Dibattito e riflessioni su identità di genere e sessualità

Martedì sera, a partire dalle 21 si è svolta l’iniziativa-dibattito organizzato dal Collettivo di Lettere e tenuto dal Gruppo Giovani GLBTI* su identità di genere e orientamento sessuale, iniziativa molto partecipata che ha suscitato una discussione stimolante.
I ragazzi hanno introdotto il dibattito partendo dalla precisazione dei termini:
innanzitutto la definizione di sesso e genere, il primo come espressione di caratteristiche fisiche, biologiche, che distinguono le persone tra il sesso maschile, quello femminile e l’intersex; il secondo come costruzione sociale, che attribuisce una serie di caratteristiche ai due sessi (poiché nella nostra società l’intersex non viene considerato come possibile sesso, ma come patologia), generando i concetti, o meglio gli stereotipi, di mascolinità e femminilità. Da qui è emersa l’idea che lo stesso concetto di norma o normalità non esista di per sé, ma che venga costruito e cambi a seconda del contesto storico e sociale.
Il sesso, le preferenze sessuali e l’identità di genere sono stati rappresentati da delle linee rette (infinite e infinitamente divisibili), sui quali si collocano 3 punti, tra cui però sono individuabili infinite possibilità.

Il dibattito si è sviluppato proprio attorno a questo tema: è necessario incasellare, entro categorie definite, la sessualità, l’orientamento sessuale e il genere? Questa necessità è emersa innanzitutto per motivi pratici, ovvero per fornirci delle definizioni che ci permettano di capirci e di comunicare. Inoltre, essa è risultata come strumento tattico, dei movimenti storici e di quelli attuali, perché persone discriminate ed emarginate a causa del loro orientamento sessuale o della scelta di genere trovassero una propria identità e potessero muovere rivendicazioni politiche e sociali, oltre che reclamare la propria esistenza.
Il rischio che ne deriva, però, è quello di una sempre maggiore suddivisione della società su basi sessuali e di genere, oltre che in altri termini, che crei sempre più gruppi specifici ed escludenti. Da qui la necessità di trovare una strategia che miri alla decostruzione e alla scomparsa di categorie che definiscano gli orientamenti sessuali, il sesso, il genere e che ci permettano di definirci semplicemente come esseri umani.
Una tale strategia può essere portata avanti costituendosi in gruppi settoriali con rivendicazioni specifiche? Si possono scardinare gli stereotipi e le categorizzazioni, rivolgendosi alle stesse istituzioni il cui compito è proprio quello di alimentare tali stereotipi e di varare le norme che garantiscano la riproduzione dello status quo?
Le lotte intraprese negli anni ’60 sono risultate pericolose dal momento in cui hanno tentato di unire le rivendicazioni politiche e le proteste dei lavoratori a quelle delle altre categorie marginalizzate e discriminate, tra cui il Movimento LGBT, che di fatto rappresentava la possibilità di vivere liberamente la propria sessualità e identità di genere, e perciò si poneva naturalmente in contrasto con le norme sociali e culturali imposte fino ad allora. Queste lotte hanno sicuramente portato dignità e diritti a coloro che fino ad allora ne venivano privati, ma, attraverso la concessione di diritti civili e pari opportunità, sono state riassorbite dal sistema e in tal modo svuotate del loro potenziale eversivo.
A nostro avviso una società che ancora oggi continua a dividere in base alla razza, al genere, al sesso, alle condizioni sociali, per giustificare emarginazione e sfruttamento, chiude ogni possibilità di emancipazione per l’essere umano. Invece che rivendicare diritti e uguaglianza all’interno di un sistema che da una parte ti dà, dall’altra ti toglie, è necessario legare alle singole rivendicazioni un’analisi sistemica e lottare quotidianamente, a livello individuale e collettivo, nell’ambito del lavoro, della scuola, delle relazioni sociali, pubbliche e private.
Solo unendo le singole lotte e attuando pratiche quotidiane è possibile ribaltare la norma, e la società che la impone.

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