Hiroshima e Nagasaki, 70 anni fa

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Il primo test nucleare della Storia fu americano: in Nuovo Messico, nel deserto di Jornada del Muerto, nel poligono di Alamogordo, nell’ambito del “Progetto Manhattan”, sostenuto anche da Gran Bretagna e Canada; l’avvenimento fu chiamato “Trinity”: bisognava verificare l’efficacia del progetto, passando alla fase sperimentale: fu una “bomba ad implosione”. Dopo ventuno giorni, il 6 Agosto di settant’anni fa, sopra la cittadina giapponese di Hiroshima venne sganciata da un velivolo militare degli Stati Uniti la prima bomba atomica (una “gun type”: tipologia nemmeno testata!…), della Storia: non poteva mancare la verifica della sua efficacia distruttiva! A dimostrazione del fatto che non si era trattato di “errore”, magari fatale, o di “infortunio”, il 9 agosto 1945 un’altra bomba, questa volta dello stesso tipo di quella testata nel Nuovo Messico (“ad implosione”), verrà lanciata, sempre dagli USA, per la “prova sul campo”, sopra Nagasaki, provocando la morte di altre 80mila persone.

Da tempo (tre anni) il Giappone era in guerra con gli Stati Uniti e, dopo la conquista di nuove basi nell’Oceano Pacifico, era oggetto, da parte dell’aviazione statunitense, di pesanti bombardamenti con l’uso di bombe al napalm, che avevano distrutto numerose città, provocando migliaia di morti. Nella sola Tokyo, il 9 marzo 1945, erano periti, nella più distruttiva azione aerea della Storia, 75mila persone.

L’ordigno lanciato su Hiroshima scoppiò alle 8,15 di una calda mattinata d’estate in un orario deciso esattamente, per coincidere con l’ora in cui i civili delle città andavano al lavoro al mattino. Ad una altezza di 580 metri sopra il centro della città, dove risiedevano i tre quarti dei suoi abitanti, avvenne la reazione nucleare; un pescatore che remava sulla sua barca, a circa trenta chilometri di distanza, nei pressi di Tsuzu, nel mare Interno, raccontò di aver visto il bagliore e di aver udito un’esplosione terrificante: “Una nube di polvere cominciò a innalzarsi al di sopra della città, oscurando per un istante il cielo. Cominciarono a piovere gocce d’acqua grandi come biglie”; erano gocce d’umidità condensata, che cadevano dal gigantesco fungo di fumo, di polvere e di frammenti di fissione nucleare, che si innalzava già per diversi chilometri.

Dei 245.000 abitanti di Hiroshima, quasi 100.000 erano morti o erano stati mortalmente feriti all’istante dell’esplosione. Altri 100.000 erano i feriti. Almeno diecimila di quei feriti, che erano ancora capaci di muoversi, si indirizzarono verso l’ospedale della città. Ma un terzo dei 150 medici della città erano morti all’istante e tutti gli altri erano feriti mentre quasi il 90% delle infermiere erano decedute o ferite troppo gravemente per dare assistenza. Chi era stato ferito in modo meno grave a quel punto si prese cura del vicino. Tutti comunque avevano subìto ustioni e assorbito fortissime radiazioni, le cui inevitabili conseguenze compariranno già dopo circa dieci giorni dall’esplosione.

Per molti anni ci è stato detto che quella scelta era inevitabile “per costringere l’irriducibile Giappone alla resa e per risparmiare così la vita a decine di migliaia di soldati” americani. Molte analisi successive hanno poi smentito tale giustificazione. Infatti lo storico militare B. H. Liddell Hart, in un suo saggio riporta le parole dell’allora premier britannico Churchill, decisamente di un’altra opinione: “Sarebbe un errore supporre che il destino del Giappone sia stato segnato dalla bomba atomica. La sua sconfitta era certa prima che la prima bomba cadesse, e fu determinata dalla distruzione del suo potere marittimo. Questo solo aveva reso possibile conquistare basi nell’Oceano, dalle quali lanciare l’attacco finale e forzare il suo esercito metropolitano a capitolare senza colpo ferire. La sua flotta era stata distrutta.”

