La crisi dei perdenti

Nei momenti di estrema difficoltà economica, quando la fame si fa sentire e la lama del coltello comincia a tagliare fette di pelle perché il pane è finito, comincia la caccia al capro espiatorio, spesso ci si stupisce di come si possa toccare il fondo del barile e grattarlo. Non è casuale l’incremento esponenziale delle adesioni ai partiti di estrema destra degli ultimi anni, delusi dalle finte sinistre istituzionali tendenti sempre più al modello di democrazia americano, nel quale il partito democratico della sinistra non ha mai saputo che farsene.
Viene in mente l’ultima legge del passato governo che per risanare l’economia in caduta libera ha abolito il catalogo nazionale delle armi comuni da sparo con una mirabolante deregulation inserita nella legge di stabilità. Per l’immissione in commercio di un’arma da sparo, ora non occorre più un autorizzazione, ne il superamento di appositi test che accertino la pericolosità dell’individuo.
Il Far-West è sempre più vicino, come dimostrano i fatti di oggi dove il primo troglodita dal cuore nero, definito dai suoi commilitoni un uomo di “cultura”, colto da follia ha ucciso due persone e ne ha ferite altre tre. Riviste da persone capaci di ragionamenti logici e razionali, queste parole si trasformano nella realtà di un essere con scarsa facoltà di pensiero, ma con tanta voglia di azione che a sangue freddo e con premeditata intenzione ha teso due agguati nello stesso giorno a persone da lui ritenute inferiori o di “razza” diversa. In fine braccato forse tentando un ultimo gesto ligio alla sua mitologia eroica, come un vero superuomo, si è tolto la vita.
I suoi fidi camerati adesso tentano di insabbiare la vicenda liquidando il signor Gianluca Casseri come semplice simpatizzante della benemerita associazione Onlus Casa Pound Italia, nota associazione filosofica e culturale, scuola di elevata forma di pensiero e tradizione. Un puro caso che il signore in questione coltivasse “passioni” come il nazismo, il negazionismo, e i miti celtici e neo-pagani che lo avevano portato a fondare il periodico oltranzista La Soglia, a far parte dell’associazione La Runa, a scrivere articoli deliranti come “Dracula il guerriero di Wotan” e “Il Savio di Alessandria”. “Non ci dite che era un pazzo, perché se lo fosse stato avrebbe ucciso sia neri che bianchi….“ questa la risposta della comunità senegalese all’ennesimo calcio in bocca di un paese razzista, dove l’odio è trasversale a tutti i partiti politici, come dimostra l’adesione e partecipazione di Paola Bragantini, segretaria provinciale del Partito democratico a Torino ed alfiere della costruzione dell’alta velocità. Era presente al corteo formatosi a Torino in zona Vallette, culminato nell’incendio del campo Rom. L’ennesima risposta ad un sentimento di rabbia cieca alimentato dai giornali nostrani su una vicenda creata dalle falsità di una confusa sedicenne. Si chiamavano Samb Modou 40 anni e Diop Mor 54 anni. I due corpi stesi sull’asfalto di piazza Dalmazia, diamo dignità alle salme riportandone almeno il nome. I commercianti del mercato centrale di San Lorenzo hanno fatto una serrata spontanea, in solidarietà alla comunità senegalese colpita oggi a Firenze, sottolineando inoltre che avrebbero prontamente denunciato i giornalisti in caso avessero scritto che la serrata e’ stata effettuata per paura della comunità senegalese.
