La Chiesa in crisi

Il giubileo straordinario voluto da Papa Francesco si è aperto l’8 dicembre con una allegoria dell’arca di Noè, rappresentata sulle mura della basilica di San Pietro. Proseguirà per buona parte del 2016, fino a Novembre.Bergoglio non è nuovo ai colpi di scena.Già all’elezione, nel marzo 2013, aveva sconcertato tutti per la sua perentorietà contro gli scandali avvenuti dentro la Chiesa stessa. Ha dato battaglia pubblica contro gli abusi sessuali nelle parrocchie e contro le speculazioni finanziarie che, a suo dire, minerebbero la credibilità morale della Chiesa.La sua seconda enciclica, Laudato Sii, si scaglia apertamente contro l’avarizia del capitale che saccheggia il pianeta e devasta l’ecosistema.

Vendola, Landini, Ferrero, Civati, Fassina, Bertinotti sono tutti prodighi di osanna a questo presunto cambio di passo della Chiesa cattolica.

E’ come se ci dicessero:”Vedo in questo Papa una straordinaria figura di comprensione della crisi storica in cui viviamo.” Non fatichiamo a immaginare che sia stato detto davvero.

In altri articoli di questa rivista abbiamo preso del tempo per dipanare i limiti della concezione riformista della realtà. A volte il pretesto era l’economia, a volte lo scacchiere della politica parlamentare, altre volte ancora la direzione sindacale.

Succederà ancora, perché una coerente concezione materialista e dialettica della società è destinata a confliggere tutti i giorni con simili miopie.

La Chiesa Cattolica è un aspetto centrale delle prospettive per lo scontro sociale in Italia. Più che la coscienza morale del mondo occidentale assomiglia a un gigantesco partito politico che non può più dominare la società con le stesse leve di secoli fa. Un partito con una direzione, funzionari, finanze, una politica di reclutamento e un apparato ideologico. Un apparato ideologico, quello della Chiesa, divenuto strumento del controllo ideologico dei lavoratori in tutte le fasi della loro vita, dalla nascita (battesimo) alla morte (estrema unzione).

Per chi, come noi, vede la società divisa in due classi inconciliabili questo apparato ideologico deve essere schierato da un lato o dall’altro della società.

Chi, a sinistra, pensa a un mutamento antropologico della Chiesa Cattolica coincidente con l’elezione di Bergoglio, rifiuta questa analisi. Se non la rifiuta, commette l’errore ancora più grande di pensare che questo millenario apparato ideologico sia dalla nostra parte.

E’ un errore, un clamoroso errore frutto dell’isolamemnto delle direzioni sindacali e della sinistra e di una concezione immobile della lotta politica. Un errore tanto grande da vedere forza laddove invece vi è debolezza.

Una concezione tanto statica che porta a pensare alla Chiesa come un organismo super partes la cui condotta, al di là delle mele marce, è determinata esclusivamente dalle buone o dalle cattive intenzioni del suo dirigente. Così si compie una inversione di causa ed effetto: Bergoglio diventa un prodotto della Sudamerica in rivoluzione anziché essere il Papa che deve stroncarla. Eletto come pressione delle rivolte anziché essere eletto perché Ratzinger non le ha arginate.

La strategia di Bergoglio è, quindi, una strategia di crisi. Una strategia attuata dalla direzione vaticana dopo il fallimento della direzione Ratzinger per tentare di invertire il declino della Chiesa, soprattutto in Europa.

E’ la crisi della Chiesa, non la Chiesa nella crisi.

Ratzinger, dimettiti!

Nel film Suburra, di Stefano Sollima, c’è un breve passaggio dove le dimissioni di Ratzinger sono dipinte come un gesto di stanchezza, forse dovute anche a condizioni di salute. Ratzinger si dimise nel febbraio del 2013. Erano le prime dimissioni dalla direzione della Chiesa da 600 anni, il quinto Papa dimissionario in tutta la storia della Chiesa Cattolica. Effettivamente la stampa italiana tentò, inizialmente, di dipingere queste dimissioni come un gesto dettato da cattive condizioni di salute.

Eppure Ratzinger non avrebbe mancato di mostrarsi in pubblico con Bergoglio in appuntamenti successivi. Il suo ultimo “cameo” è proprio in questi giorni, all’apertura della porta santa, in occasione dell’inaugurazione del Giubileo straordinario.

L’elezione di Bergoglio, nel 2013, è stata solo apparentemente straordinaria.

La Chiesa era in crisi già all’elezione di Ratzinger, nel 2005. I dati dello stato delle confessioni, delle nascite e dei matrimoni religiosi continuavano ad essere negativi nonostante i media di tutto il mondo avessero sviluppato, negli ultimi anni di vita di Wojtyla, una presa diretta sulla sua storia e sulle sue condizioni di salute in peggioramento. Wojtyla morì in odore di santità mentre i media mondiali descrivano la parabola di un titato che, curvo sotto il peso della croce, reggeva su di sé il dolore del mondo.

