incidenti Milano, è scontro politico
Condanna unanime del centrosinistra
Fassino in Questura per solidarietà agli agenti: “Teppismo politico”
MILANO – E’ scontro politico dopo la guerriglia scatenata oggi a Milano dalle frange più estremiste dei centri sociali per manifestare contro un corteo, autorizzato, di Fiamma Tricolore, che tuttavia, si è svolto nel pomeriggio, per concludersi con un collettivo saluto romano e un “Viva il Duce” gridato alla fine degli interventi dal palco.
Il bilancio degli incidenti del mattino è di nove feriti tra le forze dell’ordine e quarantacinque fermati, mentre monta la polemica su quanto accaduto e Silvio Berlusconi coglie l’occasione per sottolineare che “di questa Unione fanno parte anche quei trecentocinquanta che oggi hanno impedito lo svolgersi di una civile riunione. Voglio adesso vedere – ha aggiunto il premier – quante esecrazioni verranno da questa sinistra”. Sulla stessa linea il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, che invoca: “I centri sociali devono restare fuori dal Parlamento”.
Ma da parte del centrosinistra l’esecrazione è unanime. “Condanniamo duramente queste forme di violenza che non appartengono al nostro concetto di democrazia e di civiltà” ha commentato Romano Prodi, così come il segretario Ds, Piero Fassino, che si è recato in Questura a Milano per portare solidarietà alle forze dell’ordine, definisce quelli di oggi “atti di teppismo politico”.
Il leader di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, pensa “molto male” di quanto è successo ma invita a non generalizzare: “Invece di chiamare no-global i responsabili, perché anch’io e altri qui presenti siamo no-global, bisognerà individuare con precisione gli autori di queste azioni che vanno severamente censurate. Non si può dire nemmeno centri sociali, visto che il più grande di tutti, il Leoncavallo, partecipa insieme a tutte le forze di sinistra alla manifestazione di Brescia” precisa Bertinotti, riferendosi a un’iniziativa promossa dall’Anpi.
Il candidato a sindaco di Milano per il centrodestra, Letizia Moratti, se la prende con il suo diretto avversario: sostiene che la responsabilità è anche dell’ex prefetto del capoluogo lombardo, Ferrante, perché quand’era in carica avrebbe “tollerato i centri sociali che hanno devastato la città. Altra cosa – aggiunge – sono i centri di aggregazione giovanile che uniscono pacificamente i giovani che vogliono divertirsi e stare in pace”. Replica Bruno Ferrante: i fatti di oggi sono frutto dell’”incapacità di fare prevenzione da parte di chi ha la responsabilità del governo della città”.
Alleanza nazionale va all’attacco. La sinistra cerca lo scontro, dice Andrea Ronchi, “come testimonia anche la distruzione di un punto elettorale di An”, e Ignazio La Russa afferma che “a fare la manifestazione sono stati anche dirigenti ed elettori della coalizione guidata da Prodi”. “Prodi è il coperchio che tenta di nascondere e contenere i veri protagonisti dell’armata dell’Unione” commenta il presidente dei senatori leghisti Ettore Pirovano, mentre il capogruppo dell’Udc alla Camera Luca Volontè osserva che gli scontri “dimostrano di che cosa siano capaci Caruso, i centri sociali e i no-global” e chiede a Prodi di “dichiarare di non desiderare né accettare i voti di questi delinquenti e mascalzoni”.
(11 marzo 2006)
Per impedire un corteo neofascista l’ala più dura dei centri sociali
mette a ferro e fuoco il centro città. 45 fermati, 9 agenti feriti
Autonomi scatenati a Milano
Due ore di guerriglia urbana
Alcuni manifestanti aggrediti, hanno rischiato linciaggio
Incendiate 4 auto, motorini e una sede di Allenza Nazionale
Un’auto incendiata durante i disordini in Corso Buenos Aires
MILANO – Milano come Genova durante i G8. Duecento-trecento giovani dell’ala più dura dei centri sociali hanno messo a ferro e fuoco il centralissimo corso Buenos Aires per contestare la manifestazione programmata nel pomeriggio dai neofascisti della Fiamma Tricolore.
Sono state due ore di tensione e guerriglia: vetrine infrante, auto e moto incendiate, edicole date alle fiamme, palazzi anneriti dal fumo, barricate nelle strade. E’ stato assaltato e distrutto un punto elettorale di An. Una bomba carta, caricata a chiodi e bulloni, è esplosa all’angolo con Viale Regina Giovanna e Viale Tunisia. I fermati sono 45 e nove (5 poliziotti e 4 carabinieri) sono gli uomini delle forze dell’ordine rimasti feriti.
“Corso Buenos Aires sembrava Beirut”, come ha testimoniato un commerciante. Tutto è cominciato poco prima delle 12, quando gli autonomi si sono raccolti all’altezza di piazza Lima, a metà di Corso Buenos Aires. Secondo quanto riferito dalle forze dell’ordine, i dimostranti appartenevano a tre centri sociali: l’Orso, il Vittoria e il Transiti.
I duri hanno dato il via alla violenza. Caschi o passamontagna scuri sulla testa, bastoni o spranghe in mano, hanno infranto le vetrine, ribaltato i cassonetti della spazzatura, spaccato le fioriere in cemento per ricavarne pietre da lanciare. Hanno aggredito la pattuglia di una ‘gazzella’ dei carabinieri e dato fuoco a una catasta di materiale raccolto al centro della strada.
