«Anche tu Saltapasti ci credevi! Saltavi, eri allegro, cantavi con noi… hai sofferto anche te la tua parte in quella guerra che ci doveva far conquistare giustizia …insomma, hai anche te rischiato la pelle …e …per questo, avrebbero dovuto farti un monumento …Sicuro, un monumento a te Saltapasti perchè, come noi partigiani, contadini e popolo, anche tu hai fatto la Resistenza.. e perché, come noi pastori e contadini poveri, appartieni ai più umili della tua specie, a quelli a cui la giustizia è stata sempre promessa e mai data. Invece del monumento, ti hanno dato collare e catena… Rassegnati, dunque, Saltapasti, come mi rassegno io, Giuanin, come si rassegnano gli altri compagni…».
«Ma ti voglio dire anche: il sole dell’aprile continuerà a sorgere, con la sua luce, nel cielo azzurro, nell’aria leggera e tersa, sui boschi e sui pascoli verdi e profumati e in festa di colori, di voli, di canti di uccelli e ronzio d’api… l’aprile è la primavera, e la primavera, a noi pastori, porta la voglia di vivere e la speranza di vivere meglio… non da servi sfruttati e umiliati, ma da uomini liberi… come si cantava nelle nostre canzoni, lassù… sul Poggio di Bedin …ricordi?».
Saltapasti rispose con un balzo che forzò la catena e il collare.
Già alla fine della Liberazione vi era la consapevolezza da parte di molti partigiani che qualcosa non tornava e che i loro ideali venivano disattesi.
A consolidare questa profonda amarezza furono significativi nel giugno del 1946 il decreto di amnistia, firmato dal segretario del PCI Palmiro Togliatti, che rimise in libertà innumerevoli assassini e torturatori fascisti in attesa di processo e nel 1947 la cancellazione (per volontà della DC e del PCI) dalla bozza di Costituzione dell’articolo «Quando i poteri pubblici violano le libertà fondamentali e i diritti garantiti dalla Costituzione, la resistenza all’oppressione è un diritto e un dovere del cittadino».
Una pagina della storia poco gradita alle istituzioni fu la prosecuzione della lotta partigiana dopo il 1945 e fino al 1947 soprattutto in Piemonte, Liguria e Toscana nonostante l’imposizione da parte del governo di deporre le armi.
Al di là delle sterili commemorazioni istituzionali di tutti questi anni è da lì, da quelle migliaia di partigiani che non si piegarono che occorre ripartire per rilanciare la lotta sempre più necessaria contro l’attuale dittatura “democratica” .
Il figlio del partigiano centenario “Passatempo”
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