Il Job impAct di Renzi. Lavoro subalterno al capitale

Il Job impAct di Renzi. Lavoro subalterno al capitale

Pubblichiamo due commenti di Contropiano e Infoaut sul cosiddetto “Job Act” (l’inglese fa sempre figo) del mercato del lavoro, di cui Matteo Renzi ha parlato recentemente.

Il “Job Act” ipotizzato dal neosegretario del Pd Renzi dovrebbe essere reso pubblico nella seconda metà di gennaio. Al momento è un fiorire di indiscrezioni che non promettono però nulla di buono. Alcuni lo definiscono come un work in progress in continua evoluzione, il cui punto focale sta diventando il “contratto unico”, in apparenza fondato sul lavoro a tempo indeterminato, “con tutele crescenti per tutti i nuovi assunti” secondo gli ispiratori ma con l’abolizione delle tutele previste dall’art.18. I lavoratori vengono assunti con un contratto“aperto”. L’idea di un contratto unico, è l’applicazione delle proposte già avanzate da tempo dagli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi e da Pietro Ichino. Nel gioco di parole, in cui Renzi sembra imbattibile, si annuncia di voler ricomporre un mercato del lavoro diviso tra chi è tutelato e chi non lo è. Ma dietro un obiettivo encomiabile ci sono le misure concrete che vanno in direzione ostinata e contraria.

Il presupposto infatti non è quello di alzare le tutele per chi non le ha o ne ha pochissime (precari, disoccupati, falsi lavoratori autonomi etc.) ma di abbassarle in modo generalizzato. Per ottenere questo obiettivo si gioca su un delirante e immotivato divario generazionale (che già ha agito dentro il Pd come un bulldozer). Il dualismo nel mercato del lavoro lo si vorrebbe far coincidere con quello tra giovani e meno giovani. Il progetto del Job Act si concentrerà sul tentativo di dare nobilità alla flessibilità, che in Italia si è ben presto rivelata come un precariato selvaggio. L’asse centrale è quella di un contratto unico i cui assi centrali sono le due fasi ossia l’inserimento e la stabilità. La fase di inserimento del contratto unico dura per i primi tre anni di vita del contratto. Superata la fase di inserimento, il contratto unico viene regolato dalla disciplina dei licenziamenti oggi prevista. Cosa significa? Semplicemente che nel contratto non vi è una scadenza. I lavoratori vengono assunti con un contratto“aperto”.

I neo assunti verrebbero così esclusi dall’applicazione dell’articolo 18 per i primi tre anni, durante il quale l’imprenditore non pagherebbe i contributi che sarebbero quindi a carico dello stato. Non troppo dissimile dal contratto di apprendistato, ma con maggiore libertà di licenziamento. Non ci sarà più la cassa integrazione, che verrà sostituita da un sussidio di disoccupazione universale uguale per tutti. Il tutto assieme all’obbligo di frequentare un percorso di formazione per rientrare nel mercato attivo del lavoro. Si tenterà inoltre di estendere le tutele, dalla maternità alla malattia, per i lavoratori flessibili.

L’ altro punto ipotizzato da Renzi riguarda l’ingresso dei sindacati nella gestione delle aziende (come in alcune grandi aziende in Germania). L’idea è di far entrare i rappresentanti dei sindacati nei consigli di amministrazione delle aziende. La Confindustria non appare però entusiasta dell’idea mentre Cgil Cisl Uil- pur con sfumature diverse – sarebbero d’accordo. Il flirt di Renzi con i sindacati si va rafforzando, dopo Landini anche Bonanni sembra sentirsi felicemente irretito dal nuovo segretario del Pd, e non è affatto un buon segnale.

Da Contropiano

Job Act, il mondo del lavoro secondo Renzi

altSul finire del 2013 torna protagonista il mondo del lavoro. Ad accendere la discussione è la proposta della nuova segreteria Pd targata Renzi con la presentazione del Job Act. Discussione che ha visto la non chiusura della Fiom e della Cgil, un forte apprezzamento da parte di Confindustria e diversi imprenditori e un plauso da parte della destra italiana.