Quattro auto, una moto e un’edicola sono state carbonizzate dal fuoco appiccato dalle bottiglie molotov. I pompieri sono stati costretti a far evacuare il palazzo vicino all’edicola. Ridotto in cenere un punto elettorale di An allestito in un negozio. Le fiamme erano così alte che hanno lambito i piani superiori e i negozi vicini: un altro stabile è stato sgomberato e la facciata è rimasta quasi completamente annerita.
Gli agenti con le maschere antigas hanno accompagnato lontano gli inquilini: i bambini piangevano, la gente fuggiva terrorizzata. La Polizia ha sparato i lacrimogeni, poi ha ordinato la carica e isolato i manifestanti più violenti. Questa volta la gente però non è scappata. Erano una trentina, milanesi che abitano nel quartiere, altri che erano andati in Corso Buenos Aires per vedere di persona ciò che stava accadendo. Si sono gettati su cinque giovani e voleva linciarli. Tiravano pugni e gridavano: “Ammazzateli; lasciateli a noi; per comprare case e auto dobbiamo fare sacrifici di anni e questi distruggono tutto”.
Un atteggiamento stigmatizzato dal ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu. “Capisco l’indignazione dei cittadini, ma non posso condividere la reazione fisica. La forza legittima dello Stato è solo in mano ai carabinieri e alla polizia, che garantiscono la sicurezza”.
Dopo la carica, molti degli autonomi si sono dispersi e la vampata di violenza è andata poco alla volta spegnendosi. Non così la polemica sull’accaduto, in una crescendo di accuse e controaccuse alimentato dal clima preelettorale. “Mi auguro – ha detto ancora il ministro dell’Interno – che ora i magistrati confermino gli arresti”. In corso Buenos Aires, i commercianti hanno programmato per giovedì sera una fiaccolata contro la violenza.
La manifestazione della Fiamma Tricolore tanto contestata, si è svolta nel pomeriggio, come voleva il programma, ma il timore che potesse riesplodere la guerriglia si è mostrano vano: centinaia di simpatizzanti dell’estrema destra si sono radunati in Piazza San Babila per cantare Faccetta nera e gridare slogan a favore del Duce (“Viva il Duce”) e contro Fini (“Fini boia, Fini boia”). Ma il corteo si è sciolto nel tardo pomeriggio senza altri disordini.
(11 marzo 2006)
Fonte: RepubblicaOnLine del 12 Marzo
Il vice presidente del Consiglio a Benevento apre la campagna elettorale di An
Il riferimento è a Francesco Caruso in lista per Rifondazione comunista
Fini: “Prodi sei poco credibile
Dopo Milano non candidare no-global”
Gianfranco Fini
BENEVENTO – “Occorre evitare che in Parlamento vadano alcuni personaggi che sono dalla parte di coloro che ieri, a Milano, hanno dato vita agli scontri”. Da Benevento dove è andato per aprire la campagna elettorale di An, il vice presidente del Consiglio Gianfranco Fini lancia una freccia avvelenata al rivale Romano Prodi. Il riferimento è chiaro: Fini non pronuncia il cognome ma l’allusione è a Francesco Caruso, leader dei no-global candidato per Rifondazione comunista nelle liste della Calabria.
“La condanna di Romano Prodi agli scontri avvenuti ieri a Milano tra forze dell’ordine e i centri sociali è doverosa, ma non sufficiente. Occorre evitare che in Parlamento vadano, e nel centrosinistra questo non è stato fatto, alcuni personaggi che sono dalla parte di coloro che ieri hanno dato vita agli scontri”.
“Se si candidano i no-global in Parlamento – ha concluso Fini – le condanne diventano meno credibili”.
(12 marzo 2006)
Incidenti Milano, Caruso sconcertato
“L’intervista è inventata”
Francesco Caruso
ROMA – Indignato, arrabbiato, incredulo. Francesco Caruso candidato di Rifondazione comunista non vuole credere ai suoi occhi e di fronte al Qn che gli attribuisce frasi di solidarietà con gli autonomi milanesi sbotta: “Quell’intervista è inventata dalla prima all’ultima parola. Siamo al ridicolo. Non hanno deformato le dichiarazioni ma si sono inventati un’intervista”. Inutile quindi la condanna di Livia Turco che aveva stigmatizzato le parole attribuite al leader Disobbediente dal Quotidiano Nazionale.
(13 marzo 2006)
L’ipotesi di polizia e carabinieri: riunione operativa in un centro sociale. Scarcerati in tre. Duecento persone potrebbero essere identificate con l’esame dei filmati
Digos, confermata la premeditazione
“L’azione ideata dieci giorni prima”
di ORIANA LISO e LORENZA PLEUTERI
Un’immagine degli scontri di sabato a Milano
MILANO – Prima il tam tam in rete. Poi, a dieci giorni dalla data fissata, una riunione ristretta nel centro sociale Pergola. I rapporti della Digos e del Nucleo informativo dei carabinieri raccontano i retroscena della furia devastatrice dei trecento autonomi calati su negozi, auto, persone in corso Buenos Aires. E ora, ora che l’inchiesta inizia a portare i primi frutti, le parole dei due rapporti suonano inquietanti. Anche perché lasciano intendere chiaramente che sabato, qualche ora prima della guerriglia, i segnali c’erano già tutti.
