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pubblicato il 2.10.12
Casa Verbano, salta trattativa con Regione Sigilli a sorpresa. "Vogliono vendere"
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Sigillata, blindata con assi di ferro. La casa in via Monte Bianco 114, nel quartiere Montesacro, in cui hanno vissuto Valerio, Carla e Sardo Verbano è stata chiusa ieri. Senza alcun preavviso. "Sono venuti alcuni operai inviati dalla Regione Lazio" denunciano "i compagni e gli amici" della famiglia Verbano in un tam tam online che va avanti da ieri notte. "E' stato un blitz infame, di cui nessuno è stato avvertito" attaccano.

L'appartamento affittato da quarant'anni dai Verbano, quello in cui il giovane militante dell'Autonomia operaia Valerio fu ucciso da un commando neofascista di tre uomini il 22 febbraio del 1980 mentre il padre e la madre erano legati in camera da letto, appartiene ad un ente e l'intenzione sarebbe quello di venderlo.

Per scongiurare questa ipotesi i movimenti territoriali, gli amici di Carla Verbano, scomparsa il 5 giugno scorso dopo una grave e lunga malattia, avevano inviato prima dell'estate fax alla governatrice Renata Polverini e all'assessore al Patrimonio alla Pisana per chiedere che la casa venisse affidata a loro. L'obiettivo sarebbe stato quello di farne la sede di un'associazione per non dimenticare l'omicidio del 19enne Valerio e la ricerca della verità durata 32 lunghi e bui anni di sua mamma Carla. Una sorta di "Casa della memoria", con il coinvolgimento e l'appoggio delle istituzioni.

"Poi - raccontano
- la Regione si è sciolta come neve al sole, abbiamo avviato alcuni contatti con dirigenti e consiglieri regionali per aprire il tavolo della trattativa. Ma ieri, con un blitz improvviso, hanno blindato la porta con degli infissi laterali di ferro".

"Il divano su cui Valerio Verbano si accasciò negli ultimi momenti della sua vita a faccia in giù cercando di gridare "aiuto, mamma" - dicono ancora - è stato buttato sul pianerottolo, senza alcun rispetto, per fortuna stanotte lo abbiamo recuperato e messo al sicuro".

"Non sarà la vendita dell'appartamento dei Verbano a risanare le casse della Regione - si sfogano infine i militanti del IV municipio - Per questo chiediamo che diventi un patrimonio collettivo. E' un luogo troppo importante per essere svenduto".

Dopo che la notizia è stata resa pubblica, l'assessore regionale al Patrimonio Fabio Armeni ha deciso di incontrare "gli amici e i compagni di Valerio e Carla". A confermarlo è Luigi Nieri, capogruppo di SeL alla Regione Lazio, che in mattinata aveva denunciato "i metodi spicci utilizzati dai tecnici della Regione" e che ha poi fatto sapere che "l'incontro si terrà alle 16, con gli uffici regionali preposti" per discutere il futuro di via Monte Bianco e l'idea di trasformarlo in un archivio per Valerio e la sua famiglia. "Se non la giustizia, almeno la memoria".

In rete, intanto, si sono scatenate le prime reazioni. "Carla manchi veramente tanto" dicono i suoi amici. "Me l'aspettavo, ora che Carla non c'è più vogliono uccidere anche il ricordo in via Monte Bianco" scrivono altri.

In mattinata sono intervenuti anche "i compagni e gli amici di Valerio e Carla" che stasera si riuniranno per "decidere le azioni da intraprendere dopo la riacquisizione della casa da parte della Regione". In una nota scrivono: "Quando Carla ci ha lasciato, lo scorso 5 giugno dopo una lunga malattia di fronte alla quale non si era mai arresa, abbiamo perso non solo la mamma di un nostro compagno assassinato, ma abbiamo perso soprattutto una persona importante per le vite di molti noi, una compagna di viaggio e un'amica con cui abbiamo condiviso momenti importanti personali e collettivi. Negli scorsi mesi abbiamo ragionato collettivamente di come la casa di Carla potesse ospitare un'associazione dedicata alla sua memoria e a quella di Valerio, facendo dell'esperienza di Carla e della sua battaglia per ottenere la verità un patrimonio collettivo da continuare a coltivare. Per questo motivo abbiamo avviato dei contatti nelle scorse settimane per aprire una trattativa con la Regione Lazio proprietaria dell'immobile, la crisi di governo della giunta Polverini ci ha portato ad interfacciarci direttamente con l'amministrazione del patrimonio immobile della regione, che una volta sapute le nostre volontà è rientrata nel giro di 24 ore nuovamente in possesso della casa apponendogli dei sigilli".

Ora, aggiungono: "Di fronte a questo incredibile atto di arroganza e prepotenza istituzionale siamo ancora più convinti della necessità di dare corpo ai nostri progetti e aspettiamo da tutti coloro che, dalle istituzioni e dal mondo della politica, in maniera bipartisan al momento della morte di Carla si sono sperticati in commossi messaggi di condoglianze e promesse di ogni genere degli atti concreti".

Che ci fosse un accordo informale tra la Regione e i collettivi, i centri sociali, gli amici di Carla lo conferma anche Massimiliano Smeriglio, coordinatore della segreteria nazionale di SeL, che spiega: "Apprendo con profondo rammarico dell'apposizione dei sigilli. Faccio appello alla Presidenza della Regione Lazio e a chiunque svolga un ruolo di responsabilità all'interno di questa vicenda affinché si provveda al più presto alla rimozione dei sigilli e si acceleri il processo di affidamento dell'appartamento a vantaggio della fondazione. E' un atto dovuto sia nei confronti di Valerio che nei confronti di sua mamma che è venuta a mancare senza riuscire a sapere la verità".

Per Gianluca Peciola, consigliere provinciale di SeL, l'apposizione dei sigilli "è un atto di arroganza istituzionale. Un'offesa che può essere sanata soltanto con un progetto di valorizzazione della memoria di Valerio e Carla Verbano".

(28 settembre 2012)

Fonte: roma.repubblica

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