Anni in trenitalia - Diari senza via d'uscita

a cura di Angelo Maddalena, per una copia cartacea contattate angelo.maddalena@gmail.com

(Come un indice di copertina:)
Prima di partire
Amico treno
15 gennaio 2007: da Rovereto a Parma con l’antisommossa: e se non fosse un sogno?
Dal 10 al 20 febbraio senza biglietto in Eurostar: il mostro è dentro!
19 febbraio da Verona a Torino
1° marzo 2007, Genova, dopolavoro ferroviario
6 marzo a Padova: dopo lavoro ferroviario
Per non dimenticare il 25 giugno a Roma Tiburtina
Chi controlla Trenitalia?


Prima di partire

Questi scritti sono un atto d’amore. E di dolore!
Partono da una profonda passione per un mezzo e un modo di viaggiare tra i più poetici, pubblici (ancora per poco) ed ecologici (ma non troppo, sicuramente più di quello su gomma e cemento sempre più in foga fino alla nausea e alla catastrofe più o meno imminenti)
Partono da una storia personale di deportazione malcelata, vissuta sulla propria pelle, prima inconsapevolmente, poi consapevolmente.
Partono dall’incontro con i deportati economici che tra Sicilia e Belgio (ma anche tra Sicilia e Francia, Sicilia e Germania…) attendono ancora risposta e riscatto e, perché no, vendetta.

Sono stati scritti in un periodo storico e politico in cui i progetti dell’Alta Velocità (TAV in Val di Susa e in Brennero) sono in doloroso corso.

Sono nati anche dall’incontro con realtà della Val di Susa e del Brennero.

Anni prima di questi scritti, l’editore del mio primo romanzo ( o “reportage narrativo”) mi aveva chiesto di scrivere un libro sulle stazioni ferroviarie deserte. In realtà, questi scritti, senza rispondere a quella proposta, per certi versi sviluppano prospettive e paesaggi che stanno “dietro” alle stazioni deserte. Frutto di una curiosità e di una passione struggente verso la scoperchiatura di responsabilità e cause delle stazioni deserte.
Sono da collegare con altri brevi ma intensi precedentemente stampati presso la legatoria Il Tirillò, con i titoli Ahi Trenitalia di dolore ostello, indagine riassuntiva di un anno senza biglietto in Trenitalia, e Lezioni di scrittura cretina.
I mesi seguenti a quelli in cui sono stati scritti sono stati (e continuano a essere) carichi di “stimoli” per osservare il fenomeno Trenitalia (si vedano gli articoli “elitari” di Pietro Citati su Repubblica di venerdì 26 ottobre 2007 e quello di Sandra Mondaini sul Corriere della sera di settembre rispettivamente riguardo ai ritardi sconcertanti dell’Eurostar Milano-Roma e scomodità per gli anziani nelle stazioni; ma anche i frequenti reportage sulle “ferrovie allo sfascio” pubblicati dal quotidiano Libero e le lettere dei lettori spesso pubblicate da L’Unità: certo, molto spesso è aria fritta, fuoco di paglia, pubblicati solo se ci sono “personaggi importanti” sui treni o se a scrivere sono presidente dell’Assopendolari o comunque per denunciare e mai per uscire dalla melma della rassegnazione, perché se qualcuno ci prova, come i pendolari del Salerno-Milano de 25 giugno, subito gli sciacalli “quotidiani” condannano e rabboniscono l’ansia di rivolta a forza di proiettili fatti di parole. Mentre in Francia e in Germania iniziano i primi grandi scioperi dei ferrovieri, provo a stampare questi Anni in Trenitalia, allegandoci piccoli “sussulti” estivi (25 giugno a Roma Tiburtina) e settembrini (Chi controlla Trenitalia?). Senza pretese. Senza vie d’uscita.
Disperazione rabbiosa e indomita
Tanto per dire a chi c’era a chi c’è e a chi ci sarà che qualcuno che non stava a guardare e provava a rompere il velo c’era
Antonio Strano


Amicotreno

Io ho utilizzato la carta amico treno: 90 mila lire e 50% di sconto sui treni regionali (verdi) e 20% sul treno verde (anche se non regionale), io ero pendolare tra Agrigento e Milano, che non era né verde né regionale! Mi accontentavo dei treni regionali tipo Caltanissetta-Ragusa, che prima ce n’era uno che partiva alle dodici meno dieci (bei tempi!) da Caltanissetta e arrivava a Ragusa alle cinque, perfetto, aspettavi un’ora a Gela, ti fermavano gli uomini blu con la pistola nera, poi passavi da Licata – che bella Licata! – e non Vigàta, Li-ca-ta, E ppi lu pisci nni li licatisi, dice una
canzone…

Peccato che i licatesi abitano quasi tutti a mille chilometri almeno da Licata, peccato? Ma no! Lo fanno perché gli piace viaggiare, e rimanere in certi posti anni e anni, perché ci si trovano bene, non perché…Arrivaru i pirati a Palermu, come canta Rosa Balistreri, che è di Licata, appunto…
Niente, a un certo punto il treno delle dodici meno dieci non c’era più, e che ci fa? Noi – quelli delle parti di Caltanissetta intendo - siamo fiduciosi, vuol dire che ci voleva , e allora prendi quello che parte alle cinque, all’alba, e che vuoi di più? E’ l’unico rimasto? Sì, e allora? Ti svegli alle tre del mattino col buio? Vai in autostop fino a Caltanissetta Un giovane fruttivendolo di Barrafranca ti accompagna, parte alle quattro ogni mattina. Vedi che l’economia gira? Fosse per te, maledetta cicala che scrive mangia canta e dorme, a quest’ora staremmo freschi. Anzi, quando mai avresti fatto un’esperienza del genere: il silenzio del mattino, i colori delicati…ma va a cagare! Ecco, se ti viene da cagare lo fai, a quell’ora chi ti vede? Così ti ricordi di com’eravamo, gente che cacava per strada, si svegliava alle tre del mattino per lavorare sotto terra…Ora no, è finito tutto quel trambusto, possiamo solo ricordarlo, con un senso di liberazione, e se non ci fossero treni “rari” e “mattinieri”, non potremmo neanche ricordarlo…Grazie Dio, anzi, grazie amico treno!

