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Da Liberazione
Dopo l’estradizione e la decisione di collaborare possibili nuove indagini sul duplice assassinio e la strage di Bologna
Omicidio di Fausto e Iaio, se il neofascista Belsito…
di Saverio Ferrari
Riusciremo mai a scoprire la verità sull’assassinio di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci o sui mandanti della strage di Bologna? La speranza si è ora fatta più concreta dopo l’estradizione in Italia dell’ultimo latitante dei NAR, Pasquale Belsito, rimasto per quattro anni nelle carceri spagnole, dopo il suo arresto avvenuto a Madrid il 30 giugno del 2001. Una notizia emersa grazie all’insistenza dei familiari delle vittime della strage di Bologna, della senatrice Daria Bonfietti e del deputato dei DS Alfiero Grandi, presentatori di diverse interrogazioni parlamentari in questi anni, a cui il Ministro della Giustizia ha finalmente risposto. Pasquale Belsito si trova, infatti, dal luglio scorso, rinchiuso nel carcere di Opera, in provincia di Milano, a disposizione dei magistrati.
Il motivo di tanto interesse il fatto che Belsito avesse fatto trapelare dalla Spagna l’intenzione di voler collaborare con i magistrati su alcuni fatti di terrorismo fra il 1977 e il 1981. Da qui anche la richiesta dell’avvocato della famiglia Tinelli, Luigi Mariani, nel settembre 2001 e ancora nel 2005, affinché fossero riaperte le indagini sull’assassinio di Fausto e Iaio.
Pasquale Belsito ha praticamente percorso dall’interno tutte le fasi salienti della storia dei “Nuclei Armati Rivoluzionari”, la sigla principale del terrorismo neofascista dalla seconda metà degli anni ’70 ai primi ’80. Dopo aver fatto parte giovanissimo della struttura clandestina di Terza Posizione, l’organizzazione eversiva fondata da Roberto Fiore, confluì nell’estate del 1980 nei NAR di Valerio Fioravanti e Francesca Mambro. Nell’arco di pochissimi anni partecipò agli omicidi a Roma, il 5 ed il 6 dicembre dell’81, dell’agente di Polizia Ciro Capobianco, colpito nel corso di un conflitto a fuoco in cui morì anche il neofascista Alessandro Alibrandi, ed il giorno successivo del carabiniere Romano Radici. Il 18 novembre 1982 uccise invece a Milano la guardia giurata Erminio Carloni durante una tentata rapina. Nel suo curriculum anche l’assassinio di due “camerati traditori”: Luca Perucci, a Roma il 6 gennaio 1981, e Mauro Mennucci, l’8 luglio 1982 a Pisa, quest’ultimo reo di aver fatto scoprire il rifugio di Mario Tuti in Costa Azzurra, dopo la sua fuga da Empoli, nel gennaio del 1975, a seguito dell’uccisione di due poliziotti.
Numerosissimi anche i tentati omicidi, le lesioni personali e le rapine. “Il macellaio”, questo il suo soprannome nell’ambiente, fu condannato a più ergastoli. Rimasto latitante vent’anni e segnalato di volta in volta in Svizzera, Libano, Olanda, Gran Bretegna e Sudamerica, riuscì ancora a far parlare di sé per il ferimento in Francia di un agente durante un’ennesima rapina. Infine l’arresto a fine giugno 2001, a Madrid, con documenti falsi e una pistola calibro 9.
Non sono dunque del tutto astratte le possibilità di conoscere qualcosa di più riguardo fatti rimasti in parte o totalmente insoluti. Pasquale Belsito, il 5 agosto 1980, solo tre giorni dopo la strage alla stazione di Bologna, fece parte del gruppo che insieme a Valerio Fioravanti rapinò a Roma, in Piazza Menenio Agrippa, un negozio di armi. Difficile pensare che nulla sapesse dell’attività stragista dei NAR. Ma anche la vicenda di Fausto e Iaio potrebbe finalmente riaprirsi. Le indagini portarono quasi subito, accumulando notevoli indizi, proprio sulla pista dei NAR. L’unica rivendicazione degna di attenzione, giunta qualche giorno dopo quel 18 marzo 1978, fu un volantino dell’”Esercito Nazionale Rivoluzionario-Brigata Combattente Franco Anselmi”, con il simbolo di una runa celtica. Il “gruppo di fuoco” intestato a Franco Anselmi, divenuto una specie di martire dopo la sua uccisione nel corso di una rapina a Roma, solo pochi giorni prima l’esecuzione dei due giovani a Milano, comparve da allora in ben undici azioni dei NAR. Non solo, i nomi dei tre killer furono indicati da diversi collaboratori di giustizia, al punto che nel marzo 2000, in una conferenza stampa a Milano, il consigliere comunale di Rifondazione Comunista Umberto Gay, accusò pubblicamente uno di loro. Mario Corsi, questo il suo nome, si guardò bene dal querelarlo.
In questi mesi un sostituto procuratore di Milano lo ha più volte interrogato in carcere. Non ci resta che attendere.
Milano, 12 gennaio 2006
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