”È verosimile che l’appuntamento e le modalità della contro-manifestazione fossero state stabilite nel corso di un’assemblea cittadina svoltasi il precedente primo marzo al centro sociale Pergola Tribe – scrive la Digos nella relazione allegata alle 38 ordinanze di arresto – , alla quale avevano partecipato anche attivisti dei centri sociali Orso, Transiti, Panetteria Occupata, Villa Litta e altri esponenti di sodalizi di estrazione più radicale”.
Non solo. La vera sorpresa arriva poche righe più in basso, quando il rapporto racconta quello che gli agenti in borghese vedono la mattina di sabato fuori dai centri sociali controllati. “Vi era una consistente presenza di persone che uscivano dai centri in maggior parte travisati con sciarpe, felpe o caschi, equipaggiati con voluminosi zaini e oggetti vari, quali bastoni, aste, scudi. Molti non hanno perso occasione di raccogliere, strada facendo, altro materiale contundente. Verso le ore 12,30 i vari gruppi hanno iniziato a convergere verso corso Buenos Aires”.
Gli autonomi si muovevano in assetto da guerra, con “intenzioni bellicose e predeterminate a creare disordini”. Ed è proprio sul grosso dello schieramento che adesso si concentrano gli sforzi investigativi. Fondamentali sono i video e le fotografie, ufficiali e amatoriali, che potrebbero servire a individuare gran parte di manifestanti fuggiti alle prime cariche. Duecento persone, è la speranza dei vertici di polizia e Arma.
Solo oggi, con i primi interrogatori in carcere dei fermati – trentacinque maggiorenni, mentre i tre minori saranno sentiti domani – si potrebbe iniziare ad avere un quadro più preciso delle responsabilità. Tre gli scarcerati. Gli accusati saranno interrogati da due pubblici ministeri (Piero Basilone, titolare del fascicolo sugli scontri, e Ilda Boccassini) e da due gip (Mariolina Panasiti e Enrico Manzi), chiamati a convalidare le manette. L’avvocato Mirko Mazzali e gli altri legali si preparano alla controffensiva: “Chiederemo di vedere i filmati: le immagini dimostreranno che sono state prese le persone sbagliate”.
(14 marzo 2006)
Il Corriere
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2006/03_Marzo/13/milano.shtml
Due dei giovani già fermati al G8 di Genova
Pisanu: scontri programmati, Stato parte civile
Il ministro attacca Caruso: violenza come sistema di lotta politica.
Fini: la condanna di Prodi non basta.
In carcere 41 persone
MILANO – Gli scontri di Milano (la guerriglia tra gli autonomi dei centri sociali e le forze dell’ordine, con 41 arrestati, per il tentativo di impedire una manifestazione della Fiamma Tricolore) toccano i nervi della politica. Dopo le dichiarazioni e le prese di distanza degli esponenti dell’Unione sulle devastazioni di sabato, ieri ha tracciato un primo bilancio il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu. Parlando a una manifestazione elettorale il responsabile del Viminale, dopo aver annunciato che lo “Stato si costituirà parte civile nel processo contro i responsabili degli incidenti”, ha sottolineato che “gli scontri erano accuratamente programmati”. Poi la stoccata contro Francesco Caruso, candidato di Rifondazione comunista alle elezioni politiche ed esponente di spicco dei no global.
“Caruso – ha detto il ministro – è l’incarnazione del criterio della violenza adoperato come sistema di lotta politica”. È stato l’inizio di una serie di dichiarazioni di tutti i leader della Casa delle Libertà. Per Gianfranco Fini la condanna di Prodi della guerriglia di Milano ”è doverosa, ma non sufficiente. Occorre evitare che in Parlamento vadano alcuni personaggi che sono dalla parte di coloro che sabato hanno dato vita agli scontri. Se si candidano i no global in Parlamento, le condanne diventano meno credibili”. Sulla stesa linea il presidente della Camera Pier Ferdinando Casini: “Non ci basta il rituale coro di condanna della sinistra, si deve manifestare con i fatti. So che nelle liste ci sono no global, gente che ha complicità con i centri sociali”.
Tutto questo mentre ieri il questore di Milano Paolo Scarpis ha tracciato il bilancio definitivo del sabato di guerriglia urbana. “Sono 41 – ha esordito il capo della polizia – i giovani dei centri sociali arrestati. Due erano già stati fermati al tempo del G8 di Genova, nel luglio del 2001”. Tre di loro sono stati scarcerati ieri sera per mancanza di indizi, gli altri dovranno rispondere di devastazione e saccheggio, incendio, violenza e minaccia a pubblico ufficiale. Impressionante il quantitativo di materiale sequestrato: si va dai bastoni ai tirapugni, dai sassi ai chiodi, dai coltelli a serramanico alle taniche per benzina, ai martelletti spaccavetri, ai razzi di segnalazione. Definitivi anche i numeri dei feriti. “In ospedale sono finiti 8 poliziotti e 8 carabinieri mentre 6 cittadini si sono fatti visitare per aver respirato il fumo dei candelotti”.
