Le aziende cinesi scelgono gli operai africani

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Brendon Hong, The Daily Beast, Stati Uniti, traduzione a cura di Internazionale

In Cina l’aumento del costo del lavoro e di quello dell’energia rendono sempre più difficile produrre merci a prezzi bassi. Per questo alcuni imprenditori hanno scelto di andare in Africa

Sun Qiaoming ha un’azienda di import-export che opera sulla co- sta orientale della Cina, dove c’è molto spazio per chi ha la voglia e la capacità di arricchirsi. Ora Sun ha messo gli occhi su un’opportunità all’estero. “Negli ultimi anni si è parlato tanto del sogno cinese, ma io ho un sogno africano”, dice. “Prossimamente mi riempirò le tasche con l’oro dell’Africa”.

Sun non si riferisce alle risorse naturali. Il suo “oro” è la manodopera africana: economica, addestrabile, abbondante e pronta a lavorare. L’Africa non ha l’esperienza maturata dai cinesi durante la loro rapida ascesa nella produzione globale, ma Sun è convinto che con il tempo e con una formazione adeguata i suoi dipendenti africani saranno in grado di tenere testa agli operai cinesi.

Con l’aumento del costo del lavoro e dell’energia e con l’inasprimento delle norme sulla tutela ambientale, gli imprenditori cinesi fanno sempre più fatica a fabbricare prodotti a buon mercato nel loro paese. Il risultato è un esodo delle aziende cinesi in posti dove la manodopera è meno costosa e alle imprese straniere sono offer- ti incentivi finanziari.

Ma per essere efficiente, l’industria ha bisogno di infrastrutture solide, e qui in- terviene il governo cinese. Nel 2013 più di 214mila lavoratori sono stati trasferiti in Africa per costruire autostrade, ponti, di- ghe e centrali elettriche: una cifra che cor- risponde più o meno a un quarto di tutti i cinesi che lavorano all’estero per delle aziende statali. Ma il governo cinese ha messo piede nel continente africano da tempo. Nell’era maoista Pechino finanziò e realizzò imponenti progetti infrastrutturali, come la ferrovia che collega la Tanzania allo Zambia. Negli anni novanta il com- mercio tra il paese asiatico e il continente è cresciuto del 700 per cento, e dal 2001 gli investimenti cinesi in Africa aumentano di più del 50 per cento all’anno. Oltre alle aziende statali, sono attivi anche impren- ditori privati come Sun.

Nei primi anni duemila Sun ha saputo della possibilità di fare affari in Etiopia. All’epoca gli etiopi importavano dall’Europa occidentale an- cora molti beni, quasi tutti più costosi di quelli cinesi. Sun ha spedito nel paese un container pieno di vestiti prodotti nella sua provincia. Tutta la merce è stata distribuita e venduta in meno di due settimane. È cominciata così una lunga e proficua relazio- ne con i clienti etiopi. Sfruttando quei pri- mi contatti e mettendosi in società con un altro imprenditore della sua città, Sun ha progettato una fabbrica di prodotti tessili vicino ad Addis Abeba, dove si unirà ad al- tri industriali cinesi che hanno preso la stessa decisione.

Sun e il suo socio useranno materiali e macchinari cinesi, ma tutto il personale sarà etiope. “I nostri vestiti saranno ufficialmente made in Etiopia”, spiega l’imprenditore. “A quel punto per noi sarà più facile vendere negli Stati Uniti e nell’Unione europea”. L’occidente, infatti, limita le importazioni di merci dalla Cina. Il trasferimento della produzione in Africa e in America Latina ha permesso alle imprese cinesi di aggirare le quote commerciali.

L’ostacolo dei pregiudizi

Sun fa parte del gruppo ristretto di impren- ditori cinesi pronti a correre il rischio di avviare nuove attività in paesi lontani, ma i pregiudizi sono ancora un ostacolo. “I miei parenti sono convinti che l’Africa sia tutta uguale. Il fatto che gli stranieri siano fuggiti dalla Libia e che nell’Africa occidentale ci sia l’ebola non significa necessa- riamente che gli affari ne soffriranno dap- pertutto”, dice. “Ma per quanto io abbia voglia di lavorare laggiù, da quelle parti non posso cercare moglie (sposare un’afri- cana significa fare un cattivo matrimonio), quindi dovrò trovarla qui”.

Gli investimenti in Africa danno lustro all’immagine di potenza mite della Cina, e il miglioramento delle infrastrutture favorirà non solo gli imprenditori cinesi ma anche i paesi africani. Sun è ottimista sulla sua nuova impresa e mentre parla del suo viaggio imminente le sue parole traboccano di autentico entusiasmo e di esaltazione. “Adoro il cibo piccante, e i miei amici mi hanno detto che ad Addis Abeba l’hot pot del Sichuan è molto diffuso”, dice l’imprenditore.

Anche partendo da zero all’altro capo del mondo, Sun potrà contare su molte comodità cui è abituato nel suo paese.

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