La medicina è la malattia. Note su un vecchio sistema: il capitalismo

1. L’andamento ciclico è insito nella natura del capitalismo. Marx lo aveva previsto, la realtà l’ha confermato. Al picco di ogni ripresa, il capitale fatica a trovare nuovi sbocchi profittevoli. Emerge la sovrapproduzione. L’economia surriscaldata dalla propria stessa anarchia rallenta. Si avvia un nuovo valzer di fusioni, un settore della piccola borghesia viene rovinato. Si annunciano tagli su dipendenti e salari. E dopo aver distrutto parte della capacità produttiva eccedente, il ciclo riparte.

Eppure il ciclo non è uguale a sé stesso. Va accumulando contraddizioni a cui il sistema risponde modificandosi. Ogni modifica determina nuove e maggiori contraddizioni. La medicina diventa la nuova malattia. Il ciclo riparte solo generando nuova barbarie, la nuova barbarie trascina a picco la società. L’intera umanità è posta di fronte al bivio: regredire o progredire drasticamente con un balzo verso un nuovo sistema economico.

2. Crisi e riprese si alternano. Il ciclo però non è una pura ripetizione. Le riprese assomigliano sempre di più a stagnazioni e generano nuove contraddizioni. Le crisi acquisiscono profondità, violenza, allungano la loro durata. Così rallenta la crescita del Pil dopo ogni crisi:
-1982; 34%
-1991; 23%
-2001; 17%
-2009; 14%

3. Nell’attuale congiuntura, il ciclo volge verso la più classica delle classiche crisi di sovrapproduzione. Ogni giorno arrivano 2 milioni di barili di greggio sul mercato che faticano a trovare un compratore. 110 milioni di balle di cotone nel mondo restano nei depositi in attesa di essere venduti. Nel 2015 la Cina ha dovuto ridurre la produzione di acciaio del 2,3%: 19 milioni di tonnellate tolte dal mercato, come se fossero sparite in un colpo tutte le acciaierie di Gran Bretagna e Olanda.

Aumentano i disoccupati, l’eccesso di forza lavoro impiegabile. C’è eccedenza di capitali da investire, di case, di auto, di alimenti. E il mondo nel frattempo scivola verso la miseria nell’abbondanza.

Alla crisi di sovrapproduzione si aggiungono le convulsioni delle contraddizioni accumulate in precedenza. Esse sono i vecchi rimedi “anticiclici” che ora aggravano lo stato del ciclo.

4. Produrre denaro dal denaro, attraverso il meccanismo finanziario, è il modo più classico per aggirare la sovrapproduzione. L’economia finanziaria ha infatti raggiunto livelli impressionanti. Il monte dei derivati, prodotti finanziari basati sull’andamento di altri prodotti finanziari, è grande quasi 10 volte il Pil mondiale. Nel 1998 il rapporto era di circa 2,5 volte.

Questo enorme castello di carta non potrà mai essere riassorbito. Esso è ormai un’entità economica e politica che dirige scelte di Banche centrali e Stati. E che periodicamente torna a far sentire la sua insostenibilità.

5. In Borsa l’inizio del 2016 è stato il peggiore dal 1970. Solo nei primi due mesi sono stati bruciati 2500 miliardi di Euro. Si chiedono gli economisti: la crisi finanziaria avrà un impatto sull’economia reale? Significativo che siano gli stessi analisti ufficiali a definire la propria economia “irreale” e “irrazionale”. Tuttavia non esiste un capitalismo “reale” e uno “finanziario”. Esiste un’unica economia capitalista. La crisi finanziaria è già causata dallo stato del resto dell’economia. Il rapporto è semmai opposto: la crescita dei valori azionari è stata finora fuori dalla realtà. E’ la realtà quindi che sta avendo un impatto sulle Borse.

