CLASS UNIONS: Il sindacato ai tempi del Jobs Act. Sabato 6 alla Cdp di Quinto Alto

CLASS UNIONS: Il sindacato ai tempi del Jobs Act.
Ovvero: ci hanno tolto i diritti che avevamo ereditato. Impariamo a conquistarli di nuovo.

CLASS UNIONS Atto 1°: il sindacato ai tempi del Jobs Act

14:15 Lotte e lavoro ai tempi del Jobs Act

Vertenze e lotte nei luoghi di lavoro tra contrasto al Jobs Act, precarietà, appalti e licenziamenti.

16:30 Gruppo Fiat e modello Marchionne

La lotta contro turnazioni e ritmi di lavoro massacranti, per la democrazia, il salario e il contratto.

Con Vincenzo Chianese (Rsa Fiom Pcma, Magneti Marelli, Napoli, gruppo Fiat)

18:30 Sindacato dei servizi o della partecipazione?

Costruire un sindacato della partecipazione contro un modello sindacale che fa di enti bilaterali e concertazione la propria ragione di vita

20:30 Pizzata

Proiezione della finale di Champions League: Juventus – Barcellona. Per gufare o per piacere….prenotarsi rispondendo alla mail…

22:30 Concerto Fratelli Rossi

Musica popolare e di lotta…

Presso: Casa del Popolo di Quinto Alto Via Gino Venni, Sesto Fiorentino. Organizzato da lavoratori Gkn e Cso (Firenze)
6 giugno, primo giorno di seminario, discussione e festa organizzata da lavoratori Cso e Gkn (Firenze)

SEGUE INVITO:

Con il Jobs Act è stato cancellato lo Statuto dei Lavoratori. Il contratto a tempo indeterminato così come lo abbiamo conosciuto non esiste più. Dei diritti fondamentali che i lavoratori italiani avevano conquistato rimangono in piedi il diritto allo sciopero e quello alla malattia. E non a caso entrambi sono sotto attacco. Il Sole 24 Ore non fa mistero di dove si vuole arrivare: il contratto individuale.

Il Jobs Act è l’ultima tappa di 30 anni di cedimenti da parte del cosiddetto sindacato “concertativo”. Per 30 anni i vertici sindacali hanno “contrattato” la perdita di diritti e salario. Alla fine, Renzi si è potuto permettere di dare l’affondo finale senza nemmeno più contrattarlo.

Una dopo l’altra vengono rimosse le leggi che ci tutelavano. Queste leggi in effetti non erano altro che il risultato dei rapporti di forza che i lavoratori avevano creato e imposto in passato. Venuti meno questi rapporti di forza, sono venute meno anche le leggi che ne erano il riflesso. La nostra unica tutela rimane la mobilitazione e i rapporti di forza che siamo in grado di creare in fabbrica, in azienda, nella società.

La situazione è tutt’altro che disperata. Lo dimostrano le mobilitazioni di quest’autunno o la strenua resistenza dei lavoratori in Fiat al piano Marchionne o ancora le mobilitazioni della scuola. Ma il potenziale di queste lotte è stato ogni volta disperso dal comportamento delle direzioni sindacali.

Gli apparati sindacali che dirigono la nostra vita di lavoratori organizzati sono nel migliore dei casi incapaci e inadeguati a sviluppare la mobilitazione. Nel peggiore dei casi sono conniventi del potere costituito, a volte per abitudine, a volte per i propri legami con il Pd, a volte per la paura di perdere i proventi di quote di assistenza contrattuali, enti bilaterali, Caf.

Dobbiamo tornare a scoprire le migliori tradizioni e i migliori programmi della lotta sindacale, di quel sindacato dei Consigli sorto dall’autunno caldo del 1969 che fu in grado di conquistare i diritti che ci sono stati appena tolti. Dobbiamo tornare a un modello sindacale democratico, conflittuale, partecipativo che si basi su alcuni principi chiave: sulla consapevolezza, sulla solidarietà e la difesa coerente dei salari e dei diritti come variabile indipendente dal volere del mercato.

Fare attività sindacale vuol dire anche sapersi sottrarre alla pressione continua di apparati, di ricatti o trattative aziendali che finiscono per assorbire totalmente la nostra energia. Vuol dire dedicarsi anche e soprattutto a costruire una consapevolezza diffusa tra i nostri colleghi di ciò che succede in azienda, nel resto del mondo del lavoro e nella società in genere.

E’ impossibile oggi pensare di costruire un lavoro sindacale avanzato in un’azienda o in una categoria, senza fare i conti con l’assenza di un soggetto politico organizzato dei lavoratori. Non si può pensare che il lavoratore – senza magari nemmeno rendersene conto – appoggi i rappresentanti politici degli interessi aziendali, si chiamino essi Renzi, Salvini o Berlusconi, e contemporaneamente pensare di reggere l’urto di queste stesse politiche aziendali con la lotta aziendale o con la vertenza sindacale.

Noi siamo i lavoratori che hanno dato vita il 16 ottobre a Occupy Osmannoro, nel tentativo di riempire di contenuti la mobilitazione contro il Jobs Act indetta dalla Cgil. Siamo i lavoratori che sono scesi in piazza nello sciopero generale del 12 dicembre con uno spezzone che chiedeva la continuazione di quella lotta. Siamo coloro che hanno scioperato in solidarietà alla Piaggio per l’attacco al diritto alla malattia. Vogliamo semplicemente continuare questa stessa strada, con maggiore preparazione, consapevolezza e partecipazione.

Per questo vi invitiamo a un evento di due giorni, Class Unions: il 6 e 7 giugno. Due giorni di discussione, seminario, bilancio, di lotta e allegria per discutere di cosa vuol dire fare sindacato ai tempi del Jobs Act, fare un bilancio della mobilitazione passata, preparare quella futura.

Due giorni di discussione preparate con incontri dentro le aziende coinvolte, con inviti alle realtà sociali. Non due giorni di comizi o di passerelle per gli esperti, ma di discussione vivace tra lavoratori.

Rsu Fiom Gkn Firenze, comitato iscritti Fiom Cso Scandicci

Comitato promotore Class Unions 6 giugno lavoratori Gkn e Cso

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