Alternative senza classe, classi senza alternativa: appunti sul dopo-elezioni

1. Riguardo alle recenti amministrative non possono non tornarci alla mente le parole di Rosa Luxemburg: “minor fiducia in una “nuova era” a ogni insignificante cambiamento di vento (…), in compenso più tranquilla continuità in politica, più calcoli a distanza, fondati sui grandi decisivi fattori della lotta di classe – è questo di cui abbiamo bisogno nella grande epoca in cui viviamo”. Dalla ingiustificata depressione per il risultato referendario sulle trivelle all’euforia per i risultati di Roma e Torino, il passo è breve. Una informe massa di elettori, a cui fa il paio una informe massa di non elettori, si deprime, si agita, si entusiasma, si scalda, a volte inveisce contro il popolo, a volte si autoproclama popolo. Nessuna attenzione al progetto, all’analisi, alla solidità della prospettiva, al processo in corso: solo l’oscillazione emotiva del tifoso mentre assiste alla partita. I fatti elettorali, e ancora di più quelli di cui stiamo parlando, sono il pallido e distorto riflesso di processi più profondi nella società. Hanno un valore sintomatico. Ed è questo lo spirito con cui dobbiamo analizzarli.

2. Alle amministrative Renzi perde ma, per motivi diversi, nessuna alternativa reale è data. Non è un’alternativa praticabile per la borghesia il centrodestra. Non lo è per la nostra classe il Movimento 5 Stelle. Dentro lo scontro tra Renzi e 5 Stelle, la nostra lotta di classe non potrà trovare né riferimenti, né espressioni compiute o distorte che siano. La crisi di Renzi è propedeutica a un risveglio della lotta di classe, tanto quanto lo sarà quella dei 5 Stelle alla prova di Governo. La vittoria 5 Stelle non annuncia “la rivoluzione”, ma semmai è un frutto dei suoi ritardi.

3. Renzi e il Pd perdono perchè sono stati percepiti, e in effetti lo sono, come i rappresentanti di punta del sistema. Era solo quindi questione di tempo perché la crisi del sistema li trascinasse a picco con sè. Perdono perchè, esaurita la droga degli incentivi fiscali, l’economia mostra nuovamente il fiato. Perdono perché tentano di rappresentare unitariamente una borghesia che unita non è. Divisa territorialmente, per settori, incapace di darsi un progetto unificante, la classe dominante italiana abbraccia Renzi, poi lo fischia, lo bacchetta, lo loda. Il problema di un partito borghese classico che tenga insieme tutte le anime della classe dominante italiana non è stato risolto in 150 anni di storia. Non sarà di certo risolto con qualche tornata elettorale.

4. L’affarismo è sempre stato per la borghesia italiana la più solida base per una solidarietà di partito. Era così nella Dc. Ed era in fondo così con Forza Italia dove l’affarismo del grande capo garantiva quello di tutte le cordate minori. Renzi non può replicare né il primo modello né il secondo. Ha agglomerato un blocco attorno a sé di piccoli affaristi e sconfinati arrivisti: un gruppo insufficiente a dominare il paese, a rappresentarne i multiformi appetiti economici, ma sufficiente a provocare tutte le fazioni della borghesia escluse dalla mangiatoia. Arrivato al vertice del Governo non ha potuto fare altro che allargare la sua base di “clientela” includendo nuove cordate e satrapi locali: Alfano, Verdini, De Luca ecc.. Ma per ogni nuovo arrivato, c’era qualche malumore tra gli altri commensali. Così sono iniziati a fioccare gli editoriali al vetriolo sul Sole 24 Ore, sul Corriere e recentemente perfino su Repubblica.

5. La classe dominante italiana mostra così tutta la propria miopia. Mentre Renzi cade, essa non ha in verità nessuna alternativa. Mai come oggi nel campo dei poteri forti dopo Renzi c’è il nulla. Ed è per questo che lo puntelleranno fino alla fine. Lo criticheranno e lo puntelleranno. Lo difenderanno e lo affosseranno. La borghesia ha chiesto a Renzi di “andare fino in fondo” e ora lo maldice per essersi spinto troppo in là. Si è infilato in un referendum costituzionale che difficilmente può vincere. Ha lottato per l’Italicum che si basa sul modello elettorale dei ballottaggi alle amministrative. Ed è stato sbaragliato ai ballottaggi delle amministrative.

