La guerra del gas dietro l’inferno. Hamas trattava con Gazprom

Da gennaio i russi lavoravano per trivellare il metano offshore

Continua il conflitto Israele-Palestina

C’è il gas dietro la guerra tra Israele e Palestina. I giacimenti Leviathan e Tamar che potrebbero dare allo Stato ebraico cento anni di energia a basso costo. Nascondono tre miliardi e mezzo di metri cubi di metano ma si trovano nelle acque territoriali della che dalla Striscia di Gaza si allungano al confine con il Libano. Già Beirut ha avanzato pretese e Gaza potrebbe fare lo stesso. Ci sono poi i giacimenti Marine 1 e Marine 2, trentasei chilometri al largo della Striscia.

A 603 metri di profondità custodiscono un piccolo tesoro, conteso da quattordici anni. Il 2 giugno scorso il governo di unità nazionale, con Autorità nazionale palestinese e Hamas d’amore e d’accordo, stava per affidarne lo sfruttamento alla russa Gazprom. Dieci giorni dopo, a Hebron, sono stati rapiti (e poi uccisi) gli studenti ebrei Eyal Yifrah, Gilad Shaar e Naftali Fraenkel. Ed è scoppiato l’inferno. Provvidenziale, secondo molti, nel bloccare la trattativa con Gazprom e allontanare la prospettiva che la palestina possa metter piede nell’Eldorado del Mediterraneo: il Leviatano, il giacimento-mostro che fa gola a tutti. Ma andiamo con ordine.

È il 1999 quando l’Autorità palestinese firma un accordo per lo sfruttamento dei campi sottomarini Marine 1 e Marine 2 con British Gas Group e la partner greca Consolidated Contractors International Company di proprietà dei libanesi Sabbagh e Koury. Gli introiti andranno per il 60% alla società inglese, per il 30% a Ccc e per il restante 10% al Fondo d’investimento dell’Anp. La licenza è valida 25 anni e copre l’intera area al largo di Gaza. Al confine spuntano le piattaforme offshore israeliane di Mari-B. A dimostrazione che, geologicamente, sono proprio i fondali di fronte alla Striscia quelli più ricchi di idrocarburi. Con la morte del leader dell’Olp Yasser Arafat, il crollo elettorale dell’Autorità nazionale palestine e l’arrivo di Hamas al governo tutto si ferma. Gli inglesi vogliono usare il gas della Striscia per rifornire Israele, che ha un bisogno matto di metano e risorse scarsissime.

Ma nel 2001 il premier Ariel Sharon prima contesta la sovranità della Palestina sui giacimenti offshore, poi afferma deciso: «Non accetteremo mai di acquistare il gas dalla Palestina». E fa capire che quelle riserve appartengono, secondo lui, a Israele. Due anni dopo blocca il tentativo di British Gas di alimentare lo Stato ebraico con il metano di Gaza. La società inglese si arrabbia e inizia trattare con l’Egitto: vuole un terminal dove scaricare il gas estratto. L’intervento a gamba tesa del primo ministro britannico Tony Blair fa saltare l’accordo. Nel 2007 il governo approva la proposta del vicepremier Ehud Olmert per “l’acquisto di gas dall’Autorità palestinese” per quattro miliardi di dollari. C’è chi però non vuole che i proventi vadano ai palestinesi. Così Israele dribbla Hamas e Anp e tratta direttamente con British Gas, per far annullare il vecchio contratto di Arafat e portare il metano verso il porto israeliano di Ashkelon. La trattativa si arena. La Palestina reclama la propria fetta di proventi. Tel Aviv non vuole far avere soldi ad Hamas perché potrebbe acquistare razzi da lanciare contro le colonie ebraiche. Qualcuno propone di saldare il conto con la fornitura di beni e servizi. Niente da fare. British Group, esasperata, chiude gli uffici in Israele. Tel Aviv si rifà sotto. Ancora nulla. E il 27 dicembre 2008 l’operazione Piombo Fuso scatena il caos a Gaza. Ufficialmente per scardinare il governo di Hamas che minaccia la sicurezza di Israele. Nella realtà il movimento islamico non vuole cedere la sovranità sui giacimenti.

Poi tutto cambia. Nel 2009 viene scoperto il campo gasifero di Tamar nel 2010 salta fuori il Leviatano che abbraccia i campi di estrazione precedenti e si allunga fino al Mari B Field, al confine tra Gaza e Israele e collegato con un oleodotto ad Ashdod, dove ora volano le bombe. Risorse per 1,68 miliardi di barili. Quando, lo scorso gennaio il leader palestinese Abu Mazen incontra a Mosca il presidente russo Vladimir Putin scatta l’allarme. Il 2 giugno scorso gli 007 informano che il governo di unità nazionale guidato da Hamas sta per concedere diritti di sfruttamento alla Gazprom per Marine 1 e Marine 2. È troppo per Israele che considera «suo» quel gas offshore. Di lì al Levithan il passo è breve. Il resto è cronaca.

Alessandra Zavatta

da Il Tempo

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