Inquadrati anche i gruppi che hanno partecipato alla guerriglia: “Dei 300 partecipanti – ha detto il questore – metà venivano da fuori Milano. Tre sono minorenni”. I danni: ammontano a quasi 500 mila euro. Bruciate 5 auto mentre altre 5 sono state danneggiate. Devastati McDonald’s, il negozio Nike, Singer, e l’An point”. In fibrillazione anche il mondo della politica locale. L’assessore alla sicurezza Guido Manca, a nome del Comune, ha preannunciato che chiederà al prefetto lo sgombero dei centri sociali. Il prefetto Gian Valerio Lombardi ha risposto a stretto giro di posta: “Valuteremo caso per caso”, facendo intuire che sarà comunque dopo le elezioni. Infine ieri presidio, vicino al carcere di San Vittore, dei compagni degli arrestati: un sit-in per sottolineare che non c’è spaccatura tra i centri sociali e che la responsabilità degli scontri è della polizia.
Alberto Berticelli
13 marzo 2006
La testimonianza di un passante ritenuta inutilizzabile Scontri a Milano, scarcerati 3 dei 41 arrestati
Tra loro, due donne e un uomo, c’è anche Marta Canedio, già fermata in passato per un rissa con un gruppo di militanti di Forza Nuova
MILANO – Tre dei 41 arrestati per gli scontri di sabato in centro a Milano sono stati scarcerati nella notte. Tra questi, due donne e un uomo, c’è anche Marta Canedio, 27 anni, già fermata in passato per una rissa con un gruppo di Forza Nuova. Si dice soddisfatto del provvedimento di scarcerazione del pm di Milano Piero Basilone, che definisce “corretto”, l’avvocato Mirko Mazzali, difensore di gran parte degli indagati per gli scontri tra esponenti dei centri sociali e forze dell’ordine. Il legale ha detto che i tre sono stati rimessi in libertà perché erano stati arrestati in un bar sulla scorta della testimonianza di un passante che li aveva indicati come partecipanti agli scontri. Poiché il passante non è stato identificato, la sua testimonianza è stata ritenuta inutilizzabile, quindi la scarcerazione.
13 marzo 2006
Gli scontri di sabato a Milano.
Patto tra “duri” per riconquistare la scena.
Così è stata preparata la guerriglia.
In piazza anche no global del G8. La “chiamata alle armi” viaggiava su Internet da giorni
MILANO – “Non possiamo perdere la faccia”. Tarda serata della settimana scorsa. Stanzone appartato di un centro sociale milanese. Si sono radunati, qui, i duri del movimento. La chiamata alle armi per la manifestazione milanese viaggia su Internet da giorni. Quello della Rete, attraverso i siti a cui può accedere chiunque, è il versante pubblico della mobilitazione. Dietro c’è un altro livello, più ristretto. Almeno tre riunioni, con delegati da Brescia, Bergamo, Torino. “Si era detto che dovevamo esser pronti a qualsiasi scontro, che a Milano si arrivava con le pietre – racconta chi ha partecipato – ma non ci aspettavamo quel delirio”. Il delirio si scatena alle 12.30, tre ore e mezza prima che parta il corteo della Fiamma tricolore, quello che “si doveva sbarrare”.
Per capire perché un raduno di protesta sfoci immediatamente nella guerriglia, ancor prima che molti dei partecipanti siano arrivati in piazza, si può scorrere l’elenco dei 41 arrestati. Nella lista si incontrano due nomi già noti alle questure di Genova e Milano. Marina Cugnaschi, 41 anni, nata a Lecco, e Vincenzo Vecchi, 32 anni, di Calcinate (Bergamo). Arrestati entrambi per gli scontri del G8. Anarchica e animalista, la prima sarebbe la persona ripresa in un video mentre lancia una molotov contro il carcere di Marassi. Rigettando una richiesta di scarcerazione, il Tribunale del riesame di Genova concluse che non avrebbe accettato gli arresti domiciliari per “conservare la propria immagine di eroina/prigioniera”.
Vecchi e la Cugnaschi provengono dalla “Villa Okkupata”, centro sociale della zona Nord di Milano. Un luogo che è un marchio, il tempio dell’anarco-insurrezionalismo milanese, che intrattiene rapporti con i duri e puri del Nord Italia. Qui, secondo un rapporto dei carabinieri, venne progettato l’attacco dell’8 novembre 2004 contro San Vittore. Quella notte esplosero tre bombe. Il secondo centro sociale che ritorna nella lista degli arresti è la “Panetteria occupata” di via Conte Rosso. Diversa matrice ideologica: marxismo-leninismo ortodosso, alcune persone con un passato di contatti con le Brigate rosse. Ma il profilo di Villa e Panetteria è simile: gruppi ristretti, che nella galassia dell’estremismo rosso “hanno un nome e un peso – spiega un investigatore – è gente che conta”. Tra gli arrestati ci sono anche due ragazze dell’Orso (Jessica Moro e Marta Canedio, quest’ultima scarcerata in serata), già coinvolte nel 2001 in una manifestazione degenerata in scontri dopo un raduno di Forza Nuova.
Allacciando i fili dei contatti intorno a questi nuclei, il cerchio si chiude.