La mafia è…

La mafia è quando alla stazione di Torino c’è una megastanza costata chissà quanti soldi (anche comunali) per propagandare una linea ferroviaria tra Torino e Lione, e c’è scritto Punto Informativo, invece che Punto vendita!

Italferr

La mafia è quando incontri un tuo compagno di Scuola che ti vuole convincere che tu sei un idealista, perché non capisci che è giusto costruire una tratta ferroviaria e te lo dice dopo averti detto che lui lavora per una delle principali società promotrici di quella tratta ferroviaria, tratta ferroviaria definita da alcuni docenti universitari “clamorosa bugia”, passibile del reato di truffa ai danni dello Stato (qualcuno lo chiama Modello TAV, di cui l’Italferr è una delle “principali” promotrici ed è la società per cui lavora il compagno di scuola)


Da Rovereto a Parma con i poliziotti antisommossa, e se non fosse un sogno?

Il 15 gennaio vado a Trento all’incontro con Luca Mercalli organizzato dallo spazio aperto noincneritorenotav di Trento Rovereto e Bolzano.

Il 17 di gennaio da Rovereto prendo il treno per Sarzana, alle 10, 45 del mattino o alle 9,45, è il treno per Parma se non ricordo male. Subito prima di Mantova, quindi dopo Verona, passa il controllore. Non son sicuro se è lo stesso di quello che è passato prima di arrivare a Verona, ha anche lui i baffi e e carnagione chiararosea e capelli castani. Questo particolare sarà importante nel prosieguo del viaggio per capire un meccanismo che condiziona lo sviluppo di altri immediatamente successivi. Ed è il meccanismo della "sinceritàingenuità" a tutti i costi, sostenuta in questo caso da questa somiglianza che mi ha indotto a evitare di dire che ero salito a Verona, mentre dicendo di essere salito a Rovereto, per ragioni che conoscono i meno distratti, può probabilmente comportare associazioni e conseguenze di un certo tipo.

Comunque, a Mantova mi fanno scendere e chiamano la Polfer, perchè documenti non ne ho. Arrivano in quattro. Quello che sembra il capitano (o colonnello o generale o maresciallo) mi chiede subito nome cognome e data di nascita. Poi parlotta col controllore, il controllore mi chiede dove sono salito e io rispondo "A Rovereto", pensando che lui sia lo stesso di quello che avevo visto prima di Verona e quindi rischiando di essere accusato di falsa testimonianza (da leggere: Il poliziotto e la maschera, Paulo Freire, EGA, Torino, ma non son sicuro che la casa editrice sia EGA, forse la meridiana). Mi portano all'ufficio che da sul marciapiede del primo binario, uno di loro, centrosudicio, alto, smilzo, poi scoprirò essere l'appuntato, durante il tragitto,comincia a dirmi che pagare il biglietto è una cosa doverosa e che se non mi piacciono i treni posso evitare di prenderli. Cerco di rispondere cortesemente e ingenuamente. Mi chiedono di spiegare le mie motivazioni, dico che possono leggere una copia del pieghevole che uno di loro ha in mano. Sempre l'appuntato prova a punzecchiarmi. Dice che rispetta la mia protesta ma dovrei pagare il biglietto oppure non prendere il treno. Mi dicono di fare vedere il contenuto della mia borsa di stoffa. Rispondo che non mi possono perquisire, il capo coi baffi dice che non mi perquisiscono, che è un controllo di sicurezza e non mi toccheranno il corpo, basta che io metta le cose sul ripiano di legno che c'è nell'atrio, una mensola, una specie di davanzale. Faccio quello che mi dicono. Uno di loro mi invita a tirar fuori tutto quello che ho in tasca. Forse anche perchè io ingenuamente, invece di dare l'impressione di aver tirato fuori tutto, mi tocco ancora le tasche. Tiro fuori tutto e nel tutto c'è un bigliettino da visita e una custodia di fototessera di similpelle bianca. Dentro la custodia il milite scopre che c'è la carta di identità. Dice che "Finalmente l'ha trovata", la butta su un tavolo e dice ironico "Gentilmente ce l'ha consegnata", per farlo sentire anche agli altri e soprattutto al capo che si trova nella stanza attigua. "Come mai non ce la volevi dare?", mi chiede, io cerco di far capire che avevo dimenticato di averla presa, ma non viene fuori bene la cosa, qualcosa resta in sospeso, sospettano, il capo e gli altri trafficano nell'altra stanza per una buona decina di minuti o forse più. Altre due volte fino ad ora mi era capitato ma nè tutto questo tempo nè perquisizione, lo faccio notare al capitano, il quale mi dice che èloro dovere, non sanno chi sono io e si devono accertare. Dopo un pò me ne vado. Intanto l'appuntato ha rinnovato qualche battuta e qualche raccomandazione prima di andarmene. Mi ha anche detto che i treni sono schifosi, che lui non li prende mai anche perchè ci sono tanti barboni che dormono nei treni e quindi lui non lo farebbe mai di sedersi nei sedili "inquinati" dagli sporchi barboni che a suo dire popolerebbero i treni italiani come un esercito (Ma unni michia su tutti sti minchia di barboni? Forse vorrebbe dire Cimoli, Catania, Moretti, Montezemolo, Benetton? Loro sì che “inquinano” i treni italiani!)

A Parma scendo per cambiare treno. Ci sono due poliziotti sul marciapiede e, a pochi metri, altri due o tre in tenuta antisommossa: casco azzurro manganelli ecc. Mi sembra un sogno. Salgo sul treno. Mi viene voglia di chiedere come mai la tenuta antisommossa. Intanto sul mio treno salgono due poliziotti (quelli di ordinanza, penso). Dopo la partenza vado in bagno e i due sono dietro di me. Esco dal bagno e sono davanti la porta. Vado a sedermi e sono nel corridoietto e guardano per un pò verso di me o comunque all'interno del mio vagone. Quella notte per la prima volta in vita mia sognerò i poliziotti, ma è un ricordo quasi ossessivo più che un sogno. Niente paura o sensazioni ossessionanti, solo immagini e una sensazione di presenze coercitive e militarizzate.

