Se gli uomini avessero più ascolto tra le femministe
Sintesi di una discussione difficile da sostenere. Esistono i femminismi. Esistono tanti modi, tante pratiche, per portare avanti le proprie rivendicazioni. La parte difficile arriva quando un uomo si permette di mostrare un po’ di senso critico, invitando a guardare anche altrove, e alcune donne si irrigidiscono e si rifugiano in una zona confortevole fatta di dogmi, di saperi precotti e di slogan utili in ogni circostanza.
La parte più problematica arriva quando si prova a ragionare di sessismo che riguarda anche visioni veicolate da donne piene di pregiudizi nei confronti degli uomini. Partendo da una logica binaria c’è chi divide donne e uomini in buone e cattivi, vittime e carnefici. Esistono quelli che tentano di capovolgere la questione raccontando la frottola per cui gli uomini sarebbero oppressi e le donne sarebbero invece trattate più che bene.
Una volta – dicono – il femminismo aveva un senso, ma ora avete conquistato tutto e quello che volete e farci soccombere. Tanto risentimento arriva soprattutto da uomini che appartengono a classi medio basse, nei confronti di donne ricche, benestanti, che occupano posizioni di prestigio. Quando si parla di femminismi è questo il quadro che viene fuori: donne privilegiate che esigono altri privilegi. Le chiamano le discriminazioni positive, le quote rosa, il voto doppio nelle liste, le modalità di impiego adottate nei confronti delle donne e, ultimo ma non ultimo, il fatto che c’è seriamente chi pensa che una donna tutto può e con la figa tutto può ottenere.
Uomini mancanti di figa, con l’invidia della figa, potrei dire, immaginano che già quella sia strumento per raggiungere situazioni di privilegio. Le donne – dicono – non muoiono in guerra tanto quanto gli uomini. Non svolgono lavori pesanti e sono vittime in minor numero di incidenti sul lavoro. Le donne non sono vittime di suicidi tanto quanto gli uomini, e snocciolando statistica dopo statistica, viene fuori il quadro di un contesto maschile in cui vedi tanti disorientati e oppressi in senso classista, che tentano una rivendicazione e se non possono confrontarsi con le donne finiscono dritti in mano ai misogini largamente presenti nel web, soprattutto nel contesto anglofono.
Si torna indietro immaginando donne che si servono di uomini per mantenere la propria posizione di privilegio. È lei che comanda, lei che dice quel che c’è da fare ed è lei ad averla vinta ovunque, dal posto di lavoro al parlamento, per via del fatto che si descrive e viene ritenuta fragile e bisognosa di maggiore spazio e protezione.
Tutto ciò può essere facilmente smerciabile tra i femminismi in cui la dicotomia uomo/donna è trattata esattamente come la tratterebbe un uomo, un maschilista, di destra. Vince la natura, le regole predisposte, si fa appello alla comprensione maschile, alla responsabilizzazione dell’uomo perché la donna è quella che ha in mano il potere di riproduzione; è madre, e quella che svolge il ruolo di cura, che ha una differente sensibilità e che concede la propria virginale sessualità solo a chi la merita, quasi che fosse un premio e che la figa fosse fatta d’oro.
Diversamente questi argomenti non attaccano con il femminismo intersezionale. Vedete? Noi non abbiamo mai pensato che gli uomini siano i cattivi per antonomasia. Non pensiamo che siano violenti per nascita. Non ci piace il fatto che siano mandati a morire in guerra e analizziamo la questione economica e sociale e ci preoccupiamo di tutte le vittime di suicidio, per disoccupazione, indigenza, precarietà, senso di vuoto e fallimento. Ma non riteniamo neppure che la donna sia una provocazione, una pericolosa presenza atta ad impedire all’uomo la possibilità di librarsi nell’aria per poter realizzare i propri sogni.
Le donne hanno problemi nel lavoro, vengono cacciate via se incinta o in età fertile. Vengono cacciate via dopo i quaranta anni. Sono troppo spesso tristemente ed economicamente dipendenti. Devono impegnarsi nel ruolo di cura e questo significa dover crescere i figli, badare con gli anziani, e tutto ciò non sempre è una libera scelta. Il più delle volte è una costrizione che deriva dalla convinzione che le donne siano obbligate a interpretare quel ruolo di genere.
Tante donne non temono di svolgere lavori pesanti e non cedono affatto agli uomini gli incarichi più rischiosi. È fuor di dubbio che gli uomini sono più spesso impiegati in mestieri difficili ma questo non può e non deve diventare pretesto per istigare odio contro le donne che sarebbero, per alcuni, colpevoli di aver così formato la società. Le donne non vivono in condizione di vantaggio e vengono da secoli di oppressione patriarcale. Non significa che non si riconosce che abbiano delle responsabilità e che non sempre sono vittime. Anzi. Si dice però che esiste uno scarto importante tra quel che le donne, universalmente possono fare e quello che agli uomini è concesso. In molti paesi alle donne è proibito fare cose da sempre normali per gli uomini, e di questo svantaggio oggettivo quei riferimenti maschili che accolgono le rivendicazioni di uomini precari e persi, non fanno affatto parola.
La questione diventa tanto meno credibile se poi si guarda ai discorsi che alcuni di questi riferimenti maschili fanno. Le donne stuprate se la sono cercata. Lo stupro in alcune condizioni deve essere depenalizzato. Le donne dovrebbero girare coperte ma poi li scopri islamofobi e pronti a buttarsi nel fuoco per togliere il velo alle donne musulmane. Troppe contraddizioni mi fanno ritenere che la traccia per discutere di rivendicazioni e diritti dovrebbe essere tenuta a debita distanza da ogni forma esasperata di pregiudizio di genere. Vale per le donne e vale per gli uomini.
Allora quel che dovremmo fare, e parlo di noi femministe intersezionali, è accogliere alcune questioni per farle diventare oggetto di discussione. Criticissima, ma pur sempre slegata da ogni particolare o generale sessismo. Non so se ho ben riassunto quel che alcun* tra noi tentano di mettere a fuoco, ma è certo che non si può restare arroccati a fare finta che gli uomini debbano venire da noi a espiare, in ginocchio, tutti i peccati del mondo, senza che si pensi ad ascoltare quello che hanno da dire.
Chiunque abbia in testa immagini di donne che devono essere additate come colpevoli per essere state vittime di stupri, di discriminazioni, di molestie, chiaramente non può avere alcun particolare momento interlocutorio con noi. Ma se parli di precarietà, cercando di capire che le donne non ti sono nemiche e che non siamo noi quelle che sfruttano gli uomini, allora eccoci. Ci siamo. Dunque: di che vogliamo parlare?
Raffaella (riassume una discussione tra Raffaella, Elena, Andrea e Tania)
Tratto da: Al di là del Buco