Ma la crisi della Chiesa cattolica, soprattutto in Europa, era già pronunciata. Quando la direzione della Chiesa (il Sinodo) elesse Ratzinger nel 2005, fece una precisa scelta. Ratzinger era Prefetto per la Congregazione per la dottrina della fede, ossia il principale teorico dell’ideologia vaticana.

Il Sinodo si espresse a maggioranza per un ritorno all’ortodossia. Non c’era da stupirsene.

Nel 2005 il mondo era stato attraversato da poco dal movimento contro la globalizzazione e poi da quello contro la guerra. In tutto il mondo si registrava una nuova presa di coscienza contro lo sfruttamento del pianeta e, soprattutto, contro lo sfruttamento dei paesi ex coloniali ad opera delle multinazionali e, successivamente, direttamente ad opera degli eserciti invasori.

Di particolare preoccupazione per la direzione della Chiesa era la situazione in America Latina. Questo continente negli ultimi 30 anni è stato un campo di battaglia ideologico e militare nel quale la Chiesa Cattolica ha avuto un ruolo di primo piano.

Ma l’ondata di processi rivoluzionari che attraversa il continente dalla fine degli anni ’90 ha dato una nuova prospettiva sociale ai lavoratori sfruttati del Sud America. Si è introdotto il concetto di socialismo del XXI secolo.

Ed è proprio con questa radicalizzazione che è riemerso perfino il fenomeno della teologia della liberazione come corollario spirituale della presa di coscienza. L’indizio di una prima forte fase di radicalizzazione rivoluzionaria.

Papa Benedetto XVI aveva capito che non avrebbe avuto le stesse possibilità di Giovanni Paolo II. Non avrebbe potuto sconfessare queste deviazioni facendo fare ai paramilitari di tutto il continente il lavoro sporco.

Non c’erano le condizioni per la benedizione di nuove dittature militari. Il suo mandato fu quindi un mandato di scontro frontale.

Ratzinger si dimise a 8 anni dalla sua elezione, con una crisi della Chiesa ancora più pronunciata rispetto al suo esordio. Il suo scontro frontale contro il marxismo e il relativismo non entrarono in sintonia con la fase di coscienza che stava attraversando la classe lavoratrice. Quando scoppiò la bolla dei mutui subprime, nel 2008, il processo non potè che accelerare.

Dunque, per la direzione della Chiesa era necessario un cambio di passo. I disastri delle maggiori potenze imperialiste contribuivano alla crescita dell’Islam nei paesi arabi; l’ondata di radicalizzazione in America Latina contribuiva alla crescita delle tendenze di sinistra nella Chiesa; la crisi mondiale del capitalismo radicalizzava e alienava le simpatie dei lavoratori non solo dall’opulenza ma anche dal messaggio stesso della Chiesa.

Era un disastro da affrontare oggettivamente; serviva una strategia contraria a quella seguita fin qui: una strategia che assecondasse le speranze degli sfruttati per ricondurle nel sicuro alveo della preghiera. Una strategia che in qualche modo tornasse a riempire le Chiese e, magari, rimpolpasse le vocazioni.

La strategia di Bergoglio non può essere compresa senza questo contesto. Questo, e solo questo, spiega perché il fenomeno Papa Francesco poteva nascere solo dalle dimissioni di Ratzinger.

Numeri allarmanti

E’ presto per dire se la strategia di Bergoglio funzionerà.

Bergoglio ha fallito il primo progetto del proprio mandato. La Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative della Santa Sede (Cosea), che doveva mappare la distribuzione finanziaria della Chiesa e registrare i flussi della Chiesa, è stata chiusa. Molte istituzioni vaticane si sono rifiutate di collaborare. Doveva essere un’operazione improntata alla trasparenza, ma il suo coordinatore, Monsignor Vallejo, è stato inquisito dalla magistratura vaticana. E’ fallita miseramente.

Ad ogni modo, alcuni numeri possono darci un’idea plastica della crisi in cui versa la Chiesa.

  • Vocazioni in declino. Secondo la Pontificia Opera per le Vocazioni Sacerdotali, le vocazioni crescono in Africa e Asia ma crollano in Europa. I sacerdoti nel mondo sono 410mila ma in Europa sono calati di 2mila unità in un anno. Questo dato è ancora più significativo se consideriamo il rapporto demografico tra Europa (710mila), Africa (1 mld), Asia (4 mld). La tendenza continua ad essere negativa. In Italia, nel 2009, 405 nuove ordinazioni sacerdotali a fronte 747 decessi. Dal 2000 al 2009 tra abbandoni e decessi la Chiesa ha perso 8mila preti a fronte di 4500 nuovi sacerdoti.

Questo dato è importante perché ci dice che cosa controlli realmente la Chiesa. Attraverso le missioni, la Chiesa controlla i continenti sfruttati dalle potenze imperialiste. I popoli sfruttati sono quelli a cui la Chiesa propaganda di più la speranza di una vita dopo la morte, grazie al lavoro sociale (scuole, ospedali, ricoveri, aiuti materiali, assistenza legale ed istituzionale).