6. Il centrodestra perde d’altra parte quasi dovunque e sotto qualsiasi forma si presenti. Perde diviso a Roma dove Berlusconi tenta di usare i propri voti solo come forma di pressione verso il candidato del Pd. Perde unito a Milano. Subisce una battuta d’arresto il progetto di Salvini: quello di un Front National italiano. L’abbiamo sempre detto: Salvini non può puntare ad avere un respiro nazionale basandosi solo sulla Lega al nord e le risicate forze di estrema destra nel resto d’Italia. Un Front National italiano potrebbe nascere solo se settori importanti di classe dominante decidessero di sostenerlo. Cosa che è ben lungi da accadere: si rendono conto del pericolo. L’ascesa di Salvini determinerebbe una opposta radicalizzazione a sinistra. Uno scenario di cui la classe dominante fa al momento volentieri a meno.

7. Il Movimento 5 Stelle vince. Non aumenta in verità i propri consensi rispetto alle scorse elezioni politiche. Non c’è sfondamento nel paese. Gli scintillanti tempi dello tsunami tour sono andati. Lo sfondamento è tutto sul terreno elettorale e avviene soprattutto in virtù del crollo del Pd. Quanto sembrava fantapolitica diventa ora una seria possibilità: il Movimento 5 Stelle può aspirare al Governo Nazionale. Il ritardo nella costruzione di un’alternativa di classe da un lato e la crisi di Renzi dall’altro gli consegnano del resto lo scettro di unico contendente elettorale del Pd. Difficilmente le prossime elezioni politiche, che siano subito dopo il referendum costituzionale o nel 2018, vedranno uno scenario differente. Il dualismo tra Movimento 5 Stelle e Pd egemonizzerà il dibattito elettorale,contribuendo a ritardare ancora di più la nascita di un’alternativa di classe, almeno su basi di massa.

8. Tuttavia l’apice del successo elettorale del M5S sarà anche l’inizio del suo crollo. E’ il principale contendente di Renzi. E per questo i due fenomeni cadranno a stretto giro uno dopo l’altro. I 5 Stelle hanno dimostrato di non avere nessuna forma di anticorpo all’istituzionalismo. Alcuni di loro saranno bruciati per ingenuità. Altri più probabilmente svilupperanno rapidamente una forma di complicità con i poteri che contano. Non hanno né un programma né la volontà di uscire dalle compatibilità che gli verranno poste. Per questo, dopo alcune recalcitrazioni, cederanno, cederanno e infine continueranno a cedere. E’ lecito ipotizzare il contrario? E’ lecito ipotizzare che sotto il ricatto delle compatibilità economiche, un settore del M5S al contrario si radicalizzi entrando in cozzo con il sistema? Ci sentiamo di rispondere un no piuttosto categorico. Perchè la pressione dall’alto a cui saranno sottoposti gli amministratori 5 Stelle sia controbilanciata da una uguale pressione dal basso, ci vorrebbero dei canali attraverso cui questa pressione possa salire dalle masse ai vertici del movimento. E questi canali, per quanto ne sappiamo, non esistono, né nessuno lì dentro si pone minimamente l’obiettivo di crearli. Non ci sono circoli, riunioni e nemmeno i fantomatici meet-up. Un movimento d’opinione liquido è quanto più possa esistere di frantumabile e strumentalizzabile dalle leve invisibili del potere economico. Del resto, tanto più il M5S si avvicina alle leve di Governo, tanto più prende campo al suo interno la corrente Di Maio: quella più rispettabile, camaleontica, isituzionale e responsabile. Non sappiamo se un Di Battista si prepari alle prime difficoltà “di Governo” a ergersi a paladino del “movimentismo originario” dei 5 Stelle. Difficile prevederlo con esattezza. E in fondo anche inutile provarci.è un dettaglio di secondaria importanza.

9. La crisi del Pd suggerirebbe un allontanamento da quel partito, la seria costruzione di un’alternativa di classe alla sua sinistra. Ma non è questa la logica con cui si muovono i dirigenti della cosiddetta “sinistra del Pd”. Esiste un problema insolubile per i dirigenti di Sel o di Sinistra Italiana e ancor di più per la sinistra interna al Pd: non hanno alcun progetto politico, se non quello di garantire la riproduzione professionale del ceto politico da cui sono composti. In pratica non possono vivere al di fuori del piano elettorale e ancor più da quello governativo. Non possono cioè vivere senza il Pd o quanto meno senza una prospettiva di allearvisi. La crisi di Renzi, lungi dall’allontanarli da quel partito, al contrario li risucchia: la crisi del grande leader ringalluzzisce la battaglia interna. Ed ecco il governatore della Toscana Rossi alzare subito la testa: mi candido a segretario perchè il Pd deve torni ad essere di sinistra. Quando e dove lo sia stato, lo sa solo Rossi. Il modello è Milano, è Sala è di nuovo “il centrosinistra”. Vanno così a reclamare il timone del Titanic e in qualche forma potrebbero riceverne un pezzetto. Può esserci Pd senza Renzi, ma non senza la sua politica. Quest’ultima è dettata dalle esigenze della crisi del capitalismo, non dalle ambizioni del chierichetto di Rignano sull’Arno.

