pubblicato il 10.05.16
Reggio Calabria 7 professionisti agli arresti per associazione mafiosa In manette anche l’avvocato "nero" Paolo Romeo ·
Operazione Fata Morgana, fermati 7 professionisti per associazione mafiosa In manette anche l’avvocato Paolo Romeo, indagato il presidente della provincia Raffa e il consigliere Cara, ma anche l’ex giudice Giuseppe Tuccio. Per la Dda di Reggio Calabria avevano costituito un cartello in grado di condizionare il settore della grande distribuzione. Sequestrate 12 società per 34 milioni di euro
REGGIO CALABRIA C’è anche l’avvocato Paolo Romeo fra i sette professionisti fermati martedì per ordine della Dda di Reggio Calabria con l’accusa di accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, tutti aggravati dalle modalità mafiose. Insieme a lui sono finiti in manette anche l’avvocato Antonio Marra, gli imprenditori Emilio Frascati, Giuseppe Chirico, Natale Saraceno, Antonio Idone e Domenico Marcianò. Per la Dda di Reggio Calabria, grazie al ruolo rivestito all’interno della ‘ndrangheta reggina, avrebbero creato una rete di rete di professionisti, capace di indirizzare le sorti di rilevanti settori dell’economia di Reggio Calabria.. Per questo motivo sono stati tutti fermati oggi per ordine della Dda di Reggio Calabria, che ha ordinato alla Guardia di Finanza di mettere i sigilli anche a 12 società e beni per un valore complessivo di circa 34 milioni di euro ed effettuate oltre 30 perquisizioni. Ma sul registro degli indagati, sebbene non colpiti da misura, figurano anche diversi amministratori pubblici di Reggio Calabria fra i quali il presidente della provincia Giuseppe Raffa, il consigliere provinciale Demetrio Cara, il cancelliere capo della Corte d’Appello, Aldo Inuso, l’ex magistrato Giuseppe Tuccio, l’avvocato Rocco Zoccali, l’ex presidente della Reggina Calcio, Pino Benedetto, ma anche Amedeo Canale, Andrea Scordo, Domenico Pietropaolo, Gaetano Tortorella, Saverio Genovese Zerbi, Michele Serra, Giuseppe Strangio, Domenico Arcò e Giovanni Pontari. Le indagini, coordinate dalla locale Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia, hanno portato a rilevare l’esistenza di un vero e proprio cartello criminale, presente ed operante nel territorio di Reggio Calabria, in grado di condizionare il regolare svolgimento delle attività economico/imprenditoriali, con particolare riferimento alla grande distribuzione alimentare, sfruttando anche la compiacenza di pubblici amministratori, al fine di ottenere, tra l’altro, l’illecita percezione di profitti. I dettagli dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa che si terrà alle ore 11.00 presso il comando provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria alla presenza del procuratore capo della Procura della Repubblica di Reggio Calabria Cafiero de Raho raffa-rubrica
L’AVVOCATO NERO Arrestato e condannato per concorso esterno nell’ambito dell’Operazione Olimpia, che per prima ha radiografato gli assetti criminali della ‘ndrangheta di Reggio Calabria, Paolo Romeo da sempre è considerato l’eminenza grigia del clan De Stefano. Arrivato in parlamento sotto le bandiere del Psdi, Romeo coltiva però i suoi contatti e le sue relazioni molto più a destra. Silenzioso animatore dei moti del ’70, fu uno degli uomini di riferimento di Junio Valerio Borghese, principe nero autore del tentato golpe dell’8 dicembre. Insieme all’avvocato Giorgio De Stefano, arrestato circa un mese fa, per gli inquirenti hanno giocato un ruolo fondamentale nella costruzione della tela di rapporti – anche istituzionali – del clan De Stefano. I loro nomi sono saltati fuori in diverse inchieste, istruite a Reggio Calabria come a Palermo e Catanzaro, anche in relazione alla costituzione di logge segrete che avrebbero fatto da culla al progetto separatista delle mafie. A rivelarlo per primo è stato il pentito Filippo Barreca, che proprio per ordine di Romeo, aveva gestito la latitanza del terrorista nero Franco Freda. «In Calabria», ha messo a verbale Barreca «esisteva sin dal 1979 una loggia massonica coperta a cui appartenevano professionisti, rappresentanti delle istituzioni, politici e, come detto, ’ndranghetisti. Questa loggia aveva legami strettissimi con la mafia di Palermo, a cui doveva render conto. Una struttura di fatto costituita da personaggi eccellenti con la salda intesa di una mutua assistenza esisteva già da prima, e Freda si limitò a formalizzarla nel contesto di quel più ampio progetto nazionale che alla realtà reggina improvvisamente attribuì un ruolo di ben più ampio significato e spessore». Di certo però – e l’inchiesta palermitana Sistemi Criminali su tutte sembra dimostrarlo, nonostante l’archiviazione «per ulteriori approfondimenti» – per entrambi, il mondo grande dell’estrema destra è stato culla di contatti tanto istituzionali come criminali. Legami – suggeriscono fonti di Procura – che sarebbero stati messi a partito dal clan De Stefano, anche per conquistare quel ruolo che la Procura nazionale antimafia non esita a definire di “testa†della ‘ndrangheta tutta, chiamata a «mantenere le connessioni, a un tempo più profonde ed elevate, con entità esterne e zona grigia, da cui dipendono le strategie di fondo dell’intero organismo». Non si tratta – spiegano i magistrati della Dna nella relazione 2014 – di contatti a livello locale. «Ciò a cui ci riferiamo è il collegamento con un ambito più elevato, che supera il rapporto con l’assessore e il sindaco di un certo comune e si proietta in ambito regionale, nazionale e, talora internazionale che, inoltre, non si limita al rapporto con la sola politica ma, più complessivamente, si estende al mondo delle Istituzioni, quindi ai rapporti con gli apparati investigativi, la burocrazia ministeriale, la magistratura»
http://ciavula.it/2016/05/operazione-fata-morgana-indagato-presidente-della-provincia-raffa/
documentazione
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