Intervista a Leonardo del comitato “Io mi rifiuto” di Castelnuovo Garfagnana.
Le tariffe folli sui rifiuti urbani. L’inceneritore. La protesta popolare. La vicenda Se.Ver.A. (Servizi Verde Ambiente). E la raccolta differenziata…(?)
Lucca Libera: quando e come è nato il comitato “Io mi rifiuto”? Quali le motivazioni che ne hanno determinato la nascita?
Leonardo: il comitato “Io mi rifiuto” è nato alla fine del novembre 2009. La ragione fondamentale è stata una forte opposizione popolare a un aumento delle bollette dei rifiuti che si assestava all’incirca sul 50%, ma che in qualche caso era anche superiore.
Si sono svolte numerose assemblee, molto partecipate, e fin dalla prima è stato deciso di lanciare una petizione popolare che aveva al centro tre questioni: 1) il rifiuto dell’aumento spropositato e non argomentato, da parte dell’amministrazione comunale, delle tariffe. 2) La raccolta differenziata: l’amministrazione comunale di Castelnuovo la realizza dal settembre 2008 solo in una porzione molto limitata del comune, e cioè nella frazione di Torrite. Noi, fin dal primo documento, chiedevamo di estenderla a tutto il territorio, progressivamente ma in un lasso di tempo breve. 3) La richiesta di chiusura dell’inceneritore, che dovrebbe già essere chiuso (il piano provinciale dei rifiuti, approvato dal Consiglio Provinciale nel 1999 ne prevedeva la dismissione “entro il 2006”, n.d.L.L.), e che sostanzialmente non è mai stato in regola. Non ha mai rispettato le normative di legge, quindi nel tempo ha subito molte chiusure ma poi è sempre stato riaperto perché prevaleva l’interesse della società Se.Ver.A a poter ripartire a incenerire i rifiuti.
Dunque, questo il momento iniziale del comitato e quelli appena elencati i contenuti fondanti. Su tale base abbiamo raccolto più di mille firme ma, francamente, avremmo potuto raccogliere le adesioni dell’80% dei cittadini di Castelnuovo, infatti le abbiamo raccolte senza nessuno sforzo. A partire da qui abbiamo aperto un contenzioso con l’amministrazione comunale, trattativa che non ha portato per la verità a risultati significativi, ma che ha generato nuove iniziative realizzate nei mesi successivi.
Leggi tutta l’intervista cliccando qui sotto su “more” (non è lunga, giùe). Lucca Libera! inizia così un viaggio di approfondimento sul business dell’incenerimento in Garfagnana: seguiranno inchieste, dati, altre interviste e informazioni soprattutto sui cosiddetti termovalorizzatori a biomasse. Stay tuned!
Lucca Libera: ecco, parlavi appunto dell’inceneritore… Puoi farci la cronistoria di questo impianto considerando anche l’aspetto politico della vicenda?
Leonardo: anche a Castelnuovo, come nel resto d’Italia, la consapevolezza sulla pericolosità degli inceneritori in generale, cominciò ad affermarsi nei primi anni ’80, quando un po’ in tutto il paese (ma era un fenomeno che andava aldilà dei confini nazionali), iniziò a consolidarsi una coscienza ecologica e circolava tutta una serie di pubblicazioni sulla pericolosità degli inceneritori. In particolare però, l’inceneritore di Castelnuovo, per le sue caratteristiche tecniche, ha sempre presentato dei problemi: sia per le emissioni, sia per il contenuto delle ceneri risultanti dal processo di incenerimento, da sempre conferite alla discarica di Selve Castellane, situata nel comune di Molazzana, al confine con il comune di Castelnuovo.
