Il settore della pelle come specchio del “made in Italy”

Un anno fa, in seguito alla puntata di Report sullo sfruttamento dei lavoratori per i grandi marchi del lusso, avevamo scritto questo articolo, dove mostravamo perchè i padroni sono così interessati alla quantità e qualità del tempo che ci rubano. Visto che per vivere, infatti, bisogna affittare il proprio tempo in cambio di un salario, è bene sapere a cosa si va incontro. In questo caso abbiamo deciso di intervistare un lavoratore che conosce bene il mondo della pelle nell’area fiorentina, in particolare come si lavora in una micro impresa: emerge uno spaccato piuttosto chiaro, un vero e proprio specchio di quel “made in Italy” tanto osannato in tempi di Expo, quanto poco conosciuto.
Uno dei vari”modelli toscani”, basato sulla presenza di moltissime imprese di micro dimensioni (a gestione familiare, come da tradizione italiana) e un discreto numero di medie imprese (in cui la componente familiare è sempre ben presente) le quali fanno capo direttamente a un ristretto numero di grandi aziende. Per districarsi in questo tessuto di scatole cinesi, dopo aver richiamato esempi di sfruttamento a noi più noti, vi lasciamo alla lettura dell’intervista. 

Puoi descriverci la tua attività (giornata lavorativa, produzione, committenti ecc)?

La giornata lavorativa della mia azienda è di 8 ore (per i dipendenti) ma per chi la gestisce praticamente lavoriamo fino alle 19 tutti i giorni (o quasi) e anche il sabato mattina. Tutto questo viene fatto per riuscire ad arrivare alla fine del mese e aver pagato tutti i fornitori, dipendenti, i propri stipendi (per garantire gli stipendi ai miei dipendenti, io amministratore guadagno poco più di un ragazzo apprendista, nonostante lavori 12 ore al giorno e il sabato mattina), tasse ecc. La mia azienda con il 90% di quelle presenti sul territorio fiorentino, produce per i più famosi brand del lusso.

Come è strutturato il settore della pelle, quante persone e imprese coinvolge?

Il 90% dell’indotto dell’area fiorentina deriva da aziende che lavorano nel settore della pelletteria (portafogli, borse ecc.). Ci sono però 2 tipologie per lavorare: fornitore diretto o sub fornitore. Il fornitore diretto è quell’azienda che lavora direttamente per l’azienda madre, direttamente per il brand, a sua volta il fornitore diretto può decidere (a seconda delle quantità di lavoro e dei prezzi di realizzazione) di poter dislocare il lavoro a uno o più sub fornitori, che sarebbero altre pelletterie ma che lavorano per conto di una pelletteria come loro e non per conto del Brand. Se un’azienda diretta ha molto lavoro, questo gioco dei Sub Fornitori è conveniente perchè riescono a lavorarti a un prezzo più basso di quello che l’azienda madre dà a quella diretta. Per esempio: il Brand di nome “TIZIO” per fare un portafoglio mi paga 25 euro, io per farlo fare a un sub fornitore, togliendo alcune fasi di lavorazione che viene fatta internamente, glielo pago 12 euro. Alla fine dei conti, il sub fornitore ci fa pari, il fornitore diretto se ha la possibilità di avere molto lavoro, riesce sempre a mettersi in tasca 2/3/4 euro senza aver fatto niente e su migliaia di portafogli il guadagno non è per niente male. Attenzione però a non incorrere nel qualunquismo perchè il fornitore diretto è costretto a tenere prezzi bassi così perchè i prezzi di partenza dell’azienda madre sono già risicati. L’unico modo per poter lavorare “bene” a prezzi bassi è avere molta quantità e soprattuto continuità, costanza durante gli anni che ormai è sparita dal vocaboliario di questi Brand, a parte qualche sporadica eccezione.

Quali sono le principali richieste dei grandi fornitori? Dove vanno a produrre altrimenti?