Il giorno prima avevo parlato con una ragazza che mi aveva raccontato di quando non pagava il biglietto del treno tra Padova e Venezia, o una cosa del genere. Mi aveva detto che dopo aveva smesso anche perchè si era stancata di sognare controllori. Mi ero detto e le avevo detto che anch'io prima avevo fifa dei controllori, ma da quando ero uscito allo scoperto non avevo più paura. Invece quella notte, tornarono i fantasmi...ma dei manganelli e dei caschi, non dei controllori!


Il 17 siamo a Vicenza, il 18 a Folgaria a una passeggiata in montagna contro il progetto di altre piste da sci.

19 febbraio 2007, sul treno da Verona a Torino. Fino a Milano, stipati come le bestie o quasi, sull'Intercity, il controllore passa ma non chiede biglietti. Cinquanta minuti di ritardo. Poi, dopo Milano, che il treno quasi si svuota, ce li chiede. Diciamo le nostre motivazioni, io e Donata. Anche Andrea., che ha il biglietto, dice la sua. Cinquanta minuti di ritardo e cose così, dice Andrea. Donatella dice che pur avendo fatto il biglietto, sull'Intercity, non sei sicuro di sederti. Il tipo dice che occorre la prenotazione. Io dico che l'aria è fredda, lui dice che è condizionata. Chiama il poliziotto perchè nè io nè Donatella abbiamo il documento. Diciamo che scenderemo a Torino Porta Nuova. Io prima dico al controllore che i soldi che Trenitalia ha dato a Cimoli mi sembrano più che esagerati, che offendono la dignità di tutti, viaggiatorideportati e ferrovierischiavizzati. Lui sogghigna e dice che abbiamo ragione ma deve fare il suo lavoro. A. dice che per andare a fare il reclamo nessuno di noi è pagato, mentre loro ( i controllori) sì, che dobbiamo togliere tempo alla nostra vita per chiedere il rimborso. Il poliziotto arriva, ci dice che è cosciente dei soldi di Cimoli e che è un'ingiustizia, ma "siamo in Italia". Il controllore mi dice che una signora gli ha chiesto di esprimere un suo parere ma lui ha detto che non può

farlo e che a quelli che lo hanno fatto al programma Report li hanno licenziati. Io dico che è uno stile militare. Lui dice che succede anche in Banca. Arrivati a Torino Porta Susa scendiamo. Il controllore non ci vede, il poliziotto in borghese sì, ci chiama con un fischio da lontano, noi continuiamo a camminare, anzi a correre, siamo lontani, noi.


Dal 10 al 20 febbraio senza biglietto in Trenitalia

Da qualche mese ho sfondato la barriera della paura, ho iniziato a i viaggiare sugli Eurostar. Odio farlo ma ne sono costretto, e in più è un valido osservatorio di come funzionano certi meccanismi su treni per certi versi “insospettabili”. Da gennaio sono aumentate le tariffe. Io pensavo che sugli Eurostar i controllori sarebbero stati feroci. Niente di tutto questo. E' più facile degli altri treni, su circa dieci viaggi solo due o tre volte sono passati per chiedere il biglietto, o non me lo hanno chiesto o gli ho detto che lo avevo già mostrato o una cosa del genere. Una volta un controllore (Eurostar Bologna-Brebbero, 13 gennaio, ore 20 partenza da Bologna, o da Parma o da Modena, non ricordo bene) ha solidarizzato informalmente quando gli ho detto dello sciopero del biglietto al quale aderisco, anche se ha detto che era una scusa per non pagare, ma se ne è andato, non è stato né molesto né troppo moralista, un po' meschino sì però. E' questo una sorta di laboratorio per smascherare i terrorismi psicologici collegati al marketing delle grandi Aziende tipo Trenitalia. Un po' come i servizi giornalistici di Fabrizio Gatti dell'Espresso che si è finto deprivato di cittadinanza italiana e si è intrufolato in un Cpt o come certi servizi giornalistici che tendono a dimostrare la falsità e l'inefficacità sostaziale dei controlli sugli aerei. Vorrei raccontare tre episodi compresi nell'arco di tempo indicato nel titolo. Uno è grave, e dice di arroganza e di sopraffazione, di meschinità di persone in divisa pagate da Trenitalia, uno è un capotreno, un altro un controllore. Siamo sull'Eurostar Milano-Roma credo, purtroppo non ricordo l'esatto orario di partenza da Milano per eventualmente identificare i tipi. Un venerdì mattina, credo giorno 9 febbraio L'arrivo a Firenze è avvenuto intorno alle 14,00. Dopo esser salito mi trovo un posto (l'indomani a una mia amica, ah ecco, l'ora di partenza del treno da Milano è le 11,00 o le 10,55, quindi stavo dicendo, l'indomani a una mia amica che voleva prendere l'Eurostar delle 9,00 per Firenze da Milano, le dicono in biglietteria che tutti i posti sono prenotati, a me non è mai capitato di trovare un Eurostar pieno, almeno dieci posti liberi a vagone li ho trovati sempre, meglio non prenotare, oltre che non pagare?! E' anche questo un condizionamento da marketing, della serie se non prenoti non esisti, se non paghi prima non viaggi?)

