Studenti medi allo sciopero generale di venerdì 18 marzo

In occasione dello sciopero generale indetto dai sindacati CUB, SI Cobas e USI-AIT per la giornata del 18 marzo.
Come studenti medi ci sentiamo coinvolti in quanto futuri membri attivi di questa società nel dire no alle politiche del capitale, che ci appaiono essere chiaramente collegate tra loro, a partire dalle recenti misure di guerra e dal derivante stato di emergenzialità, atto a legittimare lo sfruttamento e la repressione dei lavoratori così come di chi prova a dare un’alternativa di qualsiasi tipo alle logiche capitaliste, arrivando per esempio all’odio razziale in quanto elemento di disgregazione di classe, o alla distruzione del diritto all’istruzione e alla formazione personale, in favore della creazione di forza lavoro plasmata sulle logiche di mercato.
Nelle nostre scuole l’attuale clima di tensione è arrivato con chiarezza: alle usuali strategie di militarizzazione degli istituti,come le diffuse conferenze e collaborazioni con enti militari. Negli ultimi anni abbiamo visto aggiungersi nuovi strumenti di controllo e repressione preventiva, infatti a coadiuvare le care vecchie telecamere si impegnano ora su più fronti: professori che con il pretesto del divieto di fumo presidiano i cortili con vere e proprie ronde, forze dell’ordine che si presentano e tentano di avere legittimità di presenza negli istituti con blitz sempre più ravvicinati ma sempre ugualmente inutili e registri elettronici che provvedono a una vera e propria schedatura dello studente.
La creazione di soggetti abituati a obbedire senza porre troppe questioni è chiaramente collegata con il progetto di un sempre più stretto collegamento tra scuola e mondo del lavoro, come ci hanno fatto ben comprendere la riforma della BUONA SCUOLA e le sue 200 ore di tirocini, e come possiamo osservare dal trasformarsi dell’istruzione come formazione dell’individuo nel semplice riuscire ad apprendere e svolgere una determinata mansione in modo efficiente e senza dare “troppi problemi”.
Uno studente, abituato così ad eseguire ed obbedire, e che sarà in più già ben preparato a quello che sarà il proprio ruolo sociale, attraverso una capillare divisione attuata tramite la gerarchizzazione di istituti, indirizzi, sezioni e classi e della preparazione all’interno di ognuno di essi, è il perfetto protagonista di un mondo del lavoro che vede distrutti i diritti e vive senza vergogna sullo sfruttamento di molti per il guadagno di pochi; è letteralmente progettato e modellato sul modello jobs act: minime garanzie, massimo profitto.
Se poi, nonostante la repressione strutturale a qualche studente saltasse in mente di opporsi a questo modello, ci viene mostrato chiaramente quale sia l’unica risposta: la repressione.
Ci è apparso molto chiaro quest’anno: quando le occupazioni dei due artistici fiorentini, che oltre alle legittime rivendicazioni politiche hanno effettivamente portato avanti un modello di scuola differente basato sulla socialità partecipativa, slegato da logiche di costante valutazione e competizione, le risposte sono partite con una campagna mediatica diffamatoria sproporzionata, passando dallo sgombero del Liceo Alberti, seguito da numerose convocazioni in questura e alcune visite a sorpresa direttamente nelle case degli studenti, per arrivare alle denunce già partite nel caso del liceo di Porta Romana e quasi promesse per quanto riguarda l’Alberti.
Così come è apparso chiaro a noi, anche gli studenti che negli anni passati, durante la cosiddetta “onda” intuirono che tipo di percorso si era avviato si sono visti rispondere nello stesso modo, e con essi i militanti della maggior parte delle realtà fiorentine che, insieme a loro, sono stati accusati di associazione a delinquere, accusa montata collegando tutte le lotte presenti sul territorio (lotte studentesche, dei lavoratori, contro l’apertura della sede di Casapound a Firenze e quella di un CIE in Toscana, contestazione all’On. Santanchè) per dare vita a un’azione repressiva di portata impressionante.
In solidarietà a chi ha rifiutato e continua a rifiutare la competizione continua, l’aziendalizzazione della scuola, la guerra e lo sfruttamento, e con la volontà di portare avanti queste rivendicazioni saremo in piazza a fianco dei lavoratori nella giornata del 18 marzo.
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