La richiesta maggiore di tutti i Brand è la qualità e i prezzi contenuti. Ora, dobbiamo fare due considerazioni:
tutte le Firme pretendono che i prodotti abbiamo una qualità eccelsa e il controllo da parte degli ispettori delle Griffe sono a livelli maniacali, risulta però difficile raggiungere gli standard in quanto “non si può pretendere di fare una Ferrari con i pezzi di una Panda”, tanto per far capire con che materiali lavoriamo, perchè oggi giorno lavoriamo il cartone e non la Pelle, ma nonostante tutto i prezzi rimangono gli stessi, l’artigianalità sparisce perchè tutto diventa sempre più industrializzato. Alla fine poi cosa rimane ? Niente, perchè per loro sei solo un codice e se non lo fai bene te (inteso come azienda) ti rimpiazzano con altre aziende, la manodopera la trovano ovunque sia Italia o all’estero. Anzi, molte aziende che in questi 20/30 anni hanno sempre prodotto in Cina/Romania/Moldavia ecc, adesso stanno tornando in Italia e decantano il “Made in Italy”, il problema però è che pretendono di fare il lavoro qui agli stessi prezzi di questi altri paesi, in alternativa ricorrono al semilavorato, cioè fanno fare il 70% all’estero, poi spediscono in Italia e il montaggio finale viene fatto da noi e con questo trucchetto sopra gli oggetti ci timbrano “MADE IN ITALY”.

Come consideri la tua condizione, in quanto lavoratore di una micro impresa a gestione “familiare”? Ti senti più “padroncino” (senza offesa) o operaio, specie con la crisi?

Personalmente mi sento più operaio che “padroncino”, in quanto vengo da una famiglia di lavoratori e nonostante lavorino in proprio da tanti decenni, hanno sempre fatto sacrifici per garantire stipendio e quant’altro ai propri dipendenti. In questo momento di crisi mi trovo in una situazione che per il bene dell’azienda il mio stipendio è quasi al pari di un ragazzo apprendista nonostante lavori 10 ore al giorni e pure il sabato mattina.

Come pensi dovrebbero organizzarsi i tuoi simili nel mondo del lavoro, visto l’attacco delle grandi imprese e la complicità dei sindacati confederali?

Credo, ne sono convinto, che innanzitutto si debba cominciare a fare una distinzione nel mondo imprenditoriale, cioè, va diversificata la grande azienda dalla micro impresa come la mia perchè sono completamente l’opposto in tutto e su tutto. La potenza economica, la possibilità finanziaria fa la grande differenza e da lì partono una serie di cose come lo sfruttamento delle grandi imprese sui dipendenti. Penso che il primo passo sia questo, tutelare le micro imprese, diversificarle dalle multinazionali e se necessario fare delle leggi su misure per realtà come la mia, perchè in tantissimi casi l’operaio e l’imprenditore come me lottano per la stessa cosa: dignità, lavoro e uno stipendio per poter vivere tranquillo e per dire stop allo sfruttamento delle grandi multinazionali che per un motivo o un altro sfruttano tutti  e due.
Inoltre, il settore della pelletteria non è immune da tangenti, favori vari ecc. Esiste una rete, formata da vari soggetti di rilievo di questo settore (come dirigenti e titolari di aziende) che vendono macchinari per la pelletteria. Questi dirigenti per garantirti il lavoro pretendono favori di vario tipo, esempio: se una borsa costa 70 euro al fabbricante o un portafoglio ne costa 30, loro pretendono che ad ogni pezzo gli sia destinata la cifra di 1 euro, 2 euro e così via, insomma una vera e propria tangente che ha riempito le tasche a molte persone, stiamo parlando di milioni di euro (oltre ai loro remunerativi stipendi da dirigenti).
Ovviamente parliamo di grandi quantità di lavoro, perché questi sono personaggi di alto rilievo all’interno del brand e quindi sono in grado di determinare direttamente quanto lavoro dare e a chi darlo. Esiste poi il caso del rivenditore di macchinari: nell’area fiorentina esistono alcuni rivenditori molto famosi e potenti nel settore che hanno amicizie e mani in pasta dappertutto, praticamente le griffe ti obbligano ad acquistare macchinari da loro in cambio di lavoro, parliamo di macchine che vanno dai 30.000 euro in su, e a loro non importa chi sei, se sei una grande azienda o una piccola azienda, l’importante è che se vuoi il lavoro devi comprare le macchine da loro, solo da loro altrimenti niente, ti arrangi.
Nell’ultimo anno, poi, c’è stato uno “scandalo” che tutti gli addetti del settore conoscevano, ma solo oggi è uscito fuori: l’azienda coinvolta è una nota griffe a livello mondiale che per molti anni ha avuto al comando un tale, il quale ha fatto più danni della grandine grazie a tutte le tangenti e favori che prendeva. È venuto alla luce tutto il sistema che aveva creato insieme ad altri “amici”, cioè rivenditori di macchinari, materiale per pelletteria ecc. Questo soggetto è stato licenziato, ma nonostante tutto, a quanto so, lo hanno assunto in una grande azienda di pelletteria. Insomma gira che ti rigiri, anche nella pelletteria più disonesto sei, più carriera fai..
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