Il controllore passa un paio di volte. La prima volta io vado verso il bagno, trovo tre bagni “difettosi”: in uno non c'è acqua, in due c'è scritto fuori servizio. Mi sembra un po' strano, non siamo su treni regionali o interregionali da baraccati, qui si paga, e anche salato, a giudicare dagli aumenti delle tariffe di gennaio. Una signora davanti al bagno degli uomini dice che in quello delle donne c'è scritto “Fuori servizio” (scritto a mano, tra le altre cose, cioè a penna direttamente sulla porta!), sta aspettando che esca un'altra signora. Quando esce l'altra signora la signora che aspettava entra e controlla se c'è acqua, dice di no e si rifiuta di utilizzarlo e va a sedersi al suo posto rassegnata. Forse l'altra signora cerca di convincerla che l'acqua c'è e lei entra nel bagno, non ricordo bene, comunque la situazione mi sembra abbastanza grave da destare un minimo di rimostranza. Non registro particolare volontà di farlo nella signora. Mi incarico io della cosa e informalmente segnalo i “guasti” al controllore che sta passando. Lui mi dice che provvederà e mi chiede se ho il biglietto. Gli dico che ce l'ho al mio posto e lui mi dice che poi ripasserà. Più tardi ripassa ma non mi chiede nulla. A un certo punto mi alzo e vado verso la testa del treno. Mi fermo a chiedere a un ragazzo che ha un computer portatile se sta scrivendo un libro. Lo avevo visto prima passando e mi aveva incuriosito perchè avevo visto che la pagina iniziava con la dicitura tipo “Capitolo I”. Lui risponde che sta corregendo le bozze. Fa il giornalista. In quel mentre da dietro mi sento toccato e chiamato. E' il controllore che mi chiede il biglietto. Gli dico che ce l'ho al mio posto e lui dice “Andiamo ti seguo”. Passiamo davanti al bagno che gli avevo segnalato e lui apre la porta. Fa scorrere l'acqua dal rubinetto, non ricordo se ne scorre tanta o poca o niente, lui velocemente dice che il bagno funziona come ad accusarmi di falsa testimonianza. Lungo il tragitto vedo seduta la signora. La supero, e qui forse sbaglio. Intanto ho già accennato al tipo del mio sciopero del biglietto. Lui fa una faccia come per dire che l'aveva capito (che ero uno sporco scroccone!). Dico che vorrei fermarmi dalla signora per chiedere e darle una copia del pieghevole Allarme agli ammutinati delle strade ferrate. (prima, fino a qualche mese fa, non davo fotocopie, mostravo l'articolo da me scritto e pubblicato da Carta a febbraio del 2006 e un biglietto costruito da me con scritto brevemente le motivazioni del non pagamento del biglietto), lui mi dice che lo farò dopo, che ora devo andare con lui, e mi dice che è inutile dare alla signora il pieghevole perchè lei se ne fregherebbe. Lo dice con tono realistico e cinico e stronzo ma in parte ha ragione. Siamo su un Eurostar! La gente paga e schifìa per viaggiare su questi treni, se ne frega a priori se qualcosa non va, gli importa essere trascinata come pacchi di merda da un posto all'altro e andarsi a dimenticare di esistere, figuriamoci se può interessare loro un pieghevole che chiama all'ammutinamento delle strade ferrate. Forse magari però sarebbe servito a comunicare un minimo le mie ragioni, ma è andata così.

Lui intanto mi dice di prendere le mie cose perchè il capotreno si trova in fondo e mi fa capire che non tornerò al mio posto, e questa è cosa prevedibile. Comincia a provocarmi dicendo cose del tipo "Tu non me la conti giusta", "Mi volevi prendere in giro" e cose così. Mi dice che lui si è svegliato alle quattro del mattino e deve fare il suo lavoro e io gli sto rompendo i coglioni. Anche il boia fa il suo lavoro, come dice Marco R. e diceva qualche volta anni fa ai controllori che lo trovavano senza biglietto e gli dicevano che loro dovevano fare il loro lavoro. (E qui bisognerebbe leggere La banalità del male di Hannah Arendt)

Arriviamo dal capotreno, uno stanzino minuscolo che si trova tra due vagoni di prima classe, o meglio attaccato a un vagone di prima classe, che superiamo prima di arrivarci. Dopo non ricordo se c'era un altro vagone di prima classe. Comunque sedili rossi sfolgoranti silenzio asettico e assordante, quasi soffocante, tutti seduti e incomunicativi. Mi chiude dentro e comincia a sollecitare il mio sistema nervoso raccontando a suo modo la situazione al capotreno. Tutti e due hanno la mia stessa età più o meno. Cerco di difendermi, il capotreno butta uno sguardo, senza leggere minimamente, sul pieghevole che gli porgo. L'altro tipo, che fino ad ora ha rifiutato di leggerlo, me ne chiede una copia fingendo curiosità. Il capotreno (con la barbetta e i capelli ricci, a differenza dell'altro più o meno ariano: occhi azzurri quasi vitrei da tedesco da campo di cocentamento e capelli biondi corti o comunque castani molto chiari) dopo un pò dice che lui si è alzato alle quattro del mattino (n'atra vota: ma che minchia se la imparano a memoria la scenetta!), e io gli rispondo “anch'io”, lui mi dice “non me ne importa”, si alza e comincia ad assumere un tono arrogante, dicendo parole offensive, io gli dico che gli sto fornendo e proponendo motivazioni, non li sto prendendo in giro, cerco di dire che non stavo scappando, che la signora potrebbe testimoniare e altre cose, lui per tutta risposta mi dice, stropicciando e buttando alle spalle il pieghevole, che se ne frega delle mie motivazioni, io alzo la voce e gli dico che non si deve permettere di comportarsi così nei miei confronti e di alzare il tono della voce in quel modo. A sto punto l'altro interviene per evitare il peggio, il capotreno allora mi invita (malamente) a uscire e di aspettare fuori che arrivi la polizia. Io mi metto fuori e dopo un pò arriva il poliziotto di ordinanza. Nell'attesa il tipo biondiccio mi provoca dicendo che le cose che io dico e scrivo sono stronzate. Prova a chiudere la porta che da sul vagone di prima classe con la gente seduta che qualcosa sente perchè le voci nostre sono un pò animate. Lui non riesce a chiudere subito allora io mi sposto oltre la porta e inizio a rivolgermi alla gente seduta. Dico che ci sono tre bagni fuori servizio, chiedo se i signori e le signore che stanno viaggiando sono al corrente. Una mi risponde con una smorfia e poche parole per dire che non s'è accorta. Il tipo mi dice che sto facendo un comizio. Io gli rispondo che se pensa che dico stronzate allora è bene farlo sapere quello che lui mi dice. Arriva il poliziotto in borghese. Mi comincia a dare del tu con un tono confidenziale ma anch'esso un pò viscido, seppur non troppo, meno degli altri due sicuramente. Dico che non ho il documento. Che sono un giornalista sociale e ho la tessera NIP del CNCA, ma non ce l'ho dietro. Cerco di spiegare che sono stato maltrattato psicologicamente. I due tipi di prima un pò si riaccquattano e cercano di spiegare le loro ragioni. Cercano di buttarla sul leggero aiutati anche dal poliziotto che mi punzecchia sebbene meno duramente degli altri due. Il biondo mi provoca facendo notare che ho sbagliato un congiuntivo con tono canzonatorio. Gli dico che lui sa coniugare soli i verbi della schiavitù e fa quello che sta facendo perchè protetto da una divisa e coperto da uno stipendio e si dovrebbe vergognare. Cerca di buttarla sul confidenziale dicendo che se ci vediamo fuori possiamo anche andarci a bere una birra. Poi torna a fare il viscido. Gli dico che non voglio che mi rivolga più la parola. Il poliziotto cerca di intimidirmi dicendomi che se non gli do il documento a lui e poi lo do alla centrale della Polfer di Firenze sono cazzi. Mi fa lo sguardo torvo e minaccioso. Io dico che sono tranquillo e non ho motivo di fare una cosa del genere. Non ho il documento e basta.

