Francia – La maschera del nazionalismo “di sinistra”

17 ottobre, 2015:  tradotto da Fabienne Michèle Melmi, che ringraziamo.

Il nazionalismo di sinistra è presentato come una via d’uscita all’ austerità. Contro l’Europa, il ripiego sullo stato – nazione deve permettere di costruire una Repubblica sociale. Questa farsa ideologica è un vicolo cieco.

Il fallimento della sinistra radicale, in particolare in Grecia, è attribuito al suo attaccamento all’Europa. Per molti osservatori, sembra essenziale rompere con l’Unione europea e con la moneta dell’euro per rilanciare l’economia e superare la crisi. Questa falsa soluzione diventa oggi un luogo comune tra molti intellettuali, per non parlare di Jacques Sapir. L’economista di Stato Frédéric Lordon è stato il promotore di questa via senza uscità. Ma i suoi testi confusi privilegiano le chiacchiere Spinoziste alla storia del movimento operaio. Il che dovrebbe essere sufficiente per screditarlo. Aurélien Bernier propone invece un chiaro discorso che permette la riflessione riguardo a tutto questo movimento. Nel 2014, ha proposto la sua analisi nel suo libro “La gauche radicale et ses tabous”.

Aurélien Bernier osserva che le elezioni non hanno portato ad alcun successo della sinistra radicale. Anche se il suo libro è stato pubblicato prima dell’arrivo al potere di Syriza in Grecia e il successo di Podemos in Spagna, la sua constatazione resta implacabile in Francia. Il Front National e l’astensione sembrano privilegiati. La sinistra radicale oppone all’ascesa del Front National solo un antifascismo morale diventato inefficace. “Risponde al razzismo con l’antirazzismo, al nazionalismo con l’universalismo, ed è giusto così … ma non affronta la causa principale dell’ascesa di Jean-Marie Le Pen: la distruzione della sovranità nazionale da parte dell’oligarchia finanziaria “, dice Aurélien Bernier.

Questo intellettuale propone allora una politica protezionistica e un rafforzamento dello stato-nazione. Si rammarica che il Parti comuniste (PCF) abbandona questa difesa della sovranità nazionale. Egli denuncia anche il trotskismo e l’alter mondialismo che insistono sulla dimensione internazionalista. Al contrario, il Front National abbandona il suo liberalismo conservatore per impegnarsi nella denuncia dell’Unione Europea.

Sinistra radicale di fronte all’ Europa

Le elezioni europee del 1984 segnano un punto di svolta. Il PCF sta collassando mentre il FN inizia la sua ascesa. Il risultato è analizzato come congiunturale dalla stampa di estrema sinistra. Il voto FN è solo un avvertimento. Mentre gli elettori tradizionali del PC disapprovano la partecipazione del partito al governo. Ma il fenomeno sembra, a distanza di tempo, molto più profondo.

“Contrariamente a ciò che dichiara il PCF, il Front National non è creato dalla destra, ma per la rinuncia del Partito socialista a guidare una politica di sinistra” analizza Aurélien Bernier. I socialisti accettano il capitalismo e l’economia di mercato. La politica del governo socialista affronta il contesto della crisi e del libero scambio. Piuttosto che tornare a una politica protezionistica, il governo decide una svolta dell’austerità nel 1983.

Nel 1992 il trattato di Maastricht prepara la moneta comune. Il Front National abbandona il suo discorso liberale d’indebolimento dello Stato per denunciare la perdita di sovranità nazionale. La destra di Le Pen e Seguin prende il comando nella lotta contro il Trattato di Maastricht. Nel 1994, il Partito comunista di Robert Hue decide invece di modernizzarsi e gradualmente accetta l’Unione europea. I comunisti non difendono più il proletariato e la classe operaia, ma cercano una più ampia unione. Partecipano anche a un governo di sinistra plurale, tra il 1997 e il 2002, che privatizzano molti servizi pubblici. Alle elezioni presidenziali del 2002, Jean-Marie Le Pen raggiunge il secondo turno.

Nel 2005, un referendum sul Trattato costituzionale europeo è organizzato. Il Front National abbandona definitivamente le sue manie liberali per affermare una posizione “anti-globalizzazione”. La sinistra radicale, al di là delle sue divisioni, denuncia l’Europa liberale. Il Trattato è respinto. Ma i suoi avversari di sinistra si ritrovano senza alcuna prospettiva politica. Peggio ancora, si rivolgono ai sostenitori del trattato, tra cui il Partito socialista, con la speranza grottesca di riformare l’Europa.

