Centro Java e Night Life. Uno spazio di rielaborazione delle modalità di consumo delle sostanze

Vista l’attualità della questione “sostanze”, il massiccio ritorno dell’eroina e i nuovi recenti traffici, abbiamo pensato di intervistare degli esperti in materia di riduzione del danno per saperne un po’ di più. Il centro Java è uno spazio del Comune di Firenze, gestito dalla Cooperativa Sociale CAT, attivo da più di dieci anni come info shop: qui si possono infatti trovare informazioni a 360° sulle sostanze stupefacenti, sia legali che illegali, e sulle malattie a trasmissione sessuale, preservativi, oltre alla possibilità di iniziare consulenze psicologiche gratuitamente.

L’argomento delle sostanze stupefacenti è ancora molto difficile da trattare e le occasioni sono sempre poche. Il centro dà quindi la possibilità ai ragazzi di partecipare ad attività extra, come mostre e corsi di vario tipo, da quello per dj a quello di educazione cinofila che si terranno quest’anno. E’ aperto tutti i pomeriggi dal lunedì al venerdì e il fine settimana dalle una alle cinque di notte con il progetto UAN (Urban After Night), con tisane, caffè e dolci gratis.

Qual è la funzione di questo spazio?

N: Questo posto serve a tutti quei consumatori che hanno bisogno di mettersi in discussione e di ragionare sul proprio modo di consumare le sostanze, legali o illegali. Questo si fa attraverso le consulenze psicologiche, ma anche venendo semplicemente a chiacchierare con noi, essendo questo un posto dove non c’è un accesso filtrato come nei servizi più istituzionali, è uno spazio a soglia zero. I ragazzi arrivano qui perchè questo è un punto molto centrale della città, ma anche perchè tutti gli operatori del centro lavorano anche in progetti di riduzione del danno e dei rischi, come ad esempio Extreme, un progetto che lavora nelle feste illegali ma anche nelle discoteche, nei contesti del divertimento in cui si consumano sostanze insomma, da cui il forte collegamento con il mondo della notte. Oltre a questo, i corsi che facciamo sono un altro strumento attraverso il quale cercare di rafforzare le relazioni che abbiamo con le persone che vengono per ragionare dei loro consumi, per prendere il materiale, per segnalare se gira qualche sostanza dannosa o se è successo qualche cosa in città di cui potrebbe essere importante discutere.

Con quali altri progetti legati al consumo di sostanze collaborate oltre a Extreme?

S: Un altro progetto collegato al Java, più per vicinanza geografica che per affinità, è il progetto Outsiders, che si occupa di persone con problemi di tossicodipendenza in situazioni di marginalità, quindi in questi casi come mission fondamentale c’è quella di invio verso i servizi. Visto che il centro Java ha una posizione geografica in linea con il luogo storico di aggregazione informale dei tossicodipendenti qui a Firenze, molto spesso capita che magari persone in situazione di emergenza, o perchè hanno deciso di fuoriuscire da una comunità di accoglienza, o perchè sono scappate di casa o sono state buttate fuori, vengano accompagnate qui da dei loro pari. Allora tramite il progetto Outsiders (che è un progetto di riduzione del danno con cui facciamo scambio di materiale sterile, secondo quindi un discorso molto più sanitario), attiviamo piuttosto un servizio di accompagnamento ai servizi di riferimento. Invece la parte interessante del collegamento tra il Java e il mondo della notte è il fatto che abbiamo una visione privilegiata e in anticipo rispetto a servizi più strutturati.

Quali sono le sostanze più consumate in questo contesto?

S: Fra le sostanze più consumate che sono venute fuori negli ultimi mesi, una di queste è la metoxetamina, perchè tanti consumatori di ketamina sono venuti a raccontarci che erano venuti in contatto con questa sostanza, che loro avevano assunto come ketamina, ma che in realtà aveva effetti differenti: molto più duraturi, allucinazioni molto più forti, e quindi il potere della sostanza aveva portato anche a ricoveri ospedalieri. Questo ci ha permesso di metterci in contatto in tempi molto rapidi con realtà europee che sono più avanti di noi sullo studio e la conoscenza delle sostanze, come Energy Control o Droga CH, che è svizzera, paesi in cui si può analizzare le sostanze, se ne può parlare, dove c’è una cultura diversa, non repressiva come quella che c’è in Italia in questo momento. Inoltre abbiamo potuto scrivere materiale informativo, che è poi diventato quasi un’allerta sulla metoxetamina, poi sul nexus, della famiglia del 2C-A (un’altra nuova sostanza che si trova sul mercato), insomma fare vera e propria informazione sulla riduzione dei rischi e su certe sostanze. Abbiamo davvero una visione privilegiata lavorando nei setting naturali in cui le sostanze vengono consumate.