Si capisce perché i 350-400 di corso Buenos Aires sono scesi in strada con tirapugni di ferro, zaini pieni di pietre, coltelli a serramanico, bulloni, bombe carta farcite di chiodi, taniche di benzina, scudi di plexiglass, caschi e passamontagna. Perché un dirigente di polizia racconta che “un tale livello di violenza a Milano non si vedeva da 10 anni”. Perché Leoncavallo e altri centri sociali storici hanno preso le distanze dalla manifestazione (non autorizzata) di sabato. È come se intorno a questa protesta si fosse coagulato il cuore più duro delle realtà antagoniste del Nord. Gli altri arrestati provengono da Brescia, Bergamo, Como, Trento, Bolzano e Novara, i milanesi sono 21 – tra cui 3 minorenni, due studenti e una studentessa di licei del centro, che “probabilmente – accenna un investigatore – non si sono resi conto di quale sarebbe stato il livello dello scontro”.
Ma perché tanta violenza? I fattori sono diversi: l’anima milanese del movimento è in crisi; in tutta la Lombardia, da oltre 3 anni, si moltiplicano raid di gruppi neonazisti contro i centri sociali; nel più grave, a Milano, il 16 marzo di 3 anni fa, venne ucciso Davide “Dax” Cesare; l’anno dopo venne assaltata una birreria “rossa” sui Navigli (quattro accoltellati, clima in città sempre più incandescente); da ultimo, l’Olimpiade di Torino, con gli anarchici di mezza Europa che hanno criticato gli italiani per “scarso attivismo”. Così, da una parte, bisognava rilanciare il movimento. Dall’altra, permettere che un corteo della Fiamma Tricolore sfilasse nel centro di Milano senza una reazione massiccia sarebbe stato uno smacco inaccettabile. Fino a quella sensazione diffusa: “Bisogna salvare la faccia”. Per salvarla, se la sono coperta con i passamontagna neri.
Gianni Santucci
13 marzo 2006
Dopo gli scontri di sabato a Milano
Il no global: ma in fondo cos’è successo? Francesco Caruso prende le distanze “dal circo dove i galli si beccano tra loro”. Pisanu lo attacca: “Fedina penale lunga 2 metri”
DAL NOSTRO INVIATO
VILLETTA BARREA (L’Aquila) – “Pisanu? Casini? C’è un plotone d’esecuzione pronto a spararmi, io mi faccio le cose mie e i politici me li schifo proprio . Non ho visto le immagini degli scontri, qui a Villetta Barrea non c’ho nemmeno la tv…”. Dalle nevi del Parco nazionale d’Abruzzo, dove si è rifugiato dopo la guerriglia di Milano, Francesco Caruso prova a segnare la distanza “dal circo dove i galli si beccano tra loro”. Tutti lo cercano, il centrodestra lo attacca e lui, il leader no global che Fausto Bertinotti ha candidato alla Camera dei deputati, per una volta si appella alla legge sulla privacy. “Non me ne frega nulla di cosa dicono di me, io i politici non me li filo proprio”.
Il ministro dell’Interno, Pisanu, vede Caruso come uno che ha “una fedina penale lunga due metri” o anche come “l’incarnazione del criterio della violenza adoperato come strumento di lotta politica” e proprio non comprende come possa Fausto Bertinotti “condannare la violenza e poi candidare uno che della violenza politica ha fatto la sua bandiera”. E lui se la cava con una bella risata: “Pisanu sì che opera coi missionari di pace…”. Impegnato in queste ore in un progetto di volontariato ambientale in Abruzzo, Caruso si dice “totalmente separato dal teatrino della politica” e sta ben attento a non entrare nelle polemiche sui fatti di sabato. “Perché poi cosa è successo a Milano? Sono state bruciate delle macchine, la polizia ha arrestato 40 persone… Ma io sono in mezzo alle montagne tra i guai miei, ovunque mi giro c’è un metro e mezzo di neve ed è un ottimo modo per lasciare che chi mi attacca riposizioni i fucili su qualcun altro, visto che mi hanno sparato contro già tutte le cartucce”.
Pier Ferdinando Casini non vuole i centri sociali in Parlamento e dice che “chi incendia le auto deve stare in galera” e Luca Volontè consiglia a Prodi di non accettare i voti di “delinquenti e mascalzoni come Caruso”. Davvero troppo, anche per uno che ha deciso di star fuori dal teatrino della politica: “Delinquente? Mascalzone? Detto da gente che si è alleata coi nazisti…”. La tesi di Caruso è che i suoi detrattori colpiscano lui per colpire il leader del centrosinistra: “Il gioco è chiaro, tirando in ballo me coinvolgono Bertinotti e quindi l’Unione e quindi Prodi… Ma questa volta – conclude l’aspirante onorevole – dal circo equestre io mi tiro fuori”.
Monica Guerzoni
13 marzo 2006
La Russa (An): “Tra i responsabili anche dirigenti dell’Unione” Scontri a Milano, condanna dai due poli L’attacco di Berlusconi all’Unione. Prodi: “Violenza estranea alla nostra idea di democrazia”. Fassino: “Teppismo politico”.
MILANO – Reazioni agli scontri avvenuti a Milano sono arrivate sia dal centrosinistra che dal centrodestra che ha, comunque, cavalcato l’ episodio per criticare la politica dell’ Unione considerata tollerante verso l’ estremismo di sinistra.
Tra i più decisi nel criticare lo schieramento avversario il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, che a Firenze ha detto: “Non ci basta il rituale coro di condanna della sinistra, si deve manifestare con i fatti, so che nelle liste di sinistra ci sono no global, gente che ha complicità con i centri sociali”. Sulle stesse posizioni il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ha detto: l’ Unione ha al suo interno “centri civici, campioni di democrazia da cui vengono i 350 che hanno cercato di rendere impossibile una civile riunione di un nostro alleato”.
