Abitarenellacrisi a Firenze

In tempo di giri in bicicletta, in un bel pomeriggio di sole invernale, il sindaco Renzi si ricorda dell’esistenza di una Firenze oltre i confini di Palazzo Vecchio: “Ho ripreso a girare la città, angolo per angolo, senza dirigenti e collaboratori al seguito. Obiettivo: capire davvero come vanno le cose a Firenze. Mi sono imbattuto nell’HardROCCA, il circolino sociale di via Rocca Tedalda, la zona delle c.d. case minime. Basta con i rinvii, nazionali e talvolta anche regionali: le case popolari vanno rimesse a posto. Inutile che qualcuno – che magari può permettersi di più – paghi 10 euro al mese e le case siano piene di umidità quando possiamo fare investimenti su edilizia innovativa come sta accadendo con gli edifici in legno in viale Giannotti o a Novoli. Voglio provarci a tutti i costi: è una questione innanzitutto di dignità.” E’ una questione di dignità, vero, nel panorama della crisi abitativa dove il diritto all’abitare sotto la protezione di un tetto e quattro mura sembra essere dimenticato proprio dalle istituzioni che lo stesso sindaco rappresenta. La pratica dell’occupazione è illegale, i bandi ERP danno possibilità solo a chi già detiene un reddito fisso e può dimostrare di avere una certa situazione, per strada fa freddo, passeggiando per la città si vedono numerosi stabili vuoti e disabitati che però non rispondono ai requisiti igienici e di sicurezza richiesti per legge per essere abitati. La soluzione del sindaco è quella di alzare gli affitti, quintuplicare le tariffe minime di affitto nelle case popolari”, identificando le famiglie che pagano solo 12 euro al mese quando invece potrebbero permettersi di più, aggiornando il tabellario Isee per rendere i canoni corrispondenti alla reale situazione delle famiglie (anche se bisognerebbe rivedere una legge regionale di settore). I soldi recuperati sarebbero poi destinati alla ristrutturazione delle tante case popolari in condizioni di degrado. Una soluzione molto parziale, se abbiamo il coraggio di chiamarla soluzione, che non tiene conto delle proposte già esistenti di realtà cittadine autogestite, progetti di auto recupero di stabili sfitti, revisione dell’attività dei servizi sociali e dei requisiti per il bando ERP.

In questa prospettiva, ieri mattina si è svolta nello stabile storicamente occupato di Via Aldini, 5 l’assemblea nazionale sul diritto all’abitare, organizzata da Abitarenellacrisi e Movimento di Lotta per la casa. Un centinaio di persone hanno partecipato attivamente alla discussione, tra singoli individui e appartenenti a realtà che già da tempo si muovono sul territorio di competenza per tentare di allentare, per quanto possibile, la crisi abitativa che sta velocemente lasciando interi nuclei familiari nelle difficoltà della strada.

Sfratti, progetti di autorecupero, autogestione, coordinamento nazionale. E’ stata sentita la necessità di convocare un convegno nazionale per elaborare insieme una serie di azioni a lungo raggio e per organizzare il sito, ancora in costruzione, abitarenellacrisi.org, come futuro strumento di condivisione  delle informazioni sulle assemblee pubbliche e, soprattutto, di coordinamento per le varie realtà coinvolte. Certo, resta il bisogno di incontrarsi periodicamente per evitare la facile alienazione sul virtuale, l’emergenza della casa è una realtà forte che ha avuto un impatto disastroso per molte persone, a fronte della quale mobilitarsi come “attivisti da tastiera” non sarebbe altro che una grande presa di giro. C’è bisogno di creare un fronte capace di sostituire in toto l’attività e le funzioni dei servizi sociali attuali e degli organi istituzionali predisposti, totalmente incapaci di gestire la situazione, essendone di fatto responsabili (nonostante l’assessore Saccardi si definisca in uno stato d’animo “misto di quasi rassegnazione e rabbia. Rassegnazione per non avere gli strumenti che vorrebbe per intervenire e aprire una porta a famiglie disperate. Rabbia perché il fenomeno sta assumendo dimensioni allarmanti e nessuno, ai piani alti della politica nazionale, pare affrontarlo come meriterebbe.” da La Nazione ).

Solo a Firenze sette, otto sfratti esecutivi con la forza pubblica al giorno, un centinaio al mese, un migliaio circa all’anno. La Saccardi dichiara di aver scritto una lettera all’Anci per chiedere un fondo nazionale di sostegno, in cui rientri la possibilità di utilizzare grandi immobili pubblici dismessi. A patto che le società di appalti non rischino troppo di perdere la loro fonte di vita, la speculazione edilizia. In quel caso la cessione degli stabili dismessi potrebbe essere un problema non indifferente, come già da tempo è ben noto: da una parte persone senza casa alla ricerca di una casa senza gente, dall’altra la possibilità di ristrutturare e vendere a prezzi competitivi sul mercato. Un grande dilemma. Esiste un fondo per la morosità stanziato dalla Regione di cui 480.000 euro sono destinati al capoluogo fiorentino, non sufficiente a supplire alla carenza di alloggi ERP e alla creazione di piani veri per l’edilizia popolare. In teoria esiste un altro fondo di 400.000 euro ma c’è un problema: presenta “criteri troppo rigidi”, per cui è stato difficile potervi attingere fondi sostanziosi. Anche su questo punto l’assessore ai servizi sociali Saccardi sembra cadere dalle nuvole, e promette una richiesta da parte di Palazzo Vecchio di renderlo più fruibile, visto che “quella degli sfratti è la vera emergenza sociale”. Sono state centinaia le esecuzioni di sfratto sul territorio fiorentino nell’ultimo anno, più i numerosi casi nella periferia, in particolare Campi Bisenzio e Sesto, ma l’assessore pare svegliarsi solo dopo il caso di Via degli Artisti dello scorso 30 gennaio: una famiglia con due bambini piccoli, il padre disoccupato fino a poco tempo fa, la madre part time con una media di 400 euro al mese. Seguiti da tempo dai servizi sociali e inseriti nella graduatoria della riserva per gli sfratti, nelle prime posizioni. Una situazione molto nota nella quotidiana realtà dello sfratto, dove il 70% dei casi avviene per morosità incolpevole e dove una volta sbattuti in strada si viene automaticamente esclusi dalla graduatoria per la casa popolare. Capiamo così la reale utilità del picchetto anti-sfratto, che, è vero, può servire solo a ritardare, e non a evitare, il momento dello sgombero, ma che almeno permette di lasciare alle famiglie la possibilità di ottenere una buona volta l’alloggio ERP tanto atteso. Quest’anno a fare richiesta al bando si sono presentate 3.000 persone: “forse saranno disponibili 200 nuovi alloggi per quest’anno” l’unica risposta alla questione, con quel forse iniziale che tutto promette tranne che una sicurezza.

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