A caldo i commenti dell’Imam Izzedin Elzir nelle sue dichiarazioni non fa sconti: «È stato un attacco vile, frutto di dieci anni di una parte di politica fatta di odio, fascismo e razzismo». Enrico Rossi risponde in linea trovando analogie con la strage norvegese di Oslo (purtroppo il carnefice in questo caso non potrà scontare la sua vita in un ospedale psichiatrico) : «Non è possibile non pensare che il colore della pelle delle vittime e un sentimento di odio razziale abbiano avuto il loro peso in quanto accaduto. Bisognerà capire bene il quadro entro cui è maturata una cultura di questo tipo. E c’è da chiedersi se non ci siano state da parte di tutti sottovalutazioni di certe espressioni culturali che alimentano xenofobia e razzismo, e di circoli che ne fanno espressamente il motivo della loro organizzazione e della loro attività». Firenze piena di cordoglio da parte delle istituzioni, maschera di facciata per coprire la Polizia di Stato ieri impegnatissima a bloccare i migranti giustamente arrabbiati in corteo e forse, non lo sappiamo, a perquisire le sedi di Casa Pound intente a eliminare ogni genere di prova o affiliazione con l’assassino. Le indagini vanno fatte con molta discrezione, non sono anarchici. Il corteo è stato fermato in maniera ingiustificata prima di arrivare al palazzo del comune dalle forze dell’ordine eccessivamente zelanti nell’uso del manganello. Il blocco del corteo è stato l’ennesimo esempio di cattiva gestione del dialogo da parte delle istituzioni, invece che lasciarli arrivare sotto il simbolo di Firenze, città che ormai si è da lungo tempo dimenticata cosa voglia dire la parola accoglienza ed il significato di parole e gesti.
Il sindaco Renzi invece che disporre forze dell’ordine pronte a caricare i manifestanti e indire dieci minuti di lutto per il giorno successivo avrebbe potuto accogliere la folla e celebrare, cosa in cui eccelle, assieme a loro questo momento di cordoglio. Invece si è scelta la strada più facile e queste persone travolte da razzismo, rabbia, lavoro nero si son viste fermare dagli agenti in tenuta antisommossa che non hanno risparmiato loro qualche manganellata di benvenuto. Ci si lamenta poi dell’integrazione, del fatto che spesso sono diffidenti.
Cosa dovrebbero fare? Ne è dimostrazione il gesto crudo; finché non hanno visto il cadavere dell’assassino non hanno creduto alla sua morte. Qui non si cerca, l’integrazione è un processo scomodo, pare quasi superfluo, in cui bisogna investire e che non da profitto. Cittadini del mondo ritenuti illegali solo perché nati in un paese diverso dal nostro in un mondo in cui il capitale vive della globalizzazione e si cercano di costruire confini e parametri sempre più stretti per farci vivere nella paura del diverso e nel terrore dell’abisso. In tempi di crisi si continuano a spendere milioni di euro nei CIE o centri di identificazione ed espulsione, dove “soggiornano” immigrati sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento con accompagnamento coattivo alla frontiera” nel caso in cui il provvedimento non sia immediatamente eseguibile. Si parla di strutture spesso fatiscenti in cui c’è scarsa attenzione ai livelli di sicurezza e vi sono state molteplici denunce per una mancata individuazione di livelli minimi delle prestazioni da erogare, questo fa ancor più scalpore se si pensa che questi servizi sono spesso gestiti dalla croce rossa italiana o dalla misericordia che ricevono per questo soldi dallo stato.
Sono strutture concepite in funzione di consentire accertamenti sull’identità di persone trattenute in vista di una possibile espulsione, ovvero di trattenere persone in attesa di un’espulsione certa. Nell’ordinamento italiano i CIE costituiscono una novità, prima non era mai stata prevista la detenzione di individui se non a seguito della violazioni di norme penali. A tutt’oggi i soggetti prigionieri nei CIE non sono considerati detenuti, e di norma vengono eufemisticamente definiti ospiti della struttura. Estendiamo la cosa oltre il suolo nazionale, ai campi di concentramento libici. Gli immigrati di origine africana che vengono espulsi dall’Europa, infatti, vengono deportati in tali strutture.
I tre campi attualmente esistenti sono stati parzialmente finanziati dal governo italiano. Il primo è stato costruito nel 2003 e si trova nel nord del paese. I due successivi hanno visto stanziamenti nella finanziaria 2004-2005 e si trovano rispettivamente a Cufra (al confine con l’Egitto) e a Sebha. Tutti e tre si trovano comunque nel deserto. Durante il tragitto da e verso tali campi, moltissimi sono i casi accertati di decessi. Inoltre persone che vi sono state e che sono riuscite a fuggire testimoniano che i secondini forniscono ai detenuti un piatto di riso al giorno e acqua ogni due giorni. All’interno si trovano molte famiglie e molti bambini orfani. Tutto questo riesce soltanto a farci vergognare di più quando vediamo persone così sfruttate, e delle cui condizioni di vita siamo pienamente responsabili.

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