Romano Prodi è stato chiamato direttamente in causa dal capogruppo di An alla Camera, Ignazio La Russa, che ha definito i responsabili degli scontri “esponenti e dirigenti della coalizione” guidata dal Professore. “Sappiamo che le Forze dell’ordine hanno già individuato alcuni dei responsabili degli scontri ma noi sappiamo già chi sono: sono esponenti e dirigenti della coalizione di Romano Prodi” ha detto La Russa. “I milanesi – ha aggiunto – possono giudicare da soli. Ci sarà una dura, ma pacifica ritorsione che non si aspettano: il voto degli elettori del 9 e 10 aprile, l’unica ritorsione che noi vogliamo”. L’ ex ministro Roberto Calderoli, ha invitato il candidato dell’ Unione a dimettersi, sostenendo che “quanto accaduto oggi a Milano appartiene all’ album di famiglia di Prodi”.
Netta la condanna degli episodi da parte di Romano Prodi insieme all’invito a non strumentalizzare l’evento: “Condanniamo duramente queste forme di violenza, non appartengono al nostro concetto di democrazia e di civiltà”, ha detto il leader dell’Unione. Piero Fassino si è recato in questura di Milano per portare la propria solidarietà alle forze dell’ordine e ha parlato di “episodi di teppismo politico che non hanno alcuna giustificazione e che devono essere condannati nel modo più assoluto e risoluto da tutti”. Fassino era accompagnato dal segretario provinciale dei Ds Franco Mirabelli, che ha detto: “La violenza e il vandalismo non appartengono all’antifascismo, quelli sono solo dei delinquenti”.
Fassino, comunque, ha invitato il Centrodestra ad evitare strumentalizzazioni, sottolineando come “nessun esponente del Centrosinistra è minimamente partecipe” di quei disordini. Un auspicio che la campagna elettorale sia serena, senza “provocazioni e violenze” è stato espresso da Massimo D’Alema in un comizio a Trieste. Un invito a “impedire che estremisti violenti” si inseriscano nella campagna elettorale “con azioni irresponsabili” è venuto da Francesco Rutelli, che ha espresso solidarietà alle forze dell ‘ordine. Analoga solidarietà è venuta anche dal leader del Prc, Fausto Bertinotti, che, però, ha invitato ad “evitare generalizzazioni sui no global”.
14 Marzo 2006
Ferrante, Moratti, Formigoni e Penati alla fiaccolata di giovedì in corso Buenos Aires. La Digos: il blitz violento fu deciso il primo marzo
Scontro sulla chiusura dei centri sociali
Polemica in consiglio comunale. Sabato nuovo corteo dei no global
Gli scontri di sabato in corso Buenos Aires dividono i Poli. E scatenano la polemica in consiglio comunale sulla chiusura dei centri sociali. E mentre la Digos ricostruisce le cause del blitz di sabato – fu deciso il primo marzo – i commercianti milanesi, guidati dal presidente Carlo Sangalli, si preparano alla fiaccolata di giovedì in corso Buenos Aires. L’appuntamento è per le 20 in piazza Argentina: sono attesi, oltre ai leader nazionali dei Poli, i candidati sindaco Bruno Ferrante e Letizia Moratti, il presidente della Regione Roberto Formigoni e della Provincia, Filippo Penati.
Sempre giovedì sera si terrà una manifestazione dei centri sociali in ricordo di Dax, il giovane del centro sociale Orso morto tre anni fa in uno scontro con un gruppo di neonazisti. Sabato pomeriggio, invece, gli antagonisti milanesi arriveranno sotto al carcere di San Vittore per protestare contro i 38 arresti seguiti ai disordini di sabato.
14 Marzo 2006
“Gli scontri? Un errore” Caruso scrive a “Liberazione” dopo l’ira del centrosinistra
ROMA – “Piuttosto che bruciare auto o rompere vetrine io avrei adoperato tattiche di resistenza passiva”. Francesco Caruso, il leader disobbediente candidato da Rifondazione, prova a tirarsi fuori dalla tempesta che lo ha investito dopo la guerriglia di corso Buenos Aires. Prende le distanze dai fatti di Milano, ma al tempo stesso chiede la liberazione dei ragazzi arrestati e attacca il ministro dell’Interno: “Invece di utilizzare il Viminale per fare campagna elettorale, perché Pisanu non spiega come mai ha autorizzato la manifestazione dei fascisti? Lo sa che i centri sociali, gli immigrati e i rom sono vittime ogni giorno di vili aggressioni fasciste?”. Caruso spiega così la rabbia sfociata nelle violenze di sabato e chiede la scarcerazione dei protagonisti: “Per contribuire a creare un clima di serenità propongo che vengano liberati”. Ma se in piazza, con i ragazzi dei centri sociali, ci fosse stato lui? Giura che si sarebbe sdraiato sull’asfalto, che si sarebbe fatto sollevare di peso dalla polizia e condurre in galera, una reazione che “avrebbe riscosso più consenso e si sarebbe rivelata una misura efficace per rispondere alle iniziative dei fascisti”.
Con una lettera al quotidiano Liberazione , Caruso ammette che “le forme e i modi di contestazione alla parata neonazista di Milano” sono state “tatticamente autolesioniste”. “Un errore grave, perché hanno prestato il fianco alle strumentalizzazioni elettorali della destra”.
