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INC Biomasse: il testo del ricorso al TAR

Pubblichiamo il ricorso al TAR presentato da Legambiente e alcuni cittadini contro l’Amministrazione Provinciale, il Comune di Bagni di Lucca, la Regione Toscana e l’ALCE Spa, al fine di far revocare l’autorizzazione della centrale elettrica a biomasse di Fornoli (Bagni di Lucca). Per rispetto della privacy sono stati omessi i nomi dei privati cittadini ricorrenti.

La discussione presso il Tribunale Amministrativo è prevista per il 19 ottobre.

Clicca qui per la versione integrale in pdf.

 

Per chi non avesse voglia di leggersi il “legalese” del Ricorso, abbiamo cercato di sintetizzarne qui sotto le principali motivazioni.

 

  1. La modifica dell’impianto di Fornoli, che passerebbe dalla produzione di pasta per la carta, carta, tannino e combustione di black liquor (liscivia esausta usata come combustibile) a produzione di energia elettrica per mezzo dell’incenerimento di biomasse, avrebbe dovuto essere sottoposta a Valutazione di Impatto Ambientale. Ciò non è avvenuto a causa delle capziose motivazioni addotte dall’Alce Spa e fatte proprie dalle istituzioni pubbliche.
  2. L’Alce Spa ha tentato di presentare la centrale come del tutto autonoma, nuova, rispetto all’impianto preesistente. Solo in tal modo poteva evitare la V.I.A., obbligatoria invece in caso di modifica di precedente attività industriale. Detta manovra, manco a dirlo, è stata avallata in toto dalla Provincia. Per chiarire: nel caso di impianti costruiti ex novo la procedura di V.I.A. è necessaria, secondo la Legge Regionale, quando raggiungano la potenza di 50 MW e sia previsto un elettrodotto aereo di oltre 3 km. Guarda caso la potenza della centrale progettata dall’Alce è di 48,5 MW e la lunghezza dell’elettrodotto è di poco inferiore a quella prescritta.Una palese contraddizione è però in agguato: nella relazione tecnica la stessa Alce definisce il proprio progetto come una “riconversione” e prevede di continuare a produrre tannino; parla addirittura (è un lapsus?) di “mantenimento delle stesse voci produttive”. Come può sostenere, dunque, che non si tratti di modifica di un’attività industriale già esistente? Del resto nella medesima relazione tecnica appare del tutto evidente che produzione di tannino e centrale a biomasse sono strettamente legate, perché la seconda attività non potrebbe funzionare senza l’approvvigionamento di combustibile garantito dalla prima. In definitiva, ci si chiede, siamo di fronte a una cosa nuova, come sostiene l’azienda per evitare una verifica d’impatto ambientale, oppure a una modifica di una precedente attività, come documenta il progetto tecnico redatto dalla stessa azienda? Non si tratta di un dilemma che possa trovar soluzione, semplicemente perché “né pentere e volere insieme puossi/ per la contradizion che nol consente”. Forse non pensavano “ch’io loico fossi!”. Non c’è nulla da fare: tocca sorbirci ‘sti miserabili allo sbaraglio che pur di rimediare quel tanto di lucro… arrivano a sostenere l’impossibile.
  3. La stessa produzione di tannino, se superiore alle 35.000 tonnellate annue di materie prime lavorate (e per l’Alce si parla di circa 50.000 tonnellate), deve essere sottoposta a procedura di V.I.A. Il tannino, comunque lo si estragga, è pur sempre un prodotto chimico e, come tale, a norma di legge ne va valutato l’impatto sull’ambiente. Anche nel caso in cui l’azienda sia preesistente alla legge che istituisce siffatta obbligatorietà.
  4. Riassumiamo quanto finora scritto: produzione di tannino + centrale a biomasse + elettrodotto aereo = modifica della precedente attività industriale (non nuovo impianto). Ergo: obbligo di Valutazione di Impatto Ambientale, non si scappa. Altro che storie!
  5. Il progetto dell’Alce contrasta con il Piano di Indirizzo Energetico Regionale (2008) in cui si prescrivono impianti a biomasse di piccola taglia (massimo 3 MW) e una filiera corta per l’approvvigionamento di combustibile. Va a collidere anche con il Piano Energetico Provinciale, che stabilisce dimensioni ridotte per gli impianti e brevi distanze per lo sfruttamento territoriale delle biomasse al fine di ridurre al minimo il traffico di mezzi pesanti (sempre “filiera corta”). Ora, la potenza prevista per l’impianto Alce è di 48,5 MW: la più grande centrale a biomasse solide dell’Italia centrale. Inoltre, brucerà gli scarti legnosi derivanti dalla produzione di tannino la cui provenienza, ovviamente, è e resterà in massima parte sconosciuta (ma, si sa, un certo quantitativo di legname proviene sicuramente dall’Amiata). Da notare, infine, come la Regione scarichi il barile alla Provincia, precisando che la decisione definitiva sull’autorizzazione spetta solamente a lei. Il fatto è di per sé assai discutibile: cosa si elaborano a fare i Piani Energetici se poi non servono nemmeno ad esprimere la benché minima osservazione su quanto avviene nei territori? Ma siete lì solo per scaldare le poltrone?
  6. Se Provincia e Regione avevano intenzione di derogare ai piani energetici da loro stesse redatti con l’autorizzazione del megaimpianto dell’Alce, la prima avrebbe dovuto esprimersi con un Consiglio Provinciale, la seconda inviare un delegato alla Conferenza dei Servizi. Chi li ha visti?
  7. L’area in cui si trova l’Alce, e dove dovrebbe sorgere la centrale, è una zona acquifera classificata come “area ad elevata vulnerabilità intrinseca potenziale”: in essa “non è ammissibile un nuovo impianto di centrale termoelettrica”. Sottolineiamo “nuovo” perché è proprio così che l’Alce definisce l’impianto al fine di evitare il procedimento di V.I.A. (v. sopra). Bene, è così? Allora non è possibile realizzarlo. Punto.
  8. Il progetto dell’Alce è in contrasto col Piano strutturale del Comune di Bagni di Lucca: quell’area è identificata come “invariante strutturale”. Secondo una vaga previsione, poi, l’Alce dovrebbe realizzarvi uno scalo merci ferroviario privato. Ma nessuna notizia è emersa finora al riguardo. Il Comune ha solamente deliberato una deroga all’altezza massima degli edifici per consentire la costruzione della centrale.
  9. L’impianto progettato brucerà 150.000 tonnellate all’anno di biomasse, di cui meno della metà proveniente dagli scarti di produzione del tannino. L’intero territorio provinciale ha una disponibilità annua di circa 75.000 tonnellate di biomasse. I conti non tornano. Tornano ancora meno se si pensa che in contemporanea all’autorizzazione del progetto Alce la Provincia ha dato il via libera a un’altra centrale da 5,9 MW nel Comune di Gallicano (11 km da Fornoli) che si prevede brucerà circa 18.000 tonnellate di biomasse. Tutto ciò senza prendere in considerazione altre piccole centrali già esistenti in Garfagnana (per una potenza complessiva di oltre 3 MW) e quelle attualmente in costruzione (altri 3 MW in totale).
  10. E non entriamo, per carità, in tema di emissioni di polveri sottili…