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da Liberazione del 5 marzo 2008
La tremenda storia di Riccardo Fedel, il solito Pansa e la ricostruzione del “Calendario del Popolo
Maria Rosa Calderoni
«Giudicato in contumacia, lo condanna a morte mediante fucilazione da eseguirsi da chiunque, in qualunque luogo e momento». La terribile sentenza è emanata dal “Tribunale delle formazioni partigiane presso il Comando 8ª Brigata Garibaldi Romagna” e porta la data del 22 aprile 1944. Sentenza eseguita. Così è morto a 38 anni Riccardo Fedel, nome di battaglia Libero
Riccardi, già comandante, fino al marzo di quell’anno, della stessa 8ª Brigata. Un episodio tragico, di giustizia dura ma ineluttabile, che si inserisce nelle condizioni particolarmente spietate in cui si svolge la lotta partigiana in zona operazioni Alta Romagna.
Nelle trenta righe della sentenza, oltre che di disobbedienza agli ordini, insubordinazione e appropriazione di una ingente somma di denaro, è il Fedel accusato di «mantenere contatti segreti con il comando della Milizia fascista di Santa Sofia e di Bologna, nonché con il comando tedesco di Castrocaro»; e di «aver tentato di fare arrestare e fucilare il nuovo comandante Pietro Mauri, il commissario Savio, i due vice commissari di Brigata e l’ufficiale cartografo della stessa». Fucilato come traditore e spia.
Non così per il solito giustiziere Giampaolo Pansa, sempre più “impegnato” nella ormai annosa crociata per la verità “sui delitti e misfatti” compiuti (e pervicacemente tenuti nascosti) durante la Resistenza soprattutto per mano dei cattivi – sanguinari – partigiani comunisti. Lui ne fa un eroe e una vittima innocente di inividie, calunnie e rivalità personali, insomma un caso di vendetta interna e di giustizia sommaria; e così la racconta nel suo nuovo libro, “I gendarmi della memoria, chi imprigiona la verità sulla guerra civile”.
Peccato, Pansa non la racconta giusta, probabilmente obnubilato dal “sangue dei vinti” e pur anco dalla sua spasmodica ricerca della verità (contro “La Grande Bugia”, si sa).
A coglierlo con le mani nel sacco della (voluta?) disattenzione storica e delle (volute?) lacunose ricostruzioni, è “Il Calendario del Popolo” nell’ultimo numero in distribuzione. “Pansa riabilita il ‘partigiano’ spia dei fascisti”, questo il titolo del documentato articolo a firma di Davide Spagnoli, che fa tabula rasa delle tesi di Pansa, il Gran Revisore.
Semplice: Davide Spagnoli ha fatto ciò che chiunque dovrebbe fare – persino Pansa – prima di mettersi a scrivere di storia: documentarsi. Semplice, Davide Spagnoli ha consultato l’Archivio Centrale dello Stato e lì ha agevolmente trovato un fascicolo Ovra intestato proprio a un certo Riccardo Fedel. «Un fascicolo ricchissimo di delazioni – scrive Spagnoli – fatte proprio da Riccardo Fedel, documenti in cui fa i nomi di tutti quelli con i
quali viene in contatto»; consegnando «anche i cifrari e tutte le
indicazioni atte a colpire le organizzazioni del Pci».
Altresì lì ci ha trovato «un documento, datato 14 novembre 1927, inviato dal Comando generale della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn) al ministero dell’Interno, otto dense pagine dattiloscritte con oggetto “Confidenze dell’ex confinato politico Riccardo Fedel, relative a un complotto comunista organizzato in Ravenna nell’anno 1925”».
Non solo. Agli atti c’è anche una illuminante “lettera di accompagnamento” indirizzata in data «9 marzo 1928 dalla 49ª Legione Mvsn San Marco di Venezia al comando della Coorte Mvsn (63ª Legione) Pordenone. Riservata personale. Oggetto: presentazione di un informatore del Comando Generale».
Che così recita: «Il latore della presente sig. Fedel Riccardo è stato raccomandato dal Comando Generale della Mvsn quale suo informatore fiduciario sul movimento sovversivo. Egli ora, d’accordo con l’Upi del Comando Generale stesso, deve indagare su fatti e persone di Pordenone. Si informa di quanto sopra allo scopo che il Fedel non venga intralciato nella sua opera, e nei limiti del possibile sia invece aiutato. Il Console comandante la Legione Muratori».
E a Pordenone che ci va a fare, il sedicente comunista Fedel? Lo dice a chiare lettere la missiva che sempre Davide Spagnoli rintraccia all’Archivio (e che, volendo, è lì a disposizione anche di Pansa, prego): si tratta della lettera “riservata” inviata dal Prefetto di Venezia alla Direzione generale di Ps del ministero dell’Interno, nella quale il funzionario informa che Fedel «ha incaricato il fascista R. di procurargli tre bombe sipe da fare esplodere alla sede del Fascio, alla sede dei Sindacati ed alla Caserma della Milizia. Tali bombe non dovrebbero recare danni alle persone ma
dovrebbero servire a provocare disordini e conseguenti numerosi arresti di individui sospetti»...
L’articolo-scoop del “Calendario” offre molti altri particolari inediti
sulla tremenda storia di Riccardo Fedel. Pansa ne approfitti, non è mai tardi.