l monumento dedicato a Rodolfo Graziani? Lo rimuoverei, ma non ho alcun potere per farlo". A intervenire sulla polemica relativa al sacrario eretto ad Affile, in provincia di Frosinone, in memoria del gerarca fascista è, da Lublino, il presidente dimissionario del Lazio, Renata Polverini. "Il monumento di Affile è stato finanziato dalla giunta precedente nel 2008- spiegato la Polverini- Questa giunta non ha avuto alcun potere di intervenire perché la procedura era stata conclusa regolarmente e non era dunque possibile definiziare il progetto"
La governatrice dimissionario ha inoltre sottolineato che il gerarca Graziani è stato "parte della storia di Affile, ma era necessario appurare se è opportuno, e per noi non lo è, ricordarlo in quel modo soprattutto in un parco dove molte nuove generazioni trascorreranno del tempo".
Parole che hanno però suscitato le polemiche delle oposizioni. "La Polverini- ha attaccato il consigliere provinciale Sel, Gianluca Peciola- oltre a non controllare le spese pazze della sua amministrazione, dimentica che la Regione ha finanziato la realizzazione di quel monumento in ricordo di una figura ignobile come Graziani. Dalla regione sono stati erogati 180mila euro di fondi pubblici. Quindi la Polverini ha la responsabilità amministrativa e politica della costruzione di quell'opera vergognosa".
A puntare il dito contro la presa di posizione dell'ex governatrice è anche il portavoce del Pd del Lazio, Jean Leonard Touadi. "Un presidente che ripete come un mantra di non avere poteri, di non poter intervenire, di non poter fare nulla è giusto che lasci il posto ad altri. Renata Polverini, ad opera realizzata, si dissocia da quello che rappresenta un'immensa vergogna, che è diventato un caso internazionale, che offende la storia e la memoria di migliaia di persone che hanno perso la vita a causa del gerarca fascista Rodolfo Graziani. Invece di versare lacrime di coccodrillo - conclude Touadi - la presidente blocchi il finanziamento regionale al Comune di Affile ed esca dall'ipocrisia".
Per il capogruppo regionale del Pd, Esterino Montino, "la Polverini puà fare in modo che i circa 130mila euro di finanziamento regionale ancora da erogare al Comune di Affile rimangano patrimonio pubblico da destinare a opere e progetti più rispettabili".
A contestare le parole dell'ex presidente regionale è anche il capogruppo Sel nel Lazio, Luigi Nieri. "I controlli e le verifiche non sono decisamente i punti di forza di Renata Polverini e della sua Giunta- attacca Nieri- Siamo di fronte, infatti, a un utilizzo improprio delle risorse regionali. La precedente Giunta, infatti, stanziò 180mila euro per il completamento del Parco Radimonte. Il Sindaco di Affile, di propria iniziativa, ha invece deciso di utilizzare una parte di quelle risorse per la realizzazione del vergognoso mausoleo dedicato al generale fascista Graziani. Ebbene, la giunta Polverini avrebbe dovuto vigilare sull'impiego di queste risorse".
(22 ottobre 2012)
Fonte:< a href="http://roma.repubblica.it/cronaca/2012/10/22/news/graziani_polverini_ci_ripensa_il_monumento_lo_rimuoverei-45096663/">roma.repubblica
Manifestazione a Washington contro il mausoleo di Graziani
La protesta contro il mausoleo ad Affile in onore del gerarca fascista Rodolfo Graziani arriva sino a Washington. Lunedì 29 ottobre è previsto un sit-in davanti alla sede dell'ambasciata italiana in Whiteheaven street dalle 9,30 del mattino. Ad annunciare la manifestazione un volantino che riproduce la foto del generale Graziani con alle spalle una svastica nazista e una foto storica delle impiccagioni ordinate dal gerarca. Nel volantino si ricorda l'attività di Graziani in Etiopia durante gli anni 1935-1941 con un milione di morti, di cui 30mila in tre giorni di stragi ad Addis Abeba.
Nel testo si ricorda che il monumento funebre in ricordo di Graziani è stato finanziato con 180mila euro dalla Regione Lazio guidata dalla presidente Polverini. Il volantino diffuso online sottolinea anche come all'inaugurazione del monumento al "Butcher of Ethiopia and Libya" ("il macellario di Etiopia e Libia") era presente anche un rappresentante del Vaticano. Il documento si chiude con la richiesta di tutti gli etiopi e gli amici dell'Etiopia di smantellare il mauseleo di Graziani.
(21 ottobre 2012)
Fonte:
roma.repubblica
Triulzi: "Graziani non va celebrato. Troppe amnesie sull'Italia coloniale"
"In Italia non soffriamo soltanto di amnesia sulle vicende coloniali, ma non abbiamo neanche il coraggio di affrontare oggi, a oltre un secolo di distanza, una questione centrale per una società multietnica come quella italiana. Sui banchi delle nostre scuole ci sono i discendenti dei libici e degli etiopici che l'Italia massacrò. Dovremmo spiegare loro ma anche a noi che cosa è successo, come questo Paese si comportò in quegli anni".
