Fedeli alla classe: Resistenza rossa o tricolore?

Con questo libro, Fedeli alla classe. La CGL rossa tra occupazione alleata del Sud e “svolta di Salerno” (1943-45), (A. C. editoriale,  2013), Francesco Giliani indaga un aspetto poco trattato, se non sconosciuto, della Resistenza al fascismo e al nazismo, quello della lotta che si sviluppa nell’Italia meridionale a partire dal 1943, dopo lo sbarco alleato in Sicilia, la caduta del regime fascista e la nascita del governo Badoglio. L’interesse per quelle vicende e per la rinascita di un sindacalismo di classe, la CGL rossa, da non confondersi con la successiva CGIL, era già riemerso, non a caso, ad opera di alcuni studiosi impregnati del clima di contestazione del ’68. A loro va il merito di aver sfidato tabù e silenzi ufficiali nel quadro della polemica storiografica sul carattere della Resistenza sviluppato tra gli anni ’60 e ’70, sintetizzabile nella disputa fra Resistenza “rossa” e Resistenza “tricolore”. Rispetto a quelle ricerche, l’autore propone un quadro analitico più completo, fondato su una minuziosa ricognizione della fonti, molte delle quali inedite come quelle tratte dagli archivi italiani e, soprattutto, dal materiale degli analisti dell’OSS (Office of strategic services), i servizi segreti Usa dell’epoca. Ciò facendo egli mette in campo quella che deve essere una delle qualità dello storico: la pazienza per i fatti unita a un lungo e certosino lavoro di ricognizione delle fonti documentarie.

Il risveglio antifascista nel Meridione

Tutto il libro è teso a svelare criticamente un senso comune che aleggia e presenta la situazione meridionale come un luogo di masse sottoproletarie dormienti, i cui moti di ribellione, che pure ci furono, sono ridotti a spontaneismo immaturo, contrapposti alla rivolta disciplinata e progettuale impersonata dai partiti del Comitato di Liberazione Nazionale. E’ soprattutto l’insurrezione antinazista di Napoli, durante le quattro giornate del settembre 1943 a scompaginare l’immagine del Sud estraneo ad una moderna lotta di classe. Quella fu la prima insurrezione vittoriosa antifascista in Europa, che segnò una spaccatura tra antifascismo proletario e borghese. Dalle pagine del libro emerge la forza della classe operaia dell’epoca, capace di gestire la società durante le quattro giornate dell’insurrezione che pose all’ordine del giorno la possibilità di un esito rivoluzionario della Resistenza. Pericolo segnalato da un rapporto dai servizi segreti americani del novembre 1943, secondo il quale «nelle ultime settimane la corrente bolscevica è riuscita a conquistare il controllo del movimento operaio». Allo stesso modo l’indagine mette in evidenza le difficoltà e le contestazioni ampie che incontrò la linea togliattiana del partito nuovo, pronta all’alleanza con la monarchia, alla quale si sarebbero opposti solo sparuti “gruppuscoli” fermi al partito dei tempi di Amadeo Bordiga. No, si trattò di un fenomeno di opposizione ben più vasto, interno stesso ai comunisti, come testimonia la scissione della sezione comunista di Montesanto e l’ondata di espulsione dal partito che colpì i dirigenti nel rinato sindacato di classe, nella primavera del 1944.

Infine si mette in discussione la tesi che l’esercito alleato costituisse una monolitica macchina da guerra pronta a schiacciare un’insurrezione rivoluzionaria di massa. Era questa una delle giustificazioni avanzate all’epoca (e dopo sul piano storiografico) dai dirigenti comunisti per spiegare la cautela della loro politica, per evitare la prospettiva greca. L’esercito alleato non era un blocco così compatto e ostile alle masse popolari. Alcuni dati confermano in parte questa affermazione. Nelle elezioni del 1945 il 60% dei soldati britannici ancora in servizio votarono per il Partito Laburista; fonti statunitensi stimavano in un milione e 250 mila i soldati Usa impegnati sul terreno di guerra europeo iscritti al sindacato.

La CGL rossa

Fu in quel contesto che rinacque su basi classiste la CGL, alla cui direzione si trovarono molti comunisti provenienti dalle opposizioni allo stalinismo, trotskisti e bordighiani, particolarmente a Napoli. Essa era guidata da Enrico Russo, un operaio metallurgico, con alle spalle l‘emigrazione in Francia, dove aderì per un periodo al trotskismo, la partecipazione alla guerra civile spagnola nel Poum. La CGL non fu sindacato di “frangia”, ma, al contrario, si radicò proprio a partire da bastioni storici della classe operaia, zone con forte influenza socialista fin dal biennio rosso se non addirittura da fine ‘800 come Napoli e la sua periferia industriale. Lì appunto rinacque per diffondersi sul territorio, principalmente in Campania, dove si concentrava inoltre la quasi totalità dei suoi quadri e poi a Cosenza, nella Lucania, Foggia, Palermo. Arrivò a contare 150.000 iscritti, 30 camere del lavoro e 23 sezioni di Federterra. Essa si caratterizzava per essere un sindacato che univa la lotta contro il fascismo a quella contro il padronato e che organizzava scioperi contro l’amministrazione Alleata, sfidando la repressione e suscitando larghe simpatie tra i proletari alleati in divisa.

Lunga e corposa è la documentazione sulle opposizioni antistaliniste di matrice bordighiana, ai trotskisti, ad altre formazioni fuori e dentro il PCI che resero difficile la ricostruzione del PCI ufficiale nel 1943. Furono questi fattori che resero possibile l’esperienza della CGL rossa. Ciò che invece mancò fu la presenza di un partito in grado di affiancare il lavoro di ricostruzione del sindacato. Così nei mesi seguenti ebbe buon gioco il Pci togliattiano, nel consolidare la sua autorità politica aiutato dal “mito” di Stalin, sull’onda delle vittorie militari dell’Unione Sovietica, da cui i comunisti italiani trassero forza e prestigio. Isolata di fronte alla forza crescente del PCI e del PSIUP, ostracizzata dal governo italiano e dalle autorità Alleate, la CGL non resse allo scontro e si sciolse. (per l’acquisto del libro al prezzo di 13 euro rivolgersi direttamente all’autore scrivendo a fedeliallaclasse@libero.it ).

da http://antoniomoscato.altervista.org/index.php

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