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La stessa tesi per la quale il rifiuto ad accettare una resa incondizionata dei nipponici potesse mettere in discussione la figura dell’Imperatore Hirohito cadde subito, dal momento che fu lui stesso a porre fine a qualunque residua esitazione giapponese, chiedendo ai suoi ministri di terminare le ostilità non appena possibile, e dando al negoziatore, principe Konoye, mandato di assicurare la pace ad ogni prezzo. Inoltre, tre settimane prima che la bomba fosse sganciata, alla conferenza di Potsdam, Stalin aveva passato a Churchill un messaggio dell’ambasciatore giapponese a Mosca, in cui si chiedeva la pace.

Tutti i luoghi comuni diffusi dal ’45 in poi dagli imperialismi “Alleati”, che avevano vinto la guerra, sono serviti a dipingere unicamente il nazi-fascismo come “impero del male”, utilizzando le, pur reali, stragi da esso compiute, per far risaltare come accettabili, se non addirittura positive, le stesse atrocità di cui si erano macchiati gli imperialismi vincitori: è noto che la Storia la fanno sempre i vincitori delle guerre!

Purtroppo ancora oggi vige, ed è anche troppo in auge tra i compagni, molto spesso per un malinteso modo di voler “onorare” la guerra partigiana, una interessata interpretazione della II° Guerra Mondiale, come attuata dalle “democrazie” contro le “dittature” (aspetto parzialmente reale, ma nettamente secondario), e nella quale sarebbe “una fortuna” il fatto che siano state le prime ad avere vinto. Si è trattato, in realtà, di uno scontro fra due diverse alleanze imperialiste, e la vittoria di USA, URSS e Gran Bretagna non significa affatto che anche questi regimi non si siano macchiati di analoghe nefandezze: Hiroshima e Nagasaki lo stanno a dimostrare. Si tratta di due lampanti esempi di cosa siano capaci di fare gli imperialismi, anche se “democratici”. E’ proprio vero che entrambe le alleanze erano fatte da sistemi di “dittature della borghesia”!

Vi è poi un altro aspetto: conclusa la II Guerra Mondiale, se ne iniziava un’altra, quella del nucleare, almeno come “deterrente”, o come dimostrazione di forza. Ma quella decisione degli USA, non fu solo la determinazione ad affermare la propria potenza imperialista e la propria supremazia nei riguardi della vecchia Europa, Gran Bretagna compresa, e della Russia di Stalin, fu soprattutto la messa in pratica di una nuova dottrina militare che riguardava i bombardamenti aerei. Bombardamenti aerei ad alta quota che proteggono i piloti dal pericolo della contraerea, (da una distanza dalla quale non si distinguono più i morti militari da quelli civili) per adottare una pratica di guerra con la quale si vuole fiaccare la morale di un popolo distruggendo case, strade ma soprattutto ospedali, centrali elettriche, fabbriche, centrali telefoniche e televisive. Tutte le installazioni civili si distruggono per lasciare intatto il potenziale militare: meno morti militari e più civili.

Questa nuova strategia si è evoluta con l’introduzione di nuove potenti armi, armi ad alta tecnologia presentate come inoffensive per le popolazioni civili: sistemi di armi alla graffite per distruggere i sistemi di comunicazione dell’avversario, bombe elettromagnetiche, armi nucleari miniaturizzate, o le stesse munizioni all’uranio impoverito per distruggere le blindature d’acciaio, che lasciano conseguenze sanitarie sulle popolazioni civili o che lasciano senza elettricità interi ospedali; una strategia offensiva, volta a fiaccare il morale delle popolazioni, scegliendo la conservazione del potenziale economico di un paese a scapito della perdita di vite umane, che viene definita, nel linguaggio manipolato, tipico degli imperialisti, “danni collaterali”.

Alternativa di Classe

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