Gli episodi di chiusura dell’inceneritore, già negli anni ’80, sono numerosissimi. E in quegli anni, visto che si parla di storia, voglio ricordare un fatto che è prettamente politico: ci fu addirittura un tentativo, da parte di quello che era il boss locale della Democrazia Cristiana, l’On. Loris Biagioni, di realizzare un potenziamento notevole dell’inceneritore. Si parlava di un mega impianto che avrebbe dovuto assorbire i rifiuti di buona parte della Toscana e che avrebbe impiegato decine e decine di lavoratori (si arrivò a parlare di 150: era un’esagerazione, ma erano queste le cifre che circolavano nel 1987). Il tentativo fu sventato soprattutto grazie a Democrazia Proletaria: all’epoca io ero consigliere provinciale di DP e riuscii a far approvare un ordine del giorno che dava lo stop a questa operazione. Questo per dire che politicamente è sempre esistita una componente che ha visto nell’inceneritore non soltanto un modo per smaltire i rifiuti della zona, ma anche per attivare un vero e proprio business. Ho voluto ricordare quel fatto un po’ perché ci fu la capacità di bloccare quel progetto non solo per la presa di posizione della Provincia, ma anche perché i cassintegrati, che allora in parte riuscivamo ad organizzare, furono d’accordo nel rifiutare quel tipo di prospettiva. Ma un po’ lo voglio ricordare anche perché un progetto di questo tipo, magari meno mastodontico, ritorna continuamente in ballo. Per cui, da una parte tutti sanno che l’inceneritore di Castelnuovo va chiuso per tanti motivi (perché non ha i requisiti tecnici, perché comunque non è nel piano provinciale ecc.), però dall’altra si dice: “Sì, ok, ma se lo facessimo più grande e più moderno sarebbe economicamente più vantaggioso e forse ecologicamente più sostenibile in quanto tecnologicamente più avanzato”. Quindi è una tematica che ricorre, che si ripresenta periodicamente. Dopodiché negli anni successivi è stato un continuo promettere la chiusura di questo inceneritore, che non è mai diventata effettiva in base a considerazioni economiche. Cioè, in sostanza, le forze politiche hanno detto: “l’inceneritore va chiuso, però… dobbiamo salvare i conti economici della Severa, e allora perché i conti possano tornare bisogna concederle degli anni, bisogna mantenere l’impianto ancora aperto”. Con questa motivazione è stata sempre rinviata la chiusura. Sta di fatto, però, che nel marzo scorso è accaduta una cosa incredibile: mentre noi come Comitato stavamo portando avanti le nostre iniziative nei confronti dell’amministrazione comunale, che sono culminate in una manifestazione che si è svolta il 15 aprile 2010 davanti palazzo del Comune….
Lucca Libera: soffermiamoci un attimo su questa manifestazione…
Leonardo: sì, secondo me è stata piuttosto importante, per due motivi: 1) perché a memoria mia, è stata la prima manifestazione a Castelnuovo con quelle caratteristiche: un presidio molto forte, rumoroso, con interventi continui dalle dieci a mezzogiorno, con una buona presenza davanti la sede del Comune. Non ricordo una manifestazione di tal genere a Castelnuovo, e questo di giovedì, un giorno lavorativo, scelto in quanto giorno di mercato. 2) Importante, inoltre, perché ha visto veramente la partecipazione di persone “comuni”, non i soliti addetti ai lavori, militanti di forze politiche della sinistra, ambientalisti ecc., ma persone che di solito non manifestano.
Ma faccio un passo indietro e riprendo il discorso precedente: proprio nel corso della manifestazione abbiamo denunciato quello che avevamo scoperto in quei giorni e che nessuno diceva, e cioè che l’inceneritore era fermo. Gli amministratori della Severa e quelli del Comune di Castelnuovo avrebbero avuto il dovere di spiegare alla popolazione i motivi alla base della chiusura (“l’inceneritore è chiuso perché ci sono questi valori degli inquinanti”, oppure “è chiuso perché è in manutenzione”, o altro), e invece niente, silenzio assoluto. L’abbiamo denunciato ripetutamente, anche sulla stampa, ma non ci hanno risposto. Poi, quali sono le ragioni lo sappiamo: ci sono certi valori degli inquinanti, non sono in grado di venirne fuori ed ormai l’impianto è chiuso da un anno.
Siamo di fronte ad una situazione paradossale, perché ci dicono: “la Severa è in difficoltà e quindi bisogna aumentare le bollette”. E allora viene da rispondere: ma non avevate detto che tenevate aperto questo impianto proprio perché, pur inquinando, vi permetteva di tenere in piedi tutta la “baracca” della Severa, di mantenere in ordine i conti della società?? Poi invece viene fuori che la situazione è disastrosa proprio dal punto di vista economico, e allora c’è qualcosa che non torna… Considera che a Castelnuovo sono arrivate delle bollette esorbitanti. Un solo un esempio: ad una pizzeria è arrivata una bolletta di seimila euro! E allora, hanno tenuto in piedi questo piccolo mostro, pur sapendo che provocava un danno alla salute, in più ci presentano dei conti economici che sono totalmente disastrosi e li scaricano completamente sugli utenti.