6. Uno dei più elementari e banali rimedi del capitale alla riduzione della capacità d’acquisto dei lavoratori è dirigere gli investimenti verso il lusso e verso la produzione di mezzi di produzione. Commerciando tra di sé, sia come consumatori di alto borgo sia come padroni d’azienda, i capitalisti possono tornare a investire il plusvalore accumulato traendone profitto. Così ad esempio, l’enorme quantità di investimenti assorbiti da Cina e paesi emergenti è stato dall’inizio degli anni ’90 ad oggi un fattore di alleggerimento della crisi complessiva del capitale. La Cina ha assorbito l’esportazione di beni strumentali tedesca, i ricchi cinesi hanno riempito le tasche delle aziende del lusso italiane e europee, le aziende americane hanno portato lì la produzione guadagnando margine di profitto.
I cosiddetti paesi emergenti sono passati dall’essere il 20% del Pil mondiale nel 2002 ad essere l’attuale 40%. Nel corso degli ultimi 25 anni gli investimenti in conto capitale da parte delle società quotate in borsa del mondo sono cresciuti di un incredibile 500%. Gran parte di questo fenomeno è accaduto in Cina e nelle economie dei mercati emergenti, e nelle infrastrutture di trasporto e di distribuzione che li collega. Ora questa massiccia creazione di capacità produttiva genera enorme sovrapproduzione.

7. La concorrenza per la conquista di mercati ampiamente saturi diventa ancora più agguerrita. La stessa “crescita” economica precedente ha consegnato allo scacchiere internazionale nuovi protagonisti della spartizione del bottino. Da “opportunità” di investimento, Russia e Cina si sono tramutati in concorrenti militari e politici. Solo la Cina nel 2015 ha raddoppiato la spesa militare, portandola alla cifra record di 144 miliardi di dollari. La Russia batte i pugni in Siria e e in Ucraina. E tanto più queste nazioni vedono peggiorare la propria situazione economica intera, tanto meno ricevono in investimenti e guadagni dal mercato internazionale, tanto più devono aumentare la propria aggressività imperialista e militare.

8. L’internalizzazione dei mercati e il commercio mondiale sono fattori propulsivi della crescita. Abbattono i prezzi, permettono ai capitali di muoversi laddove i margini di profitto sono migliori. Al contempo la forza lavoro disperata si muove verso i paesi dove il capitale può offrirle un impiego. Finchè ad un certo punto si tramuta nell’opposto: nella base per conflitti mondiali e crisi internazionali.

Prendiamo il petrolio: crolla di prezzo a causa della sovrapproduzione . La sovrapproduzione dovrebbe suggerire un accordo di cartello tra i produttori per ridurre la produzione petrolifera. Eppure l’Arabia Saudita resiste a tagliare la produzione. E’ il risultato delle tensioni con gli Usa. Negli Usa sono sorte come funghi aziende che ricavano petrolio con la costosa tecnica del fracking. Questa tecnica diventa non remunerativa se il costo del barile si tiene sotto i 30 dollari. Per l’Arabia spingere il petrolio sotto quella soglia significa far la guerra all’industria petrolifera americana. Nel settore del fracking americano, si registrano già fallimenti per 2 miliardi di dollari, con 70mila posti di lavoro bruciati e una ricaduta sulle insolvenze bancarie.

9. Concedendo credito si anticipa capacità di acquisto futura. Questo permette parzialmente lo smaltimento della sovrapproduzione e la ripartenza del ciclo. Ma quando il credito si tramuta in debito accumulato, il suo effetto sul ciclo diventa opposto. La necessità di ripagare il debito sottrae capacità d’acquisto al mercato. La montagna di debiti rende pericoloso e perfino superfluo concedere nuovo credito: i nuovi prestiti infatti vanno semplicemente a rifinanziare i debiti in scadenza.

Per fare solo un esempio il debito cinese è quadruplicato, crescendo da 7 trilioni di dollari nel 2007 a 28 trilioni a metà del 2014. Nel corso degli ultimi due decenni, il debito da rimborsare nel mercato globale del credito è salito da 40 trilioni di dollari a 225 trilioni di dollari.

10. La rendita immobiliare è sbocco principe per il capitale che annusa i segnali di sovrapproduzione. Il capitale gettandosi nel settore alimenta una bolla dove si riesce a valorizzare spingendo verso l’alto i prezzi di case e terreni. Gli alti prezzi a loro volta alimentano il settore delle nuove costruzioni. Ma anche questa bolla giunta al suo apice diventa un fattore di crisi deflagrante.