Qui, crescono le vocazioni. La Chiesa recluta direttamente in loco. L’imperialismo provoca già una sufficiente instabilità politica e militare; proprio per questo è importante che le idee rivoluzionarie non penetrino in questi continenti. L’Europa è, invece, il bacino ideologico della Chiesa. Il dato è fortemente preoccupante per la direzione della Chiesa perché è in Europa che si forgiano le tradizioni.

  • Culle vuote. Stando all’ultimo rapporto demografico Istat, rispetto al 2008 in Italia ci sono stati 73mila bambini in meno, 12mila in meno rispetto al 2013. I nati da coppie coniugati sono 100mila in meno in 6 anni. Sono dati spietati.

Il calo demografico è un problema per la Chiesa non solo per ragioni ideologiche, ma anche per ragioni numeriche. La Chiesa è contro l’aborto per ragioni ideologiche: uomini e donne padroni del proprio destino sono un problema per chi vuole controllarli. Ma anche per ragioni numeriche: meno bambini riduce ancora di più il bacino di reclutamento per una vita basata su una scelta così drastica e in contrasto con la vita di tutti i giorni.

La riduzione della natalità europea è, per la Chiesa, un problema di turnover del proprio funzionariato oltre che della tenuta sociale della Chiesa stessa.

  • Riti civili e coppie di fatto in ascesa. Sempre secondo l’Istat, le unioni di fatto sono aumentate di 10 volte dal 1994. Sono più di un milione, di cui più del 60% costituite con almeno un partner mai sposato. Dal 2008 al 2014 ci sono stati 57mila matrimoni in meno.

Per l’Istat è il prodotto del calo demografico. Probabilmente invece è qualcosa di più. Senz’altro conta il fatto che gli italiani tra i 16 e 34 anni siano calati di 1.3 mln dal 2008. Sempre dal 2000 al 2008 i riti civili sono aumentati dal 20 al 28% tra le prime nozze. E’ una progressione molto forte.

In generale i matrimoni civili sono la maggioranza al nord (55%) e al centro (51%).

Non è casuale che invece questo non avvenga al sud. Il sud Italia è una colonia della borghesia settentrionale, tanto quanto l’Africa e l’Asia lo siano delle principali potenze imperialiste.

“Aiutati che il ciel ti aiuta”

L’abbaglio per le posizioni di Papa Francesco non serve solo a mascherare la crisi della Chiesa e a tentare di assecondare le tendenze di scontento e di lotta che stanno emergendo in superficie nella società. Probabilmente sono anche il riflesso di un malcontento insito nello stesso mondo cattolico.

E’ impensabile che il mondo cattolico, che è ben lungi dall’essere formato solo dai Papa Boys, abbia assistito impermeabile allo scoppio del secondo Vatileaks, con l’apertura delle indagini su Monsignor Vallejo e la sua collaboratrice.

Nè possiamo pensare che lo stesso mondo abbia assistito impassibile allo scandalo dell’abate di Montecassino, che tra festini, prostituzione e champagne riusciva a spendere più di 34mila euro al mese di fondi provenienti dall’8 per mille della famosa Abbazia.

E in ogni caso, questi scandali sono conseguenza della crisi della Chiesa, non causa.

Soprattutto, queste vicende indicano che ve ne saranno altre, che attualmente covano sotto la superficie e che è solo questione di tempo prima che emergano. Altrimenti, non spiegherebbe la furia del Papa nel condannare la fuga di notizie dalla finestra di piazza San Pietro.

Il ragionamento, dunque, dovrebbe essere invertito. I compagni dovrebbero vedere nella strategia di Bergoglio un punto di debolezza, non di forza. L’apertura disperata alla “modernità” ha già frantumato la direzione della Chiesa, come dimostrato dall’ultimo Sinodo sulla famiglia.

Molti a sinistra plaudono alle prese di posizione di Bergoglio. In molte interviste, il Papa ha affermato di non essere comunista, perché tutti i suoi messaggi egualitari sono già contenuti nel Vangelo.

Bergoglio riprenderà il suo conflitto contro il marxismo e contro qualsiasi idea di sollevazione sociale. Riprenderà la posizione della Chiesa “Non avrai altro Dio all’infuori di me”, che nella politica attuale della Chiesa, strumento ideologico di chi comanda realmente questa società, significa “Non avrai altra ideologia all’infuori della mia”.

Più forte sarà la crisi, più forte diverrà lo scontro ideologico, lacerando ogni velo di propaganda.

Come già successo in passato, ad esempio negli anni ’70 in Italia e ancora nel movimento contro la guerra in Iraq, la crisi mobiliterà anche il mondo cattolico. Un popolo che vorrà mettere in pratica le conseguenze delle parole del proprio leader. Questo, di per sé, non potrà che aggiungere contraddizioni a contraddizioni nella direzione della Chiesa.

A quel popolo cattolico che genuinamente tornerà a mobilitarsi e che si troverà disorientato di fronte ai cambi di posizione della propria direzione, non potremo che dire:”Mobilitatevi con noi contro le ingiustizie. Le dispute teologiche le affronteremo dopo che avremo abbattuto questo sistema di ingiustizie”.

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