Partendo dal presupposto che questo è un luogo a cui si rifanno moltissimi consumatori e che noi lavoriamo in contesti in cui le sostanze vengono ampiamente utilizzate, possiamo dire che da due anni i decessi di giovani legati alle sostanze sono aumentati, forse in maniera esponenziale. Si è tornati a parlare di decessi di persone under 30 per consumo di sostanze e di overdose, sia fauste che infauste, per l’uso di oppiacei. Questo ci ha messo parecchio in discussione e ci ha portato a ritenere necessario incontrare dei consumatori esperti tramite dei “focus groups”, in modo che ci potessero raccontare il modo di relazionarsi alle sostanze.

La sostanza più utilizzata in assoluto, ma perchè normalizzata (nel senso che non è più considerata una sostanza psicotropa), sono i cannabinoidi in correlazione con l’alcol. La cannabis ormai non è nemmeno più percepita come una sostanza stupefacente, è appunto rientrata in un consumo normalizzato. Il che da una parte è anche negativo perchè ti fa riflettere anche sugli aspetti negativi che può avere, come attacchi di panico, stati d’ansia… il tutto accompagnato da un consumo smodato degli alcolici. Queste sono essenzialmente le due dominanti, che possono anche rappresentare un quadro generale dei consumi a oggi. Un aspetto importante è l’aumento del policonsumo, cioè si usa quello che c’è. Non c’è più una scelta di una determinata sostanza per ricercarne gli effetti: stasera c’è la cocaina, allora prendo la cocaina; domani c’è l’oppio, uso l’oppio; domani l’altro c’è il metadone, uso il metadone. Se poi una sera trovo cocaina, oppio e metadone magari le uso anche tutte e tre insieme, ed è lì che i rischi diventano esponenziali. Noi abbiamo sentito la necessità di parlare con consumatori esperti sull’oppio, sulla ketamina, sull’eroina (che sta tornando molto in auge come sostanza, anche se magari con diverse modalità di assunzione) e sulla cocaina, tutte sostanze molto impegnative. Abbiamo notato che tra i consumatori esperti c’è una forte cultura sulle sostanze, mentre sulla riduzione dei rischi e del danno siamo tornati un po’ indietro: se all’inizio degli anni ’90 certe cose venivano date per scontato, tipo l’uso di materiale sterile per chi usa sostanze per via endovenosa, oggi non sono più così ovvie. Infatti c’è stato anche un aumento di malattie come l’HCV (l’epatite C) e il ritorno dell’HIV, oppure il fatto che molte persone continuano a usare i soldi per sniffare significa che non c’è la conoscenza che lo sniffo deve essere pulito, perchè molto spesso mentre si sniffa si rompono dei capillari e dunque la sostanza viene in contatto con il muco e con il sangue, rischiando anche in questo caso di far contrarre l’epatite C. Queste sono tutte cose di cui si sta iniziando a riparlare ora.

Negli ultimi due anni, diciamo in concomitanza con il farsi sentire della crisi qui in Italia, c’è stato un aumento di consumo di qualche sostanza in particolare?

