I Cobas Pisa sul 12 aprile: chi tace acconsente, chi tace perde una occasione

Sono trascorsi giorni dalla manifestazione del 12 aprile terminata con incidenti e paurose cariche della Ps. Da qui è scauturito l’ennesimo dibattito sul ruolo delle forze dell’ordine e la loro identificabilità attraverso codici \numeri ben visibili e impressi sulle loro divise, una rivendicazione dall’antico sapore democratico che vogliamo sostenere con forza.

La polemica su come è stata gestita la manifestazione si è sviluppata all’interno dei gruppi politici (forse qualcuno non farebbe male a definirci ceto politico dell’antagonismo e del sindacato di base) tra chi rivendicava in toto la gestione del 12 e chi invece poneva qualche domanda e critica all’operato in piazza, prima , durante e dopo la manifestazione.

Intanto liberiamo il campo da due equivoci: la discussione se condotta con intelligenza e argomenti è sempre proficua e ben accetta, se invece si riduce a chiacchericcio e a denigrazione\autocelebrazione finisce solo con il cristalizzare posizioni dimenticando che il 99% dei nostri interlocutori sta fuori da queste considerazioni\argomenti.

Partiamo da un editoriale di Infoaut di cui consigliamo la lettura integrale
http://www.infoaut.org/index.php/blog/prima-pagina/item/11462-riflessioni-sul-12-aprile-e-i-percorsi-a-venire

veniamo allora alle questioni e saremo schematici per non perderci nelle parole andando direttamente alle questioni

  • il sindacalismo di base non ha dato un grande contributo per la riuscita della manifestazione ma da qui a dire che gli 80 euro di Renzi hanno riempito la pancia dei lavoratori c’è una grande differenza. Le parole d’ordine Reddito\casa sono ben accette se accompagnate da altre tre concetti come salario\lavoro\diritti. Non si tratta di semantica ma di prospettive- Nei giorni scorsi abbiamo presentato un libro su classe e movimento (quello dei clash city workers) per ribadire che la questione del lavoro e il ruolo stesso dei lavoratori nel movimento conflittuale non può essere messo in secondo piano. Cio’ non significa tacere sui limiti del sindacato di base, sulla sua crisi (al di là delle parole) e allo stesso tempo sul fatto che nonostante la passività e complicità di cgil cisl uil con i governi e confindustria , il consenso verso questi sindacati di regime è praticamente immutato e non si misura solo con i milioni di tesserati ma con il fatto che nei posti di lavoro quasi nessuno li prende a calci nel culo. La situazione è quindi più complessa di come la si vuole descrivere e la semplificazione porta solo confusione
  • minimizzare le differenze numeriche tra il 12 e il 19 Ottobre è infantile perchè il rapporto di uno a sei dovrebbe indurre le aree conflittuali e antagoniste a riflettere sul fatto che i numeri in piazza hanno il loro peso specifico e per arrivare aad una massa consistente bisogna allargare le partecipazioni e le alleanze , proprio come si è fatto con il 18 e il 19 Ottobre (se non tutto il sindacalismo di base, almeno i Cobas, non hanno la minima intenzione di sostituirsi ai movimenti dell’abitare e anche se lo volessero fae non avrebbero nè la forza nè le competenze )
  • Nessuno ha intenzione di cadere nella ritualità dello scadenzismo dei controvertici ma rituali sono anche le dinamiche degli scontri di piazza e certe pratiche sociali perchè si sovrappongono puntualmente alla realtà descrivendola a propria immagine e somiglianza, semplificando e riducendo lo scontro sociale e di classe a proprio uso e consumo
  • l’accumulo di forza sociale sui territori: non sempre è spendibile perchè si manifestano varie istanze che solo con palesi forzature si possono piegare al ruolo di una unica soggettività conflittuale e antagonista dimenticando che in un territorio l’aggregazione sociale, sulla casa, tra gli studenti, in un quartiere avvengono con tempi, modi diversi e fare di ogni erba un fascio finisce con il perdere per strada i soggetti che si vorrebbero organizzare e rappresentare, a meno che trattenerne pochi sia l’autentico obiettivo (ma in questo caso di ragionerebbe come qualche vecchio partito il cui obiettivo era la crescita di iscritti e militanti a dimostrazione che tra vecchi e nuovi “vizi” non c’è poi grande differenza). Solo mantenendo l’intervento sindacale, politico e sociale su più livelli riusciremo a costruire dei rapporti sociali di massa, in tempi e con modalità non immediate
  • evitiamo di commentare gli argomenti cosiddetti militari sulla tenuta della piazza, chi era al corteo di Roma racconta fatti diversi da quelli che si leggono sui siti
  • i sapientoni? Nessuno vuole fare lezioni, ma attenti che esistono vecchi e nuovi sapientoni, sul pulpito delle prediche on line salgono anche i ventenni di oggi che pensano di avere una risposta univoca per tutto\i. Quindi perchè ridurre la richiesta di confronto ad una astiosa critica ai sapientoni? Qui non stiamo a parlare di sindacato e partito, di Lenin o di qualche saggio sullo spontaneismo, qualcuno dovrebbe spiegarci quali siano i comportamenti sociali incompatibili. Ci viene a mente la immagine del sindacalista che dopo anni continua imperetterito nel suo luogo di lavoro a opporsi alle privatizzazioni, possiamo pensare ai fenomeni francesi e inglesi di proletariato che periodicamente si rivolta contro la polizia dando vita a manifestazioni e scontri di piazza che durano settimane, a seguito dei quali la destra estrema fa il pieno di consensi (il voto operaio alla Lega e in francia al Fn significherà pur qualcosa?) e la radicalità politica e sociale viene costantemente repressa e incarcerata. Sono esempi a casaccio che confermano quanto ci sia ancora da discutere su quali siano i comportamenti sociali da tenere, ovviamente non ci riferiamo solo alle manifestazioni di piazza ma all’agire quotidiano. Ripetiamo per chi è duro di udito: non esistono verità precostituite , per aprire un confronto bisogna essere sempre in due e ascoltarci con reciproco rispetto\attenzione
  • Il mondo del lavoro oggi è sulla difensiva, al contrario del movimento della casa (ma forse sarebbe opportuno capire gli effetti materiali del decreto renzi sulla casa in primis su utenze e residenze per gli occupanti), vogliamo chiederci la ragione senza limitarci alla sola pur giusta argomentazione della mancanza di agibilità dettata dalla assenza di democrazia nei luoghi di lavoro (non è casuale l’attacco di renzi al sindacato). Ma sulla difensiva sono anche pezzi dei cosiddetti movimenti fagocitati in ambiti istituzionali (vedi quello dell’acqua che in gran parte tace sulle aziende che staccano le utenze a chi non paga per morosità incolpevole)
  • L’attacco dei movimenti alla rendita immobiliare deve unirsi e intrecciarsi a quello contro il capitale, si voglia o non si voglia le istanze del lavoro e del reddito dovranno trovare una ricomposizione che non potrà essere solo in occasione di qualche vertice ma nella pratica quotidiana. Da qui con pari dignità e reciproco rispetto occorre ripartire.

da http://www.cobaspisa.it/

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