Arrivati a Firenze vengono a prendermi tre uomini in divisa e scendono anche i due uomini in giacca verde giovani solo nel corpo. E scende ovviamente anche il poliziotto in borghese. Uno dei poliziotti mi fa delle domande non molto provocatorie. Mi chiede cosa faccio e dico il giornalista sociale. Poi dentro alla centrale mi fanno compilare il modulo di autoidentificazione. Mi fanno tirare fuori le cose dalla mia borsetta di stoffa. Alcune copie dei miei cd, una copia di un giornale con un mio articolo e qualche copia del pieghevole degli ammutinati. Mi fa notare che potrebbero essere troppe, dico che cinque copie non mi sembrano troppe, fossero cinquecento allora sì'! Lui se le porta in un'altra stanza. Intanto firmo e compilo il modulo. Un ragazzo in divisa di circa ventitrè anni rimane con me. Parliamo un pò. Lui è pugliese, sta studiando giurisprudenza. Ha una faccia più dolce del miele. Succube? Vittima? Carnefice? Che cazzo ne so? Che cazzo ne sa? E' lì ed è un fatto, punto. Alla fine mi consegnano i pieghevoli, pensavo me li sequestrassero, i due uomini verdi giovani solo fuori sono spariti, anche l'altro poliziotto in borghese, e anche gli altri agenti che mi erano venuti incontro. Un altro in borghese che sembra tranquillo mi riconsegna i pieghevoli, mi salutano, li saluto e me ne vo.


1° marzo 2007, Genova, dopolavoro ferroviario

Cerchiamo di riassumere, ansiosi di farlo e un po’ impacciati dall’ingorgo delle tante emozioni. Anche il viaggio per arrivare a Genova richiederebbe qualche riga. Ma sicuramente due elementi da appuntare. Il controllore che ci dice “Non mi importa se pagate, ma non mi dovete prendere in giro, tanti non pagano, marocchini, ex detenuti usciti dopo l’indulto, non mi frega niente, lavoro per i soldi, potete anche non pagare”. E’ un bonaccione, specchio della Serva e Grottesca Italia già ridotta male ai tempi di Dante (Ahi serva Italia! Di dolore ostello!) e di Leopardi che ne scriveva in alcuni suoi Canti. Sarebbe da descrivere meglio anche l’incontro accidentale con due pseudotossici che vendevano sul treno e che si erano “associati” a noi per convenienza, ma più onesto era quello che non ha voluto leggere il pieghevole Allarme agli ammutinati delle vie ferrate, più furbo e viscido l’altro che lo ha preso per utilizzarlo come scudo per non pagare il biglietto. Ma non indugiamo troppo. Un incontro interessante anche con Paola, una scrittrice romana che abita a Parigi e ci parlava di situazioni ferroviarie all’estero e dell’opportunità di creare collegamenti e coordinamenti. Devo confessare una cosa inquietante. E cioè che è molto bello incontrare persone come lei, mi era capitato sul treno Bergamo-Brescia e sul Milano Bergamo, in quello tra Bergamo e Brescia ho anche sospettato (inquinamento da cinismo psicologico o realismo esasperante ma opportuno visto i tempi che corrono, 270 bis e Legge Pisanu compresi?!) del tipo che ha voluto il testo per farlo vedere a quelli di una radio indipendente di Brescia. A Genova arriviamo in tempo per l’inizio della conferenza e dei festeggiamenti. Faccio un intervento e raccolgo non pochi consensi. In particolare da parte di Dante De Angelis col quale ci diamo appuntamento a Padova dove ci sarà un’assemblea di ferrovieri e dove io a sera presenterò il libro Ahi Trenitalia di dolore ostello alla libreria Kaosmosi. Alla fine non riesco a mangiare quasi niente perché Dante mi chiama per dirmi alcune cose circa la possibilità di coordinamento di sciopero del biglietto nei giorni di sciopero dei ferrovieri. Una ragazza mi chiede mail e altri riferimenti perché stanno facendo un videodocumentario. Una donna che avevo scambiato per la moglie di Dante perché teneva sulle gambe il figlio di Dante, tale Maria, mi chiede la mail. E’ una capotreno della linea Viareggio e dintorni. Poi mi dirà anche che hanno costituito un comitato di solidarietà per gli incidenti sul lavoro e che prende il nome di un ragazzo annegato in un cantiere navale di Viareggio o di Spezia, non ricordo bene. Intanto ci chiamano i ragazzi amici delle tipa di prima, Floriana si chiamava. Ci fanno una videointervista di un quarto d’ora. Scambiamo un po’ di mail con altri ferrovieri. Anche con uno dei quattro licenziati dopo la puntata di report e recentemente riassunti. Scopriamo che c’è un capotreno che non fa parte di nessun sindacato e che uno dei quattro licenziati, quello che ci ha dato la mail, è iscritto alla CGIL, che si è allontanato ma ancora non ha consegnato la disdetta, e ironicamente ci dice “Ognuno ha le sue contraddizioni”. Diamo qualche pieghevole del testo Allarme agli ammutinati delle vie ferrate. Dante De Angelis ci da una copia della rivista Ancora in marcia. Una capotreno ci dice che non ci farà la multa se ci incontra.

