Intervista al Corriere delle Migrazioni

“Dove c’è lavoro per uno, accorrono in cento. Se quell’uno guadagna trenta cents, io mi contento di venticinque. Se quello ne prende venticinque, io lo faccio per venti. No, prendete me, io ho fame, posso farlo per quindici. Io ho bambini, ho i bambini che han fame! Io lavoro per niente; per il solo mantenimento. Li vedeste, i miei bambini! Pustole in tutto il corpo, deboli che non stanno in piedi. Mi lasciate portar via un po’ di frutta, di quella a terra, abbattuta dal vento, e mi date un po’ di carne per fare il brodo ai miei bambini, e io non chiedo altro. E questo, per taluno, è un bene, perché fa calar le paghe mantenendo invariati i prezzi. I grandi proprietari giubilano, e fanno stampare altre migliaia di prospettini di propaganda per attirare altre ondate di straccioni. E le paghe continuano a calare, e i prezzi restano invariati. Così tra poco riavremo finalmente la schiavitù”


(da “Furore” di John Steinbeck)

Riportiamo in seguito una breve intervista fatta a uno delle fondatrice del Corriere delle Migrazioni:

Perchè scrivere un giornale atto alle migrazioni?

Quando il giornale è nato non ci siamo mai soffermati molto sul perché in quanto era chiaro a tutti. Era nostra impressione che molto di quello che avveniva ai migranti e intorno a loro non venisse sufficientemente riportato dai media. Sentivamo il bisogno di raccontare e far raccontare da esperti in materia, operatori sul campo e i migranti stessi quello che avviene nella quotidianità. Volevamo far emergere quello che avviene nei luoghi di lavoro, le complessità legate al rilascio del permesso di soggiorno, i molteplici atti di razzismo, quello che succede alle frontiere o in luoghi chiusi e spesso dimenticati come i Cie.

Quali sono state le tue esperienze precedenti?

Sono arrivata al giornalismo per caso come per caso sono arrivata ad occuparmi di migrazioni. Per caso lessi un libro (“Furore” di John Steinbeck) e iniziai ad interessarmi di migrazioni forzate così mi trovai a far volontariato in Svizzera nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Ricercai una situazione analoga una volta ritornata a casa e la trovai all’Arci nel progetto Sprar. Mentre lavoravo mi sono resa conto che molte di quello che condividevo con i migranti era sconosciuto ai più. Al contrario spesso i media tanto quelli locali che quelli nazionali riportavano una realtà che a mio parere era distorta o quantomeno parziale. Per questo ho iniziato a fare radio a Prato per conto dell’Arci e a scrivere sul giornale del comitato Pratese. Poi quando mi sono trovata a passare tre mesi a Lampedusa, sempre per questa associazione, mi sono occupata del blog in cui raccontavamo la nostra quotidianità nel centro. Dopo poco l’incontro con Stefania Ragusa, Stefano Galieni e gli altri componenti della redazione e…. è nato il Corriere delle Migrazioni.

Perché si può parlare di situazione anomala italiana?

In Italia la situazione è parzialmente anomala e rispecchia molto il nostro modo di essere. Certo siamo molto più capaci di altri di rendere complicate cose semplicissime come il rinnovo dei permessi di soggiorno o la regolarizzazione dei migranti. Sicuramente questa confusione e complessità rende più difficile l’accesso a servizi e diritti essenziali. Come è certo che la mancanza per tutti di un effettivo ed efficace stato sociale rende il nostro Paese poco desiderabile e facilita la guerra per l’accesso alle scarse risorse. Se a questo aggiungiamo anche un’informazione che talvolta è superficiale, poco attenta, parziale fino a raggiungere anche punte di volontario o ingenuo razzismo la situazione non è rosea. In realtà la situazione non semplice in nessuno degli Stati dell’Unione Europea. Il razzismo non è una nostra prerogativa. Anche in altri paesi le leggi in materia di immigrazione stanno diventando sempre più rigide. I Cie ci sono dovunque e sempre maggiori sono le denunce di violazione dei diritti umani. Lo stigma povero come brutto e cattivo, come avveniva nel secolo passato, sta ritornando e i primi a caderne vittima sono stati i migranti.

Cosa si può fare per cambiare le cose?

Tanto per incominciare ci potremmo informare meglio. Poi potremmo chiedere regole chiare, efficaci e soprattutto attuabili oltreché rispettose della persona.

Quale è l’importanza dell’informazione e della controinformazione?

L’informazione è necessaria ma non basta. Bisognerebbe aggiungerci anche la capacità di osservare e di entrare in contatto con gli altri. Le storie che con il nostro giornale riportiamo in realtà sono sotto i nostri occhi. Magari basterebbe prenderci la briga di andare a verificare di persona. L’incendio di Prato e le manifestazioni che ne sono seguite, si possono leggere ma anche andare sul posto per rendersi meglio conto di quel che succede.

Chi sono i migranti?

Un po’ difficile descrivere un mondo tanto variegato ed eterogeneo. A ben vedere quando si ha a che fare con i migranti scopriamo chi siamo noi italiani. Tramite i loro occhi è molto più facile vedere il nostro sistema, le nostre debolezze, ciò che ci caratterizza.

Come ci percepiscono? Come li percepiamo?

esperienze personali. Il sistema lo percepiscono per quello che è: caotico, di difficile accesso e talvolta teso allo sfruttamento. Non scordiamoci che le lotte contro lo sfruttamento dei caporali in agricoltura e nel terziario, in questo momento, sono loro a portarle avanti. Per quanto riguarda la nostra percezione sono convinta che ci sia una netta differenza tra chi con i migranti ha contatti concreti e continuativi e chi invece non ce li ha o li ha soltanto sporadici. Credo che la percezione cambi molto con l’esperienza diretta. A me l’ha cambiata.

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