E’ un anno che l’inceneritore è fermo, e ogni tanto torna fuori la proposta di ingrandirlo: “passiamo dalle 30 tonnellate al giorno alle 100 tonnellate al giorno, perché in questo modo i conti possono tornare”. Però, poi, non riescono a decidere nemmeno su questa strada, come si è visto al momento dell’approvazione dell’ultimo bilancio: l’assemblea della Severa non è riuscita ad arrivare a quel punto dell’ordine del giorno, sul quale spingevano in particolare i soci privati, e quindi ci troviamo ancora in questo limbo. La cosa grave in questo momento – mi metto nei panni di un cittadino di Castelnuovo, e/o della Garfagnana – è che da una parte si legge sui giornali della disastrosa situazione economica della Severa (proprio in questi giorni si dovrebbe svolgere l’assemblea dei soci della Severa che dovrebbe deliberare la riduzione del capitale sociale da dieci milioni a due milioni di euro), e dall’altra però non si discute minimamente su quale politica dei rifiuti fare per uscirne. Cioè sembra quasi che sia solo un problema economico, un problema di conti, di tipo ragionieristico, mentre noi come Comitato abbiamo detto: “non sarebbe proprio questo il momento di prendere il toro per le corna, visto che la politica che avete portato avanti fino ad oggi è clamorosamente fallita sia sul piano ambientale che su quello economico?”. Forse sarebbe il caso di fermarsi un attimo e tutti dovrebbero dire non come vogliono salvare la baracchetta della Severa, ma come vogliono smaltire i rifiuti d’ora in avanti in Garfagnana e nella Valle del Serchio. Invece non si alza una voce, tutti tacciono.
Aggiungo che sul piano economico, aldilà del fatto che ci sono sicuramente delle responsabilità degli amministratori sulle quali non è possibile transigere, si parla di un buco di bilancio di trenta milioni di euro, che per una piccola società come la Severa è veramente un’enormità.
Lucca Libera: alla luce della situazione che hai illustrato, vorrei sapere qual è la posizione dei lavoratori della Severa e dei sindacati…
Leonardo: noi siamo pieni di aziende dove i sindacati ormai lavorano come fossero un ufficio dell’azienda stessa, cioè i sindacati vengono aziendalizzati. Il sindacalista, non accuso nessuno in particolare perché non li conosco, faccio un discorso generale, tende ad agire come fosse espressione dell’azienda. Questo è un fatto grave. Nel caso Severa, soprattutto la Cisl ha lavorato in questa direzione. La posizione della Cgil nella sostanza non è molto diversa, ma la Cisl si è esposta di più.
Per quanto riguarda i lavoratori, direi questo: il singolo lavoratore che teme di perdere il posto di lavoro va capito sempre e comunque, è chiaro che se nessuno gli offre un’alternativa tenderà a rinchiudersi nel suo particolare e a difendere quello che ha o che gli sembra di avere. Noi abbiamo cercato di dire questo ai lavoratori: “guardate che se passa il progetto di chiudere l’inceneritore e allargare la raccolta differenziata, il lavoro non è che diminuisce per l’azienda che raccoglie e smaltisce i rifiuti (che noi, fra l’altro, vorremmo pubblica); per certi aspetti il lavoro aumenterebbe”. Aumentano i posti di lavoro e l’azienda non ha più i costi di smaltimento, e casomai racimola qualche piccola entrata in più dovuta al riutilizzo e al riciclaggio di ciò che riesce a raccogliere in maniera differenziata, ad esempio la carta può essere venduta alle cartiere, con l’organico si può fare il compost…
Questo, ovviamente, secondo un modello teorico. Poi la pratica può anche essere più complicata, perché c’è un problema di economie di scala, ma in linea generale il discorso è questo.