Tutto bello, ancora è fresca per poterla descrivere con distacco. Alcuni appunti a caldo. Vediamo come andrà a Padova, poi il 13 c’è la manifestazione a Roma dei ferrovieri. Credo che non andrò, ma sono curioso. Io nel mio intervento ho accennato ad alcune cose. Per esempio all’incontro di alcuni contesti, la resistenza interiore (e poi esplicitata), la difesa dello sguardo, rispetto ai falsi “desideri di grandezza” (F. La Cecla) che ci hanno messo sotto pelle negli ultimi decenni, si chiamano Ponte sullo stretto, Tav e cose così. Ora, io a Genova ho respirato una bella atmosfera, l’unica cosa che mi veniva da dire è che ho avvertito il rischio di “folkloristicizzare” gesti individuali come quelli di chi decide di non pagare ed esplicitare il proprio dissenso e la consapevolezza (c’è una tradizione che passa per Thoreau, di disobbedienza individuale, al riguardo), ho avvertito anche il rischio di essere associato a un “pendolare” o a uno dei tanti pendolari che promuovono scioperi dell’abbonamento ( o del biglietto come quello del 31 di marzo). Ora, non è che voglio fare dei distinguo, sono consapevole delle responsabilità comunicativa di cui io sono portatore. E’ stato un bel momento questo per lanciare una corda verso un mondo importante, quello di chi lavora all’interno di Trenitalia. Mi incoraggia e mi da calore la risposta e la situazione respirata. Una delle cose che vorrei rilevare, che non vorrei dimenticare, è che il senso di una protesta che coinvolge i viaggiatori (e non passeggeri o utenti), - non è un caso che abbia ricevuto un applauso gratuito e gradito quando iniziando a parlare ho detto di essere un “viaggiatore”-, deve toccare a mio avviso la dimensione del viaggio di chi non può viverla ed è costretta a viaggiare ed è rinchiuso dentro carceri illegali chiamati Cpt (domani vorrei essere a Bologna alla manifestazione per chiederne la chiusura). E anche il collegamento con i progetti devastanti come le varie Tav, gli sperperi (quanto ci costano i cantieri per costruire le Grandi stazioni?). Cioè, uscire dal gorgo “lavorista” e “personalista”, a Genova ho respirato un’aria molto aperta, anche il discorso sugli incidenti sul lavoro a prescindere dal lavoro ferroviario, è una cosa molto bella. So che sto alzando troppo il livello “utopistico”, o no?

Un caloroso abbraccio a tutti i viaggiatori scomunicati e scomunicanti, Angelo


A Padova, il 6 marzo di mattina, al dopolavoroferroviario, assemblea dei rappresentanti di sindacati base e macchinisti autonomi, per discutere su alcune prospettive “agghiaccianti” dell'”Azienda” (Ahi Trenitalia!), tipo la legge per istituire l'Agente solo, o unico (per saperne di più su questioni simili e annessi e connessi vedi: www.ancorainmarcia.it)

Il mio arrivo è totelmente fuori programma, è uno dei frutti di quella strategia del gaddina ca camina porta la vozza china, cioè camminando s'apre cammino. Tutto ha inizio su un treno tra Firenze e Arezzo, fine febbraio, dove un controllore mi chiede il biglietto della bicicletta e io dico che non ce l'ho allora lui ufficialmente mi dice che devo scendere o pagare il sovrapprezzo (dieci euro, anziché 3,50, per la bicicletta!). Premetto che quasi mai mi hanno chiesto il biglietto della biciccletta sul treno e l'unica volta che l'ho fatto un controllore donna mi ha detto che potevo anche evitare! (di fare il biglietto per la bicicletta)

In Toscana, la dolce Toscana, per ben due volte, tra Lucca e Firenze, e tra Firenze e Arezzo, due controllori mi fanno scendere per mancanza di biglietto della bicicletta! Verrebbe da ridere, soprattutto se si pensa agli orologi che non funzionano nelle stazioni e non c'è scritto “Guasto”, avevo pensato di aver perso un treno credendo che l'orologio funzionasse, poi ho chiesto a un ferroviere e mi ha detto che il treno doveva ancora arrivare e l'orologio era avanti di mezz'ora!; ma viene da ridere, piangere e urlare e scrivere se si pensa a tutta una serie di magagne che Trenitalia trama ai danni dei suoi “utenti” o “passeggeri” (non chiamateli viaggiatori!), e per questo rinvio a pagine di giornali comeLa Talpa di Milano, il già citato Ancorainmarcia, gli articoli di Pippo Gurrieri su Sicilia Libertaria Umanità Nuova e altri ancora. Ma soprattutto al pieghevole Allarme agli ammutinati delle vie ferrate che potete trovare al Porfido a Torino e in alcuni banchetti NOTAV.

Ma torniamo a Padova, anzi, al come ci ero arrivato. Sul treno poco prima di arrivare ad Arezzo un signore seduto accanto a me mi aveva invitato ad andare a parlare con il controllore di chiedere un compromesso. Io ero andato e il compromesso era stato raggiunto: invece di maggiorare come “ufficialità” voleva di 8 euro il biglietto della bicicletta, ecco che il mistico controllore tira fuori dal berretyo magico un biglietto chilometrico da 20 chilometri, 1, 70 euro al posto degli 8 ufficiali! Lo ringrazio e gli faccio notare che i suoi colleghi erano stati meno indulgenti, lui dice qualcosa tra l'ufficiale e l'ufficioso, non so perchè viene fuori la storia dei ferrovieri licenziati dopo la puntata di report e lui mi dice che sono stati riassunti e il 1° marzo a Genova ci sarà una festa per festeggiarli.