In mattinata, una nuova tempesta era scoppiata sul nome di Caruso. In una intervista al Quotidiano nazionale il leader no global annuncia che, se arriverà in Parlamento, si batterà per una “amnistia generalizzata” che scagioni i “settemila ragazzi”, tra cui lui stesso, “inquisiti per cinque anni di lotte e mobilitazioni contro il governo Berlusconi”. Il tempo di sfogliare la rassegna stampa e scoppia il putiferio, con il centrodestra che attacca e l’Unione che prova a cavarsi dall’imbarazzo bocciando con forza le dichiarazioni di Caruso. Ma lui smentisce tutto e minaccia querele. “Intervista inventata di sana pianta dall’inizio alla fine, mi impegno a tutelare i miei interessi nelle sedi dovute”, annuncia in una nota concordata con l’ufficio stampa di Rifondazione.
La polemica, però, continua. Il ministro della Giustizia Roberto Castelli dice che “l’amico degli incappucciati pensa a una legge ad personam per sé e per i suoi amici” e l’ex ministro Roberto Calderoli lo inchioda “dalla parte dei violenti che hanno messo a ferro e fuoco Milano”. Ma non è solo la Cdl a scagliarsi contro il disobbediente. “Parole gravissime e inaccettabili”, s’infuria la diessina Livia Turco, parole “incompatibili con il programma dell’Unione”. È tale l’agitazione tra gli alleati che Fausto Bertinotti deve alzare il telefono e placare l’ex ministra della Quercia. E chissà che non abbia sentito anche Romano Prodi, data la preoccupazione che le dichiarazioni di Caruso hanno provocato in piazza Santi Apostoli.
M. Gu.
L’Unità
13 Marzo 2006
Chi li Manda?
di Oreste Pivetta
Una manifestazione neofascista, di cui pochi si sarebbero accorti, una prevista e isolata esibizione di saluti romani e di camicie nere, ha acceso il motore di alcuni teppisti campioni di imbellicità, che si sono messi in movimento contro auto in parcheggio, vetrine inermi, un isolato punto elettorale di An, una rivendita di giornali e contro agenti in divisa, che erano lì a proteggere gli uni dagli altri. Così una via del semicentro cittadino s’è trasformata tra famigliole in transito in un incompresibile scenario da piccola Baghdad di casa nostra, come in un brutto film di violenza senza ragioni, senza l’ombra accidentale di uno scontro.
Scene di una guerriglia, senza neppure gli avversari in campo. Qualsiasi ragionevole persona, di sentimenti democratici e antifascisti, avrebbe preferito che i quattro nostalgici della Fiamma Tricolore consumassero in perfetta solitudine la loro penosa prestazione. Invece i cretini in arme (e mascherati) hanno fatto il possibile per trasformare una giornata qualsiasi in una tempesta di polemiche e di strumentalizzazioni, riuscendo in una impresa davvero clamorosa: non lasciare solo Berlusconi nel ripescaggio di squallidi individui, che si sono fatti notare finora solo per le loro banalità razziste, per la loro volgarità, addirittura per le loro cosiddette tesi negazioniste (sono quelli che “le camere a gas loro non le hanno viste e quindi non possono giurare che siano mai state usate”), infine per lo scarso numero. Berlusconi li ha ripescati per qualche voto in più, i cretini non si sa con quale idea in testa. Tanto che viene il dubbio, in considerazione della loro giovane età e della loro imbecillità, che qualcuno li abbia semplicemente usati. Che qualcuno insomma abbia fatto il regista. Non sarebbe la prima volta.
Ovviamente la destra, quella per così dire di governo, in odore di sconfitta elettorale, non ha trovato miglior pretesto per scagliare le auto bruciate contro la sinistra, consentendo a un tipo come La Russa, con il suo bel passato di fascista militante e con un grado zero di responsabilità politica, di risfoderare il linguaggio d’un tempo: “Questa sinistra ha bisogno d’una lezione di civiltà. E l’avrà”. Non gli sarà sembrato vero tornare a minacciare e intimidire, dopo aver detto di “centri sociali amici di Prodi”. Di quali centri sociali non ha spiegato: gli sarebbe stato difficile individuarne qualcuno dentro la pattuglia dei cretini. Ma ovviamente non ha mancato la preda, non s’è risparmiato di definire i responsabili “esponenti e dirigenti della coalizione”, guidata da Prodi, che per Gibelli (Lega), “ha la sua milizia come Ceausescu” e un “album di famiglia, fuori dalla democrazia”, secondo Calderoli (ex ministro). Stupidaggini, ovviamente. Stupidaggini anche quando si chiama in causa Caruso, uno dei centri sociali, in lista con Bertinotti. La realtà è più complicata degli slogan.
La condanna espressa da tutti i leader del centrosinistra, la solidarietà a polizia e carabinieri (Fassino s’è presentato direttamente in questura) ovviamente non contano per chi strumentalizza. Non contano neppure la storia, la tradizione democratica, la civiltà o una volontà comune di isolare i violenti d’ogni genere. Conta soltanto la possibilità di servirsi di un episodio ai propri scopi propagandistici. Senza rispetto della verità. Con pieno rispetto invece degli imbecilli di qualsiasi fronte. Il centrodestra ha timbrato con il massimo dei punti la patente dei teppisti di corso Buenos Aires. Si sono dati una mano: i cretini, Berlusconi, i suoi “alleati” (la Fiamma tricolore, come ha subito chiarito il presidente del Consiglio).