Il professor Alessandro Triulzi, storico e africanista, docente all'Orientale di Napoli, sceglie con attenzione le parole. Le polemiche sul sacrario eretto ad Affile con fondi della Regione Lazio in memoria del gerarca fascista Rodolfo Graziani l'hanno visto in prima fila.
"Rivalutare oggi una figura controversa come quella di Graziani è davvero un brutto segnale. Graziani non rappresenta la figura del combattente da onorare, ma del gerarca che dimostrò la sua totale fedeltà al regime fascista. Graziani non è il soldato che ubbidì agli ordini, ma un militare che agì con brutalità, che utilizzò i gas per sterminare i civili".
Eppure Graziani è stato fatto passare per un semplice esecutore, tanto da non fargli scontare la pena a cui fu condannato dopo la Seconda Guerra Mondiale?
"E proprio questo è il nodo centrale della vicenda del suo mausoleo che ha fatto il giro del mondo. I giornali stranieri che si sono occupati del caso di un ente pubblico che finanzia il monumento ad un massacratore spiegano bene l'operazione che si sta portando avanti in Italia".
Che tipo di operazione?
"In Italia non abbiamo mai voluto fare i conti con il nostro passato coloniale. Ha sempre prevalso quella retorica sugli italiani brava gente che ci ha permesso di autoassolverci. Ci siamo lavati la coscienza per decenni e adesso proviamo a cancellare tutto. Nessuno parla dei massacri, ma si guarda quasi con velleità revansciste ad un passato che presenta molte ferite aperte".
Esiste quindi una percezione sbagliata del colonialismo italiano?
"Direi che più che percezione bisognerebbe parlare di cancellazione. Le nostre istituzioni, a cominciare dalla politica, non hanno mai affrontato la questione. Quando nel 1996 si commemorò ad Addis Abeba il centenario della battaglia di Adua, una data fondamentale per il Paese, il governo italiano non sapeva cosa fare. Alla fine fu inviato il presidente della Commissione Esteri del Senato una corona di fiori e nessun atto di contrizione. Quando nel 2011 bombardammo la Libia di Gheddafi nessuno si ricordò che un secolo prima avevamo già invaso quel paese".
Le amnesie, come le chiama lei, sono quindi ricorrenti?
"Tutta la recente storia italiana soffre di questa incapacità di ricordare. Anche la Chiesa, tanto per fare un esempio, non ha mai avviato una riflessione sulla sua partecipazione ai conflitti coloniali. I sacerdoti benedivano i combattenti che partivano per l'Africa Orientale come oggi un prete partecipa alla cerimonia di inaugurazione della tomba-monumento a Graziani".
Anche per la Chiesa esiste quindi una continuità?
"Il sacerdote che ha partecipato alla cerimonia, don Ennio Innocenti, è un prete vicino ai lefebvriani, un negazionista. Ma se pensiamo anche al rapporto tra Berlusconi e Gheddafi vediamo un unico filo rosso. Quando Berlusconi abbracciava Gheddafi lo faceva sempre con una certa distanza, con accondiscendenza e per interessi privati. Anche la restituzione della famosa stele di Axum ritornata in Eritrea nel 2005 è stata mistificata e fatta passare, testualmente, come un 'dono' di Roma ad Addis Abeba".
Quindi l'Italia si è soltanto ripulita un po' la coscienza?
"Lo sconquasso culturale degli ultimi vent'anni ha di fatto sdoganato una destra che vuole riappropriarsi di un torbido passato. Non basta qualche saggio per ricordare che in Libia l'Italia ha massacrato oltre centomila civili e che in Etiopia a causa dell'uso dei gas nelle campagne militari italiane e della repressione della resistenza, sono morte secondo stime etiopiche non meno di un milione di persone. Sono numeri impressionanti che come al solito in Europa e nel mondo occidentale si pesano in modo diverso, quasi che i morti in Africa siano un effetto collaterale".
Eppure qualche polemica c'è stata. Montanelli e lo storico Del Boca hanno a lungo discusso sull'utilizzo dei gas sul fronte eritreo.
"Qualche scontro sui giornali e qualche ammissione tardiva non sono il segno di una revisione storica. L'Italia dovrebbe affrontare la questione come hanno fatto altri paesi europei. Dovrebbe rileggere il suo passato ed erigere un monumento ma a tutti i caduti delle guerre coloniali. Forse quel monumento potrebbe essere il primo passo per insegnare a scuola la storia italiana in tutti i suoi aspetti".
(05 ottobre 2012)
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