Sarà il nuovo che avanza o il fascino di nuove proposte ma quello che salta agli occhi sono solo vecchie proposte condite in una salsa nuova, tra cui il classico tentativo di eliminare l’articolo 18, o per lo meno mettere a segno un ulteriore passo in avanti verso la sua cancellazione.

Vediamo quali sono le proposte più significative del Job Act.

Come prima cosa prevede la cancellazione dell’articolo 18 ai neo assunti per i primi tre anni, durante i quali gli imprenditori sarebbero privati dal pagamento dei contributi che andrebbe a carico dello stato; un altro punto prevede il superamento dei numerosi contratti di lavoro per arrivare alla realizzazione di un contratto unico, così come sarebbe unico il sussidio di disoccupazione che andrebbe a sostituirsi all’attuale cassa integrazione. Sussidio che sarebbe vincolato a un corso obbligatorio di formazione.

Questi i punti più importanti che verranno sviscerati solo, a detta di Renzi, nel mese di Gennaio. Ma vediamo quelli potrebbero essere i riflessi politici e sociali se questa proposta dovesse prendere piede.

Le dichiarazioni della Cgil a nome di Landini (oramai portavoce della Cgil dopo il riallineamento della Fiom alla casa madre), non hanno chiuso a questa proposta, concentrata soprattutto sull’idea di un contratto unico che andrebbe a facilitargli il compito nella gestione del mondo del lavoro. Su questo aspetto nell’ultimo anno la Cgil attraverso i suoi giovani ha fatto diversi studi e cominciato a ragionare su ipotesi di sindacalizzare i non sindacabili, ovvero fare tessere e gestire anche il mondo del precariato. La non chiusura però non significa che la partita sia chiusa perché rimane lo spigoloso problema dell’articolo 18 che oltre al sindacato fa storcere il naso anche a una parte dello stesso Pd. E’ evidente che su questo fronte è partita la concertazione tutta interna all’asse Pd – Cgil (anche se nei giorni scorsi Renzi ha preso le distanze dalla stessa Cgil), il solito teatrino per poi uscirne più amici di prima.

Concertazione che sembra invece non necessaria con gli imprenditori, i quali, con a capo Confindustria, hanno plaudito alla nuova proposta, allettati dal fatto di fare profitto sfruttando le nuove generazioni a costi zero e con la possibilità di licenziare in qualsiasi momento. Perché è proprio questo il rischio di questa proposta. L’eliminazione delle decine di contratti per un contratto unico, ma la possibilità di assumere forza lavoro a costo zero, sfruttarla perché di fatto per tre anni con la prospettiva del posto fisso si è tenuti sotto ricatto, e licenziare per qualsiasi motivo senza incorrere in “ fastidiose” grane giudiziarie o reinserire soggetti magari non più graditi.

Questo lo scenario che il reazionario e conservatore Renzi vede per il futuro del mondo del lavoro. Una prospettiva che ancora una volta va a sposarsi con gli interessi dei padroni e non dei lavoratori.

E’ evidente che nel mondo del lavoro la controparte ha facilità a muoversi vedendo la scarsa sollevazione che questa parte della società sta avendo in questa fase. Salvo alcune eccezioni, come i facchini della logistica, le poche lotte che abbiamo potuto assistere hanno avuto carattere conservativo, guidate da confederali interessati solo a tessere e gestione di quella parte e molto abile a spegnere le lotte, preferendo in molti casi i tavoli per trattare casse integrazioni o mobilità. Le uniche vittorie, anche se indolori, le vediamo quando la lotta assume carattere autonomo da parte dei lavoratori e presenta un sindacato che si presta in toto alle decisioni dei lavoratori: logistica docet.

Da Infoaut

Leggi anche:

Dalla Edison a Red: ovvero il feticismo della merce-libro

Modello Eataly: 800 euro per 40 ore a settimana. Farinetti: “I sindacati sono

Viaggio nella Grande Distribuzione: intervista a un lavoratore de “I Gigli” di Firenze

Una vita senza senso nella città vetrina

Ponte Vecchio merce comune: alcune considerazioni dopo la cena della Ferrari

“Chi comanda Firenze”: intervista all’autore Duccio Tronci

Facebook

YouTube