13 Marzo 2006
Milano, polemiche dopo gli incidenti. Chiti: “Niente critiche dagli alleati dei fascisti”
di red.
Sono stati convalidati e trasformati in arresto 41 dei 45 fermi effettuati sabato dalle forze dell’ordine in seguito ai gravi scontri nel centro di Milano con gruppi di black boc e autonomi. Lo ha comunicato il questore di Milano, precisando che tra gli arrestati, fra i 16 ed i 43 anni, vi sono persone dei centri sociali Orso, La Pergola e Vittoria di Milano, e autonomi di altre città tra le quali Reggio Emilia, Alessandria, Como e Brescia.
Gli arrestati hanno trascorso la notte nel carcere di San Vittore e dovranno rispondere di reati vari tra i quali violenza, resistenza e minacce a pubblico ufficiale, lesioni, vandalismo, devastazioni e saccheggio. Dodici sono stati i feriti tra le forze dell’ordine, due carabinieri sono stati feriti, uno al volto e l’altro ad una gamba, dall’esplosione di una delle bombe carta riempite di chiodi lanciate contro i militari. Altri sei cittadini si sono fatti curare in ospedale per le conseguenze dei disordini, chi per gli effetti dei lacrimogeni, chi per lesioni riportate nel parapiglia. La Digos, che sta indagando sugli incidenti, ha precisato che più della metà dei fermati, sorpresi in flagranza di reato, ha precedenti specifici. Manganelli, bastoni, tirapugni, sacchi di pietre e chiodi sono tra il materiale sequestrato ai manifestanti.
Dopo le prime sassaiole, i manifestanti hanno fatto incursione in alcuni negozi, incendiando un locale punto di propaganda elettorale di Alleanza Nazionale prendendo di mira in particolare un ristorante McDonald’s, sfondandone le vetrine ed imbrattandolo con scritte. Gli agenti hanno caricato i manifestanti, inseguendone alcuni e riuscendo a fermarne una cinquantina. Secondo testimoni, alcuni dei manifestanti sono stati anche inseguiti da passanti e negozianti della zona e l’intervento degli agenti ha impedito che fossero malmenati. Quattro fermate della metropolitana sono state chiuse mentre la zona è stata a lungo invasa dal fumo dei lacrimogeni e degli incendi appiccati dai manifestanti. Nel pomeriggio, le forze dell’ordine si sono schierate in massa per consentire che non venisse interrotta la manifestazione di Fiamma Tricolore, svoltasi regolarmente con alcune centinaia di partecipanti, dopo un iniziale stallo dovuto alla presenza di striscioni con simboli fascisti, che la polizia ha fatto rimuovere
Sulle violenze si è naturalmente innestata la polemica politica della destra che tenta di associare i teppisti milanesi al centro-sinistra. “La destra, disperata ed allo sbando, tenta di accomunare questi teppisti alla nostra parte politica” come il coordinatore della segreteria Ds, Vanino Chiti. “Lo ha fatto anche ieri il leader dell’Udc Casini a Firenze. Noi abbamo condannato con fermezza gli autori dei gesti criminali di Milano – spiega Chiti -. Perchè Casini non fa altrettanto con chi, sempre a Milano, sfilava commento altri crimini: inneggiando a Mussolini, al fascismo ed all’intolleranza razziale?”. “La destra, con chi sfila inneggiando al Fascismo con le braccia tese, si è alleata. Onorevole Casini la destra, se vincesse le elezioni, porterebbe in Parlamento ed al Governo, dopo 61 anni dalla fine della resistenza e dalla liberazione del paese, due partiti dichiaratamente fascisti. Siete l’unica destra in Europa a farlo”, ha commentato l’esponente dela Quercia.
In commento amaro giunge dall’ex prefetto di Milano e candidato per il centro sinistra alla poltrona di sindaco del capoluogo lombardo, Bruno Ferrante. “In quasi sei anni non si sono mai registrati episodi di questa gravità. E la ragione è proprio quel metodo della mediazione che oggi mi viene superficialmente contestato”. L’ex prefetto definisce “patetiche” le polemiche secondo le quali avrebbe dovuto sgomberare i centri sociali: “alla manifestazione di ieri hanno creato disordini soprattutto persone che venivano da fuori. Per il centrodestra – prosegue Ferrante – la soluzione di tutti i problemi sono gli sgomberi, che invece possono creare i problemi maggiori”.
Dura anche la presa di distanza di Fasuto Bertinotti: “Condanna assoluta dei violenti, senza se e senza ma: con queste persone non abbiamo nulla da spartire. Trovo profondamente ingiusto parlare in modo generico di no global e centri sociali. I responsabili vanno individuati con precisione e le loro azioni censurate. Ma dico no ai polveroni”, spiega il segretario del Prc. “Agli scontri di ieri i leoncavallini non c’erano, hanno preferito forme di mobilitazione pacifiche e democratiche. Qualcuno, mi opare Ignazio La Russa, ha detto che i violenti di Milano sono degli elettori di Prodi, Ma quel popolo, il nostro popolo, è pacifico e fonda sul dialogo le proprie relazioni. Le destre hanno seminato il campo di aggressività, e adesso mostrano una formidabile coda di paglia”.
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