I professori del Capponi-Machiavelli e la supponenza di chi non ha capito

La scorsa settimana gli studenti del liceo Machiavelli-Capponi hanno deciso di occupare la scuola, motivando la loro scelta con un comunicato che abbiamo pubblicato su questo sito. Tra le tante iniziative promosse dagli studenti in occupazione e dal Collettivo del liceo, tra i pochi in città per partecipanti e capacità di comunicazione e coinvolgimento, abbiamo avuto il piacere di esser presenti in assemblea con i ragazzi, invitati a discutere del nostro ultimo numero cartaceo e dei suoi contenuti (qui e qui due articoli).

Terminata l’assemblea, siamo venuti a conoscenza dell’esistenza di una lettera firmata da una trentina di professori e indirizzata agli occupanti (anzi “occupanti”, come troviamo scritto). Questa ci ha fortemente colpito per le generiche accuse contro la componente studentesca in occupazione e per l’assoluta mancanza di interesse dimostrata dai prof rispetto a quello che i loro studenti hanno scritto e comunicato, tanto a loro, quanto attraverso le numerose iniziative organizzate e gli appelli politici diffusi, a tutti.

I professori si dicono “sconcertati dall’immagine pregiudizialmente stereotipata e anacronistica” che gli studenti avrebbero della scuola e questo, per loro, “non rende affatto giustizia a chi opera in questo come in altri istituti”. Ora, se si fossero realmente interessati dei “bisogni formativi”dei ragazzi, avrebbero letto il primo comunicato degli occupanti (senza le virgolette) nel quale troviamo questo passaggio “Siamo qua per costruire e andare oltre: oltre la competizione che, alla ricerca del miglior voto, ci divide dai nostri compagni; oltre un rapporto coi professori basato sulla paura che abbiamo del loro giudizio, dei loro voti; oltre un modo di vivere la scuola come spazio repressivo poiché costituito a partire non dalle esigenze degli studenti ma da quelle del mercato del lavoro”. Come si vede, gli studenti sottolineano tre cose su tutte: il controllo ossessivo della loro quotidianeità, il ricatto del voto, il ruolo che la scuola assume rispetto al loro futuro (lo stesso futuro precario citato dai prof). Non siamo certo di fronte a stereotipi, bisogna esser ciechi per non accorgersi che col 5 in condotta, gli sms spia, le telecamere, i cani antidroga e altri mille impedimenti burocratici, la vita di uno studente non è certo indirizzata verso le proprie inclinazioni e passioni. Lo stesso vale per il ricatto del voto che, si sa, dipende da mille variabili soggettive, dello studente e del professore e che si dimostra, giorno dopo giorno, sempre più inadeguato per una reale comprensione di chi si ha di fronte, specie in un contesto di sovraffollamento delle classi.

Sul futuro nel mercato del lavoro e le esigenze degli studenti idem, anzi, meno male che qualcuno ne parla: avere coscienza di cosa ti attende in futuro e rompere con lo schema del classico studente fra le nuvole, è un segnale che bisognerebbe saper comprendere e guidare verso una chiave di lettura della realtà, verso un metodo per destreggiarsi nella società della competizione. La scuola, su questo, non fa proprio niente e, semmai, funge da strumento ideologico dello Stato, di cui è istituzione. Parlare dal vivo con i ragazzi e fare autocritica con gli studenti rispetto al contesto e al proprio ruolo, sempre, proprio perchè hanno meno esperienza di vita degli adulti, ma tanta, tanta più curiosità, dovrebbe essere il vostro imperativo, cari prof. Ma andiamo avanti.

Nella lettera viene criticata la scelta dell’occupazione in rapporto a pratiche più “costruttive messe in atto negli scorsi anni” leggendo in questa decisione “solo una volontà di rottura”. Anche qui la questione è semplice: sono gli stessi studenti in lotta a dire che non sentono la scuola tradizionale come loro e che, pur avendo provato vie diverse, serve altro per trovare i propri tempi, auto-gestirseli e strappare quante più persone possibile dall’apatia dei nostri giorni. Da qui la decisione di sentire come propria un’azione forte come quella di occupare. Evidentemente, a differenza di quanto pensavate, cari professori, c’è chi impara anche facendo da sé, con una maturità molto avanzata e sorprendente rispetto a studenti di qualche anno fa (la cosa ci ha stupito in positivo). Chissà, magari la crisi ha fatto e sta facendo aprire gli occhi? Magari c’è voglia di esser protagonisti e, allo stesso tempo, di farsi consigliare, invece che giudicare, da qualcuno? Forse la stessa figura di insegnante della scuola statale, del suo programma ministeriale, dovrebbe esser rimessa in discussione, non credete prof? Probabilmente il figlio di un cassaintegrato o licenziato vuole delle risposte che vadano un briciolo più alla radice delle questioni, rispetto al politicamente corretto e alla “storia condivisa”.

Infine, a parte generiche accuse di autoritarismo e di coercizione (sempre utili per dividere in buoni e cattivi), un altro elemento interessante è l’accusa rivolta agli studenti di non trovare normale il lavoro salariato e, soprattutto, la risposta dei prof, i quali ritengono una prospettiva auspicabile accettare il meno peggio in tempi di precarietà e scarsità di lavoro. Bell’esempio di pensiero critico applicato! Va bene che Marx per voi è superato, una vostra collega trovò modo di farcelo notare e, dopo un nostro intervento al forum dello scorso anno, insistette su questo nei mesi successivi, ma non dire ai futuri lavoratori sottopagati che potremmo e dovremmo lavorare meno e lavorare tutti proprio per non dover lavorare in pochi e pagati poco (o non lavorare), ci sembra disonesto. Contro l’aumento del vostro orario di lavoro vi siete, a ragione, subito mobilitati. Perchè, dunque, troncare ed etichettare le prese di posizione di chi esprime un disagio evidente per l’assenza di prospettive? Eppure vi basterebbe chiedere a quegli stessi colleghi che, da precari o disoccupati, vi cercano da anni per formare un fronte comune contro i tagli, i concorsi truffa e il disagio quotidiano che dovete affrontare. Predervela con chi dovete giudicare non vi sembra, questo sì, arrogante e supponente? Non pensate, per caso, di aver reagito in modo istintivo, forse dettato dallo stesso disagio che voi provate come lavoratori e, immaginiamo, genitori, replicando una dinamica analoga come quella di conflitto e incomprensione che spesso si vive in ambito familiare?

Lo studio e la formazione, avete ragione, sono importanti. E gli studenti che stanno occupando, uscendo dalla trappola de “la maggioranza ha sempre ragione”, dimostrano che sono già andati oltre. Siete voi che vi fermate allo slogan, forse perchè nel tran tran del quotidiano non avete avuto il tempo di leggere i numerosi volantini scritti dagli studenti stessi, dai comitati invitati alle assemblee, da altri collettivi, da chi insomma in quella scuola, grazie all’occupazione, c’è potuto entrare senza mediazioni, cavilli burocratici o autorizzazioni formali. Se, quindi, qualcuno “merita” rispetto (con le virgolette, perchè questo si conquista) quel qualcuno sono gli studenti che avete liquidato con qualche riga e bollato come anacronistici. Vi consigliamo di partecipare di più alle loro assemblee, da quel che sappiamo, dei firmatari della lettera solo due o tre si sono confrontati nel mondo reale. Perchè noi ci siamo accorti di aver imparato tanto ascoltandoli e discutendo con loro. E cercheremo di farlo in ogni occasione che avremo.

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