S: Sicuramente una sostanza che è sempre molto in auge è la ketamina, usata nelle modalità più svariate, dalle piccole quantità per aumentare la concentrazione alle grosse quantità per fare il viaggio extracorporeo; c’è stato poi un aumento, anche se di nicchia, dell’oppio, sia fumato che mangiato e un ritorno dell’eroina. Infine la cocaina, che mantiene quella stabilità di consumo di cui ha sempre goduto a Firenze… in tutto ciò la crisi ha portato a un generale abbassamento dei prezzi nel mercato, soprattutto della cocaina e dell’eroina, il che ha contribuito ad attirare consumatori. Di fatto non si può più parlare di una sostanza in particolare, appunto perchè siamo in un periodo in cui i consumatori, anche più esperti, tendono più a scegliere una poliassunzione, fanno un mix di varie sostanze a seconda delle loro necessità: ad esempio, mi faccio un’abbuffata di cocaina e la mattina dopo uso oppiacei per non sentire il craving, ovvero i postumi, che mi ha dato l’abbuffata di cocaina. In ogni caso, c’è da dire che i consumatori più esperti cercano in qualche modo di darsi delle regole nel momento in cui il consumo gli sfugge. Ci sono dei picchi nei momenti di problematicità: quello che differenzia l’uso della sostanza illegale dall’abuso di caffeina, per fare un esempio tra dipendenze di diverso livello, anche se pur sempre dipendenze, è che se io vado in sovradosaggio di caffeina, nicotina o alcol chi mi soccorre sa su cosa sta andando ad agire, mentre di fronte a un malore causato da una poliassunzione di sostanze non si sa mai se il problema è il mix di quelle precise sostanze insieme o se c’è di mezzo una sostanza di taglio, insomma è molto più difficile intervenire.

Per quanto riguarda i SERT, come ne parlano le persone che passano dall’info-shop?

N: Resta una cosa molto differente, hanno un approccio molto medico e rientrano nel pubblico, da cui derivano i problemi dei tagli e dell’organizzazione. La sanità pubblica, in questo contesto di crisi, è ridotta ai minimi storici… questo non favorisce un rinnovamento delle pratiche. Molte delle persone che vengono qui non vanno nei SERT perchè li ritengono un servizio che non fa per loro. Quindi sarebbe opportuno che i SERT provassero a rinnovare i loro accessi, benchè gli abbiano tagliato quasi tutto. Basandosi su un approccio molto medico (in particolare per quanto riguarda il metadone), se tu pensi di non essere tossicodipendente e non vuoi assumere farmaci non ci vai, oppure se sei costretto per una segnalazione o cose del genere molto spesso te la vivi come una punizione, non come una possibilità.

Poco fa hai parlato di “focus groups”, come momento di incontro con i consumatori esperti. Cosa sono esattamente?

M: I “focus groups” sono delle discussioni con delle persone che consumano sostanze, non necessariamente esperte. Ne abbiamo fatto uno sulla cocaina, uno sull’eroina, uno sull’oppio e due sulla ketamina. Avevamo alcune domande preparate, le persone si disponevano in giro, noi facevamo una domanda e ognuno rispondeva in modo molto libero, mentre gli altri stavano zitti, rispettando la persona. In particolare il focus group è incentrato sui vantaggi e gli svantaggi della sostanza, e questo è servito molto anche a noi dato che i consumatori ne sanno molto di più, sia di noi che di fogliettini illustrativi e libri sulla materia. Avendo un’esperienza diretta con certe sostanze ci aiutano a capire come funzionano, come gestirle, farsele, come decidere se sono di qualità o meno e anche quali sono gli indicatori che ti fanno scegliere una sostanza piuttosto che un’altra. È servito molto anche a noi, infatti l’idea iniziale di focus group era quella di prendere le varie conoscenze di saperi delle persone che partecipavano, e quindi rivalutare il soggetto consumatore riconoscendogli il fatto di detenere un sapere. Questo perchè molto spesso si pensa a un paziente che deve essere curato, che non sa a cosa sta andando incontro, mentre si dà per scontato che l’operatore sociale sappia tutto. Qui invece si cerca di mettere al centro la persona, perchè di fatto sa delle cose, che noi poi possiamo utilizzare per aggiornare i nostri materiali informativi, e questa è una cosa molto importante e non scontata.

E cosa ne è venuto fuori in termini di consumo, autocontrollo, paura di essere giudicati…?

S: Sono venute fuori cose interessanti sui mix, nel senso che c’è una conoscenza molto profonda dei vari effetti che determinate sostanze mixate insieme provocano, e c’è una ricerca ben precisa dell’effetto desiderato. Allo stesso tempo si cercano vari modi per autolimitarsi nel consumo: un esempio può essere darsi un limite di budget, che è abbastanza frequente. Inoltre alcuni ragazzi hanno parlato dell’uso farmacologico delle sostanze, soprattutto legato alla ketamina e agli oppiacei, che vengono usati come antidepressivi nei momenti in cui si riconosce di essere in crisi (un po’ in parallelo allo xanax che il medico magari prescrive alla signora di mezza età in depressione). C’è quindi una ricerca di cura attraverso l’uso delle sostanze, strettamente collegata alla ricerca del piacere, spesso alla base di un percorso nel consumo di sostanze.