Soltanto in Italia dal 2010 ad oggi il valore assoluto delle sofferenze bancarie collegate al settore è quadruplicato passando dai 9,2 miliardi del 2010 ai 40,6 odierni. Al momento ci sono 90.000 case invendute solo nel nostro paese.

11. L’incredibile accumulo di debiti, prodotti derivati, sovrapproduzione, bolle immobiliari e speculative di ogni tipo, ha portato nel 2008 a un crack finanziario senza precedenti nella storia del capitalismo. Il rimedio individuato dalle diverse Banche centrali è stato quello di stampare moneta in quantità impressionanti, portando i tassi praticamente a zero. Le ultime due mosse in ordine di tempo, la Banca del Giappone che ha introdotto tassi negativi e Draghi che ha portato il principale tasso di rifinanziamento da 0,05% a 0%, sono mosse disperate.

Preannunciano questo: quanto fatto contro la precedente crisi ha già perso la propria efficacia. Da soluzione, ora si tramuta in problema. Senza la droga della liquidità facile, il sistema crolla. Ma continuando a introdurre liquidità, la stampa di moneta perde la sua efficacia. In 7 anni la Fed ha fornito liquidità per 2500 miliardi di dollari. La Bce ha finora immesso liquidità per 60 miliardi di euro al mese (passati ora a 80). La Banca centrale cinese ha stampato negli ultimi anni più moneta di tutta la sua storia. I tassi di interesse sono stati portati a zero per costringere i vari soggetti finanziari a non tener fermo il denaro e a farlo fruttare nella cosiddetta economia reale, concedendo mutui a privati e prestiti alle aziende. Ma quando il livello di rischio nel prestare soldi è così elevato, quando investire in nuove aziende è impossibile data la saturazione del mercato, perfino tenere il denaro fermo a tasso zero o leggermente negativo può diventare conveniente. Cosa succede quando nemmeno la liquidità delle Banche centrali tranquillizza le Borse, quando l’economia ristagna nonostante vi sia abbondante liquidità? Succede che stampare soldi e concedere credito diventa inutile e ripagare i debiti accumulati diventa impossibile.

12. Si arriva infine al punto in cui la guerra non diventa più solo il mezzo necessario per lo scontro tra i diversi capitalisti in un mercato saturo, ma diventa anche la misura anticiclica per eccellenza assorbendo capitali, produzione, distruggendo paesi da ricostruire, impiegando e “bruciando” mano d’opera in eccesso.

13. Tutto questo non determina l’avvicinarsi del crollo catastrofico finale del sistema. Questo crollo non esiste. Determina semmai che l’impasse dell’economia sposta ancora di più il baricentro sullo scontro politico. Scontro politico tra Paesi, tra settori della classe dominante, tra la classe dominante e gli sfruttati. Determina il risorgere di nazionalismi, violenze settarie e religiose, fanatismi, il decadere dei costumi stretti tra il ritorno del Medioevo e ogni tipo di libertinismo a base di overdose di droghe. Determina però anche il crollo della fiducia nel sistema, la disponibilità a idee politiche nuove e rivoluzionarie. La sola soluzione alla crisi economica è l’avvento sul terreno politico della reazione o del movimento, della controrivoluzione o della rivoluzione. Determina che il nostro ruolo è qui e ora più che mai determinante. Indispensabile il nostro attivismo, la nostra capacità di analisi, azione e di organizzazione.

14. Noi non apparteniamo alla discussione su cosa bisogna fare per stimolare l’economia. Noi non disquisiamo su cosa è meglio per il made in Italy o su cosa dovrebbe fare il Governo per l’economia. Questa economia è una macchina per profitti. Noi non siamo per salvare il capitalismo ma per salvare l’umanità dal capitalismo. Noi apparteniamo all’azione per risollevare le condizioni di vita di milioni di persone. Dalle loro più elementare esigenze di una vita dignitosa battono i colpi che partoriranno un’economia che sia in grado di dare un futuro all’umanità.

tratto da https://www.facebook.com/Marxpedia.org/

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