Eccomi giunto a Genova, ma di quella giornata ho già raccontato. E anche dell'intervento in cui dicevo che a Padova il 6 marzo presenteremo il libricino “bianco” ( o meglio bianconero!) Ahi Trenitalia di dolore ostello, al che Dante D. mi dice che la mattina al dopolavoro ferroviario di Padova ci sarà un'assemblea, ed eccoci qui.
Arrivo in anticipo, o quasi. La riunione inizia alle dieci. Nella sala dove ci dovrebbe essere qualcuno non c'è nessuno. Un ferroviere (Uomo della ferrovia è la canzone che ho scritto pochi giorni fa appena giunto alla stazione di Milano da Torino)in giacca a vento blu trenitalia che prima o poi me la faccio dare una che mi piace secondo me l'ha disegnata uno stilista bravo per dare questo aspetto autorevole elegante e credibile a chi la indossa, magari per non far vedere né immaginare le magagne dell'Azienda, ecco, il ferroviere mi aiuta a trovare la stanza dove ci sono gli Rsu, Rls e altri rappresentanti di base che non ci ho capito bene in mezzo a tutte queste sigle. Entro nella sala e ci sono almeno una decina seduti attorno a un tavolo. Riconosco solo uno sulla settantina, energico e vispo, Ezio G. credo si chiami ed è tra i promotori della rivista Ancora in Marcia. Lo avevo già visto a Genova. Cerco di individuare altri volti noti, per esempio quello di Dante D., vedo uno che potrebbe somigliare a lui ma è più corpacciuto, in comune ci hanno solo la barba. Per chi volesse sapere di più sul suo volto e sulla sua vicenda veda il numero 2 della rivista ancorainmarcia, c'è una sua foto in copertina. E' quell'eroe senza macchia e senza gloria che si è fatto licenziare per essersi rifiutato di utilizzare il famigerato VACMA (o dell’Omo morto), un pedale antifrenante da schiacciare ognii 59 secondi per evitare che il treno si fermi. Da quello che ho capito servirebbe all'”Azienda” per vigilare sull'”attenzione” dei macchinisti! (maggiori informazioni in merito vedasi in riviste già citate)

Credono che io sia un macchinista. Io mi siedo ora qui ora lì in base a chi parla per vedere bene il volto del parlante. Io vorrei provare a fare un riassunto. Così, a naso. Le cose che mi colpiscono sono:

1)allusione a situazioni inquietanti circa le condizioni igieniche dei treni, si parla di una “saponella” che potrebbe essere letale per chi la usa. Non so se si riferisce ai bagni delle locomotrici, quindi riservati ai macchinisti, oppure anche ai bagni per i viaggiatori (o passeggeri o utenti!) Vorrei vederci chiaro
2)La testimonianza di un tipo che voglio ricontattare perchè ho la sua mail, il quale racconta di tre visite psichiatriche alle quali l'Azienda lo ha sottoposto perchè, da quello che ho capito, si lamentava in modo troppo “nervoso” (anche qui vorrei vederci chiaro)
3)sempre su quest'onda un macchinista parlava dell'opportunità di rivolgersi per alcune istanze legali e di diritti civili non rispettati dall'Azienda alla Corte Europea peri diritti umani.
4)Una testimonianza di un giovane ferroviere era interessante per l'accenno alla tachicardìa che lui accusa durante e dopo i turni di notte e di giorno prolungati, quindi con scarso tempo di riposo e sonno
Ci sarebbero diverse cose interessanti da segnalare, dalla rivista La talpa di Milano, portata e promossa da un macchinista che si rifiuta di usare credo il VACMA con pressioni e abbassamenti di stipendio da parte dell'Azienda, come diceva uno che lo ha presentato. Uno dei più agguerriti macchinisti, M.M., di Bolzano, raccontava e diceva cose molto forti. Per quanto riguarda il collegamento con i viaggiatori di cui io portavo alcune notizie (sciopero del biglietto del 31 marzo in Toscana e speriamo anche altrove ecc.), solidarietà coi macchinisti e quant'altro, è venuta fuori la prospettiva e possibilità di collegarsi alle Associazioni dei consumatori. M.M. Dovrebbe venire a Bolzano al corteo contro il TAV del Brennero (BBT, Basel Brenner Tunnel!, Tunnel di Base del Brennero) per esporre un po' di questioni dei macchinisti e dei ferrovieri. Ho scambiato un po' di mail e dato un po' di copie del libricino bianco e nero Ahi Trenitalia di dolore ostello!, a Milano il 22 quando presenterò libri e canzoni alla libreria Calusca spero ci sia anche il tipo che aveva il giornale La Talpa .
Potrei dire altre cose sulle prossime assemblee nazionali di ferrovieri, una il 13 marzo a Roma, poi a metà aprile e l'8 maggio per presentare un Libro bianco sulla ferrovia a Roma.
Le mie impressioni: all'inizio della discussione ci sono state un po' di comunicazioni animate perchè c'era un tipo Rls della Cgil credo e si sentiva attaccato quando M.M. Di Bolzano e altri denunciavano le connivenze dei confederali. Un ragazzo giovane, credo ferroviere, diceva che il linguaggio del tipo toscano “saggio e veterano” era da anni '80 e bisognerebbe trovare nuovi linguaggi e nuove strategie. Però non ho seguito bene il suo intervento. E' chiaro che la situazione è delicata, ci sono divisioni e cose del genere, Roberto, uno degli Rls presenti diceva che i macchinisti sono quelli che denunciano di più perchè sono con l'acqua alla gola, “quando anche le altre categorie arriveranno con l'acqua alla gola si alleeranno”. Comunque...Sono ottimista, anche perchè novello a questi ambienti e entusiasta di averli avvicinati e incontrati.

Note a margine: dopo la riunione siamo andati a mangiare alla mensa dei ferrovieri e uno di loro, R. T. di Roma, mi ha offerto il pranzo gentilmente, aveva il buono pasto e a ha aggiunto un paio di euro credo perchè lui ha preso primo e secondo, io solo secondo e insalata. Anche lui ha fatto un bell'intervento. Mi sentivo bene a camminare lungo i binari e nel sottopassaggio con loro, quasi quasi mi faccio ferroviere!

Abbracci ai naviganti, e mi raccomando, sempre in mente e nel cuore e nella chitarra L'infinito di Leopardi, che ho musicato ultimamente e vi voglio fare ascoltare. Sempre caro mi fu quest'ermo colle...
Due ferrovieri, quello giovane trevigiano che parlò di tachicardìa, e uno pensionato che ha voluto una copia del mio libricino, mi hanno detto che scrivono(il primo) e cantano (il secondo) musica medievale! Il primo forse viene domani a Treviso alla serata di racconti e canti.