La posizione attuale dei lavoratori della Severa? Non è che io li conosca tutti, però ho avuto una piccola esperienza personale che mi ha fatto riflettere e che vorrei raccontare. Ho avuto modo di andare all’ecocentro Severa perché dovevo smaltire del materiale ingombrante che avevo in casa e mi sono messo a parlare con i quattro o cinque lavoratori che erano lì… Mi sono reso conto che non avevano alcuna difficoltà a condividere il fatto che ormai è matura una svolta nella raccolta dei rifiuti. Non ho colto una opposizione frontale nei confronti del Comitato. Sono più le organizzazioni sindacali (o certi soggetti) ad essere ostili, perché probabilmente sono stati da sempre, storicamente, legati a una gestione, da alcuni definita banditesca, della Severa, a partire da Pasquale Nardini, ex presidente della Severa (esponente del PD, n.d.L.L.). Lui ha dato un’impronta a quell’azienda. Quelli che sono venuti dopo sono delle figure di passaggio, ininfluenti.
Lucca Libera: e qui torniamo al discorso delle responsabilità politiche…
Leonardo: infatti. E’ bene sottolineare che nella gestione della Severa le responsabilità sono bipartisan, anche se un po’ più del centrosinistra ad essere precisi, perché Pasquale Nardini viene da lì… Sono i Comuni della Garfagnana i proprietari della Severa. I Sindaci fanno parte del Consiglio di Amministrazione, detengono le azioni della società, hanno voce in capitolo. E allora, è inaccettabile sentir dire dagli amministratori “la responsabilità di questo disastro è della Severa”. Certo che è della Severa, ma la Severa siete voi…
Lucca Libera: nonostante tutto, però, si continua a parlare di ampliamento dell’inceneritore, con un’eccezione: il comune di Castelnuovo ha annunciato in questi giorni di volersi “sfilare” da Severa, indicendo una nuova gara d’appalto per affidare il servizio di raccolta dei rifiuti a un’altra società. Come valuti questo annuncio? E come pensi si possa evolvere tutta la situazione in futuro?
Leonardo: per quanto riguarda la prima possibilità, cioè il potenziamento dell’inceneritore, noi del Comitato siamo totalmente contrari. Mi sembra di poter dire che, fortunatamente, nell’immediato questa ipotesi appare piuttosto debole. Però l’esperienza insegna che queste proposte possono tornar fuori, magari con altri soggetti che spingono perché ciò avvenga, quindi è un pericolo che rimane fintanto che quell’impianto non verrà definitivamente chiuso.
Per quello che riguarda la posizione del comune di Castelnuovo, la ritengo una posizione furbesca, che tende a svicolare rispetto ai nodi fondamentali. I nodi, lo abbiamo detto fin dall’inizio, sono: i costi (perché sono diventati troppo elevati), e gli aspetti ambientali (passaggio alla raccolta differenziata e chiusura dell’inceneritore). Ora, il punto che sta a monte di tutto ciò è la scelta della linea politica: è da qui che discende il disegno dell’azienda che poi deve gestire quel progetto. La linea dovrebbe essere: riduzione massima dei rifiuti alla fonte, raccolta differenziata estesa al massimo, chiusura dell’inceneritore. Per poter gestire bene un’attività di questo tipo, ci vuole un’azienda pubblica. Questo è un punto fondamentale. Non può essere un’azienda privata e neppure un’azienda mista, com’è Severa, perché la maggior parte delle quote sono detenute dai comuni ma ci sono anche dei soci privati, che pretendono un profitto a tutti i costi. Ancora peggio sarebbe se ci si rivolgesse a una società totalmente privata.
Quindi, la scelta del comune di Castelnuovo è furbesca, perché non viene detto chiaramente “chiudiamo l’inceneritore e facciamo la raccolta differenziata”, ma si dice: “Severa è andata allo sfascio e noi andiamo sul mercato e valutiamo altre possibilità”. Il che, da un certo punto di vista, ha anche un senso, però fare soltanto questo significa rimanere su un terreno che non credo risolverebbe la questione delle bollette, e che di sicuro non risolve per niente il problema di una raccolta dei rifiuti che abbia al centro la tutela della salute delle persone e del territorio come beni primari.
La “raccolta differenziata” a Castelnuovo…
Qui sotto va un po’ meglio, ma i cassonetti ci sono sempre. A quando il porta a porta?