Una nuova frontiera: lavorare gratis?

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A quanto pare è un fenomeno in crescita. Non solo proliferano gli “stage formativi” a zero retribuzione e (possibilmente) anche a zero rimborsi…ora la formula compare anche nelle linee guida del contratto integrativo in discussione con i Sindacati, e non in un’impresa qualunque: Fincantieri, la cui proprietà è per il 75% di Cassa Depositi e Prestiti, cioè del Tesoro, cioè pubblica

Probabilmente si tratta anche di una strategia governativa. Dato che, nonostante le esortazioni, le imprese sono recalcitranti ad assumere, specialmente giovani, perché non farli lavorare gratis? Lo stesso Ministro Poletti ha recentemente dichiarato che tre mesi di vacanze al mese per gli studenti sono troppe, un tempo prezioso che meriterebbe un impiego più fruttuoso, magari in fabbriche o centri commerciali, con la scusa della “formazione lavoro”. Il Ministro, che non ha disdegnato un’esortazione a lavorare (magari al nero?) spostando casse nei magazzini – attività di cui peraltro si sarebbero occupati persino i suoi figli, il che vale sicuramente a sottolinearne la bontà – forse vuol far tesoro dell’esperienza del progetto Garanzia Giovani, magari galvanizzato dal suo strepitoso insuccesso. Si tratta di un cosiddetto “investimento contro la disoccupazione giovanile”, finanziato dall’Europa e integrato da risorse nazionali per 378 milioni, per un totale di un miliardo e mezzo di euro, che nasce ancor prima dell’era Renzi, durante il Governo Letta. Avrebbe dovuto essere il tentativo vincente per offrire una possibilità di lavoro ai ragazzi sotto i 30 anni, i cosiddetti NEET, che non lavorano né studiano. Avrebbe dovuto fornire formazione specifica, tirocinio, apprendistato etc., nonché un aiuto per la costituzione di imprese autonome. E ovviamente un bonus consistente per le ditte che assumono, anche quelle che forniscono lavoro interinale, per contratti di lavoro dai 6 mesi in su, bonus tra l’altro cumulabile con gli altri regali – o meglio,“incentivi occupazionali” alle imprese. Ciononostante, se si verifica a oggi quale opportunità è stata offerta, è facile scoprire che, oltre ai corsi di formazione, fonte di utilità solo per le società che li organizzano, il progetto è riuscito a fornire una possibilità di lavoro solo all’un per cento dei 2 milioni 413mila ragazzi italiani in queste condizioni, e il 74% delle offerte di lavoro riguardano comunque posti di lavoro a tempo determinato. A febbraio intanto, nonostante la propaganda sul visibilio di contratti a tempo indeterminato stipulati nei primi mesi dell’anno, il tasso di disoccupazione generale è in crescita, quello giovanile è tornato di corsa dal 41,3% di dicembre – in leggero calo – al 42,6%, aumentando in valori assoluti di 11mila unità. Evidentemente gli incentivi non bastano, si sarà detto il Ministro, servono misure più radicali. In effetti si stanno affermando progressivamente le proposte di stage e di tirocini, con orari e condizioni analoghe ai colleghi, ma senza retribuzione. Nel migliore dei casi, un rimborso spese dai 300 ai 600 euro al mese, e la promessa che il tirocinio “fa curriculum”. Il fenomeno dello stage come prassi consentita per abbattere il costo del lavoro è in crescita. Lavoreranno gratis (perché no?) anche 18.500 giovani alla mega-fiera, l’Expo di Milano 2015, in seguito a un accordo con i sindacati che estendeva l’uso degli stagisti dal 10 al 60% dell’organico in occasione di questo evento. Una minoranza verrà assunta, naturalmente con un contratto ultra precario, con preferenza per chi si trova in cassa integrazione, e con ogni probabilità a fine contratto ritornerà nella stessa condizione. Date queste premesse, anche Fincantieri – società di costruzioni navali con capitale a maggioranza pubblico – ha pensato di adeguarsi. In nome della crisi, e per raggiungere “gli obiettivi di recupero in termini di competitività”, l’impresa richiede maggiore flessibilità in tutti i siti aziendali. E, allo scopo di “ottenere significativi recuperi in termini di prestazione di lavoro”, ha messo per iscritto la richiesta di azzerare 104 ore annue di permessi retribuiti; oppure, in altri termini, un contributo non retribuito da parte di ogni lavoratore di 30 minuti al giorno. Per recuperare gli utili e avanzare in competitività, basta abbattere le retribuzioni, e ogni mezzo è buono. Nelle stesse linee guida per il contratto integrativo, Fincantieri introduce la richiesta di un’altra innovazione, giusto in linea con le regole del Job Act, spacciandola per un dispositivo di sicurezza: un microchip nelle scarpe da lavoro degli operai, per avere in ogni momento la possibilità di sorvegliare dove si trovano, come si spostano, quanto tempo rimangono in ogni zona dello stabilimento. Gli operai del cantiere di Muggiano a La Spezia hanno risposto con una prima ora di sciopero, e hanno bloccato per più di un’ora la strada provinciale di fronte allo stabilimento.

I fronti si moltiplicano, ma difendersi non è impossibile.

da http://www.linternazionale.it/

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