PER NON DIMENTICARE IL 25 giugno 2007, a Roma Tiburtina,

Quattro del mattino
O quattro e mezzo
Poco importa
Ancora una volta si è chiusa una porta
E forse anche un portone
In faccia a chi continua a sopportare
Il giogo
Il gioco insopportabile.
Eppur c’è chi sopporta
E si chiude ognor la porta

Venticinque giugno, cento o duecento uomini e donne viaggiano su un treno che parte da Salerno per Milano. Sono più di cento o duecento quelli che viaggiano. Ma sono cento o duecento quelli che non hanno il biglietto “in regola”. A Roma Tiburtina scendono perchè i controllori li invitano a pagare il biglietto, cioè a mettersi “in regola” (hanno il biglietto pagato fino a Roma, dovrebbero andare però fino a Bologna, o Milano, o Firenze o Torino). E invece di allontanarsi si siedono sui binari (i motivi per fare un gesto simile sarebbero tanti ma in questo caso si tratta di una convenzione tra la regione Campania e Trenitalia non rinnovata) Qui uno “spirito della memoria” potrebbe ricordare che cambiano i nomi, le destinazioni, ma le condizioni rimangono: “deportati economici”. Così chiama Anne Morelli le “tonnellate”di donne, uomini, cugini e parenti che arrivano in Belgio all’inizio degli anni ’50, subito dopo il Patto Italo-Belga (l’espressione “tonnellate” è di Santocono, e si trova nel suo romanzo Rue des italiens). Oggi, fatte le debite proporzioni, viste le condizioni di trasporto, come dovremmo chiamarci (io utilizzo almeno una volta al giorno un treno regionale, quindi mi reputo nella stessa condizione di quelli che sono scesi e si sono ammutinati a Tiburtina)? Ma senza scomodare la memoria, basta guardare le parole usate da Libero, il Corsera, la Repubblica (tra gli altri si veda il capolavoro di viscidità di Gianluca Nicoletti, credo su la Repubblica)...Le parole sembrano riferirsi a bestie viaggianti. E paganti. Il messaggio dei “giornalisti” era chiaro (e veniva da Montezemolo, Benetton e altri baroni che stanno dietro ad Aziende come Trenitalia ed RFI): voi dovete limitarvi a farvi trasportare, dai luoghi di residenza a quelli di lavoro (ricordiamo che la parola lavoro deriva dal termine tripalium, strumento di tortura medioevale, da cui travagliu, in siciliano, trabaho in spagnolo, travail in francese...); dovete pagare e sottostare, e qualunque vostra lamentela, o la incanalate nei canali della “democrazia” (partiti, associazioni, comitati di pendolari ecc.) o vi ricordiamo a suon di frusta (travestita da quotidiani e articoli, commenti e giudizi travestiti da cronaca) che i padroni tirano le fila, e voi, oltre a pagare, potete solo sottomettervi, cioè sopportare il giogo, e pagare, pagare....fino a quando...

Uno dei tanti “trasportati” che non vuole più subire frustate e frustrazioni


Sarebbe bello, per “festeggiare” il gesto dei pendolari di SalernoMilano, andare nelle stazioni e dire, tipo il 25 di ogni mese:

CI SIAMO AMCHE NOI! SE VOLETE RICORDARCI CHE DOBBIAMO STARE ALLE VOSTRE REGOLE E FAR FINTA DI NIENTE, ECCOCI, SIAMO QUI! CON LE BICICLETTE E I PIEDI, LUNGO I BINARI E SOPRA I TRENI, CON I BIGLIETTI O SENZA, CON I BIGLIETTI CHE NON VI MOSTRIAMO, CON I VOLANTINI, CON LE CHITARRE, I VIOLINI, E TANTA DISPERAZIONE RABBIOSA E INDOMITA


CHI CONTROLLA TRENITALIA?

Nelle ultime settimane l'Unità, Libero e forse altri quotidiani hanno accolto denunce e lamentele, ma anche pubblicato reportage sulle “ferrovie allo sfascio” (questo il titolo della rubrica di Libero in cui si parla dei treni italiani)

Una lettera del presidente dell'Assopendolari all'Unità denunciava un ritardo di 90 minuti sul treno ad Alta Velocità tra Roma e Napoli.

Ormai siamo così assopiti che non ci facciamo più caso, ritirati come siamo nei nostri “orticelli”, succede così che i “giornali” parlano di catastrofi ma ne parlano in modo “neutro”, non ci danno chiavi di volta, anzi, tendono a farci convincere che non possiamo fare nulla per cambiare le cose...Invece io, individualmente, ho visto in questi ultimi anni tante cose cambiare dentro e fuori di me, a forza di “leggere e scrivere” la realtà...

Sono felice di aver ricevuto una mail da una mia amica che ha viaggiato su un Eurostar e mi ha detto che non ha pagato il biglietto, e che un'altra sua amica ha fatto lo stesso addirittura in seconda classe, ieri sul treno tra Modena e Bologna eravamo almeno in tre senza biglietto....Peccato che non tutti riescono a uscire allo scoperto indicando le responsabilità oggettive e denunciando apertamente i motivi della propria astensione...

Il “sentire comune”, devastato da anni di bombardamento mediatico, si è assopito sull'adagio “il biglietto va pagato, perchè se ti si offre un servizio devi pagarlo” (quante volte bocche falsamente ingenue e passivamente complici hanno ripetuto come un rosario queste parole!), e intanto i baroni mangiano le anime e le dignità di noi tutti, “il biglietto va pagato” è come dire “siamo deportati e dobbiamo pagare il biglietto” (si vedano le condizioni sempre più immonde dei servizi di Trenitalia, sotto gli occhi di tutti), meno male che c'è qualcuno, come il mio amico E., che alla proposta di non pagare il biglietto come atto di ammutinamento, disse semplicemente: “Il biglietto va pagato, ma quanto? Il biglietto del treno Milano-Agrigento dovrebbe costare, in base al servizio, tre euro, non cinquanta, allora sì che pagheremmo soddisfatti e rimborsati”. Il problema è che ci siamo fottuti così sfrenatamente la dignità che quando sentiamo gli altoparlanti dire che dal 17 settembre aumenteranno i controlli e le multe per chi non paga il biglietto del treno, non ci viene da pensare e da dire, “ma come?! Dovremmo aumentare noi i controlli e chiedere noi indennizzi a Trenitalia per come ci tratta, e invece è il contrario???!!!”

Mer, 28/11/2007 – 16:16
tutti i contenuti del sito sono no-copyright e ne incentiviamo la diffusione