10. Proprio nella Toscana di Rossi, l’unica vittoria elettorale di Sinistra Italiana (Si), nel comune di Sesto Fiorentino suggerirebbe la direzione esattamente opposta. A Sesto Fiorentino Si vince solo perché si appropria furbescamente del consenso generato da una lotta di massa. Proprio a nord di Firenze, nella piana, è da tempo in un atto un vasto movimento contro la costruzione dell’inceneritore e l’ampliamento dell’aereoporto. Al primo turno la lista più vicina a questa lotta (quella guidata da Maurizio Quercioli), è stata superata per poco da Sinistra Italiana (Si). E se Si non avesse deciso di aderire durante il ballottaggio al protocollo “rifiuti zero” accreditandosi come lista “no inceneritore” difficilmente avrebbe vinto le elezioni. Morale semplice? Non c’è mobilitazione di massa che non veda il Pd come controparte. Non c’è sinistra al di fuori della lotta.

11. Tanto più si profila uno scontro politico tra Pd e M5S, tanto più le diverse cordate di potere si ridislocheranno lungo quest’asse. Che sia per approfittare delle difficoltà di Renzi o che sia per praticare gli spazi che si aprono nel M5S, tutte le peggiori pulsioni dei diversi pontenati economici si indirizzeranno là dentro, aumentando contraddizioni e spinte centrifughe.

12. Ultimo, non per ordine di importanza, il fenomeno De Magistris il cui problema è semplice: è un fenomeno difficilmente replicabile a livello nazionale. E non per il fatto, come è stato scritto, che De Magistris non si ponga il problema di allargarsi a livello nazionale. Anzi, ci sembra che questa sia una delle sue principali aspirazioni. Ma su che forze dovrebbe basarsi il “partito” di De Magistris? Sulle “città ribelli” come ha detto “Giggino”? E quali sarebbero? Ci sembra una forma di “municipalismo zapatista” fuori luogo e fuori tempo massimo. Nel resto del paese, le città “ribelli” sono quelle a 5 Stelle e non hanno molta intenzione di dare spazio a De Magistris.

13. Esiste solo una classe in grado di dare un respiro nazionale ad un partito alternativo al Pd. Si tratta del movimento dei lavoratori: De Magistris potrebbe trovare una sua collocazione politica nazionale solo se si ponesse come punto di riferimento cosciente di tale movimento. Ma questa non è appunto una cosa da De Magistris, il quale deve spingersi verso sinistra, mantenendo però entro certi limiti indefiniti i caratteri della popria proposta e il suo carattere interclassista. La verità è che sul piano nazionale la strada gli è sbarrata dallo stesso 5 Stelle e dalla codardia dei vertici Cgil che continuano incredibilmente a guardare allo scontro interno al Pd per risolvere i propri problemi di rappresentanza burocratica. Ci si potrebbe obiettare: nella misura in cui il fenomeno De Magistris si è posto ed è cresciuto in opposizione ai poteri forti, al Pd e al Pdl, esso contiene spazi interessanti da praticare e feconde contraddizioni da aprire. Anche assumendo questo punto, ci permettiamo di far notare come tali contraddizioni potrebbero essere aperte a patto di mantenere la totale sobrietà e autonomia di critica nei confronti del leader “Giggino”. E’ invece desolante constatare come settori della sinistra antagonista siano rimbalzati da posizioni di rifuto di qualsiasi intervento nell’arena politica a rapportarsi a De Magistris come un piccolo Chavez.

14. E’ dunque questo l’unico scenario possibile in vista di future elezioni politiche? No. Il problema va posto in questi termini: lo scenario elettorale addormenterà il movimento di classe, ipnotizzandolo e intrappolandolo nell’attesa dello scontro tra i 5 Stelle e Renzi, o al contrario un’esplosione della lotta di classe sbaraglierà le carte in tavola, introducendo un’alternativa di classe perfino sul piano elettorale?

15. Si tratta comunque solo di discutere del quando, non del cosa. Che uno scoppio della lotta di classe faccia saltare lo scenario politico accelerando la crisi di Renzi e smascherando i 5 Stelle, o che sia necessaria l’ulteriore crisi di Renzi e lo smascheramento dei 5 Stelle attraverso la prova di Governo perchè si sprigioni un’alternativa di classe nel nostro paese, stiamo solo parlando di quando questo accadrà. Non del fatto che accadrà. Perchè questo è poco ma è sicuro. Ed è quello per cui lottiamo.

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