M: La centralità dei focus groups è stata proprio quella di creare degli spazi per le persone per poter rielaborare un attimo il loro percorso in modo personale e significativo in relazione al loro consumo. Per noi fare riduzione del danno significa quindi anche creare degli spazi in cui si possa parlare serenamente di sostanze e di consumo, senza ansia e senza che sia tabù, lontano dal guardare dall’alto in basso le persone giudicandole per le loro scelte. Questo vale per tutti, anche e soprattutto per i ragazzini più giovani, che sono nella fase di sperimentazione e di costruzione della personalità, visto che l’educazione sulle sostanze che viene fatta nelle scuole trasmette spesso un senso di moralità tutt’altro che efficace, limitandosi a una semplice presentazione accostata a un “consumare sostanze è sbagliato”.

S: Dovrebbe diventare un fatto culturale, per quanto difficile in un paese in cui non esiste un’educazione né alla sessualità né alle sostanze, in cui entrambe vengono viste come qualcosa da cui tenersi lontani, pur sapendo che prima o poi tutte le persone ci si imbattono. Un po’ come le sigarette: da una parte c’è un mercato che ci marcia sopra, e dunque milioni di consumatori, dall’altra c’è il terrorismo del “non fumare che ti va venire il cancro”.

Inoltre siamo arrivati un po’ impreparati a questa fase di consumo, avendo avuto dieci anni di buco: nel senso che per dieci anni sembrava che certe cose non esistessero più, erano arrivate le droghe di sintesi, si usavano le pasticche, le sostanze erano relegate al mondo del divertimento, e quindi dell’extraordinario, non del quotidiano. A un certo punto è scoppiata la bambola e ci siamo resi conto che la situazione era mutata.

N: Il motivo per cui certe volte c’è anche la difficoltà a mettersi in discussione, a parlare dei propri consumi, del proprio rapporto con le sostanze, è proprio perchè siamo tutte vittime di una visione molto medicalizzata delle abitudini e degli stili di vita. Quindi quello che noi cerchiamo di fare, banalmente, è di demedicalizzare dei comportamenti che portano a pensare a un tossicodipendente come a un malato. Se consumi sostanze non è che sei malato, ma questo resta lo stereotipo, quindi quello che cerchiamo di fare è di rendere sempre maggiormente consapevoli dei rischi che comporta l’uso di sostanze e di supportare dei meccanismi di autoregolazione della persona. Poi dipende dalle situazioni, perchè esiste il consumo problematico e il consumo meno problematico: smettiamo di dare etichette, “tossico”, “ex tossico”, “paziente” ecc. Inoltre ci si dimentica troppo spesso che è la dipendenza in sé il problema, che può avere a che fare anche con altro: si sta male anche per una dipendenza per amore o per l’alcol, non necessariamente per l’eroina.

S: Il problema dello stigma è un problema grande. Tante persone che hanno avuto un’esperienza di tossicodipendenza, e te lo dicono loro stessi, a distanza di tempo il più grosso problema che si trovano ad affrontare è il pregiudizio verso la loro identità. Nel senso che se sei stato un eroinomane e hai rubato le borsette alla vecchia, puoi anche aver fatto tutti i percorsi che vuoi, però nella mente delle persone molto spesso rimani sempre quello rubava le borsette tossicodipendente. È veramente pregiudizio verso l’identità, perchè poi la persona tende davvero a rimanere quello, inizia a pensare che se tutti la vedono in quel modo allora significa che lo è veramente.

N: C’è poi l’aspetto della libertà individuale, ognuno potrà essere libero di scegliere per la propria vita, le proprie abitudini, i propri comportamenti, rispettando la propria salute e il proprio benessere. Noi cerchiamo di fare un lavoro nel rispetto dell’autonomia e della scelta delle persone, dando gli strumenti per conoscere i rischi, le implicazioni, la sostanza stessa, per dare una conoscenza il più completa possibile insomma, che nella maggior parte delle situazioni può essere la chiave di volta per trovare la soluzione.

Info www.infojava.org

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