Nel 2007, l’estrema sinistra realizza un risultato elettorale ridicolo. Sarkozy viene eletto riprendendo la retorica sulla sicurezza del Front National. Fa votare il trattato europeo del 2005, cambiandone l’imballaggio, dai parlamentari eletti. Marine Le Pen arriva a capo del Front National nel 2009. Riprende un discorso nazionale socialista che difende lo Stato nazione e denuncia l’ euro mondialismo.

Protezionismo e sciovinismo

Il Front de Gauche appare come un cartello di partiti di sinistra radicale che realizza buoni risultati elettorali. Valorizza la disobbedienza europea, ma senza tradurre questo concetto con misure concrete. “Dobbiamo quindi affrettarci a riprendere al Front National ciò che la sinistra radicale non avrebbe mai dovuto lasciargli”, spiega Aurélien Bernier.

Nel 1981, il Parti Comuniste di Georges Marchais affigge manifesti con lo slogan “Produrre francese”. Una bandiera tricolore è anche collocata accanto alla bandiera rossa. Contro il liberalismo economico, delle misure protezioniste devono permettere di difendere i posti di lavoro nazionali. Oggi, questa idea è lasciata all’estrema destra.

Il protezionismo si oppone al libero scambio. Mira a regolamentare il commercio internazionale con tasse, quote e regolamenti. Nel 1957, la Comunità economica europea (CEE) introduce una zona di libero scambio. Questa politica liberale riduce i costi di produzione e mette i lavoratori provenienti da diversi paesi in concorrenza.

Nel 1981, la sinistra francese al potere mette in opera una politica di rilancio per il consumo. Ma senza misure protezionistiche, sono i prodotti di aziende straniere ad essere consumati. Nel 1983, di fronte al fallimento di questa politica, Mitterrand decide una “svolta dell’austerità”.

L’estrema sinistra propone delle misure riformista e keynesiane, ma senza il minimo protezionismo. Il che condanna questo neo-riformismo a fallire. Invece, una politica protezionistica impedisce il ricatto ai trasferimenti e le fughe di capitali. Questo quadro politico sembra quindi necessario per imporre la redistribuzione delle ricchezza cara all’estrema sinistra. Questo protezionismo non impedisce la cooperazione tra i popoli, al di fuori del quadro mercantile. Il suo rifiuto morale da parte della sinistra sembra quindi incoerente.

Uscire dall’Unione europea

Il quadro dell’UE, basato sul libero scambio e la concorrenza, impedisce qualsiasi forma di protezionismo. La politica non può più intervenire nell’economia, se non in senso liberale. La svalutazione della moneta per aumentare gli investimenti e la produzione diventa impossibile. Ma la sinistra e il Partito comunista abbandonano il discorso sovranista. Sognano un’altra Europa. Invece, Aurélien Bernier propone di uscire fuori dell’ordinamento giuridico e monetaria europeo.

Il libero commercio e l’Europa impediscono agli Stati membri di condurre delle politiche di sinistra per rinchiuderli in una morsa liberale. “Questi strumenti tecnici e giuridici mirano alla fine della sovranità nazionale sulle principali questioni economiche e sociali”, dice Aurélien Bernier. Ma gli ambientalisti ed i trotskisti ritengono che i problemi politici possono essere risolti solo a livello internazionale. Lo Stato nazionale non permette di lottare contro il capitalismo o contro la distruzione del pianeta. I Trotskisti rimproverano costantemente lo sciovinismo del Partito comunista.

L’anti-globalizzazione evoca il locale e il globale, ma abbandona il livello nazionale. Invece, persone come Bernard Cassen e Arnaud Montebourg avanzano il concetto di de-globalizzazione. È lo Stato che deve consentire il cambiamento politico a livello nazionale. Aurélien Bernier nega ogni sciovinismo. Propone una sovranità nazionale, popolare e internazionalista. La scala della politica è a livello dello Stato e della Nazione. Questo è quindi il punto di partenza indispensabile. Ma le regole della concorrenza internazionale devono anche cambiare.

Il nazionalismo di sinistra

Aurélien Bernier ha il merito di offrire un discorso chiaro e coerente. Per combatterlo, l’estremismo di sinistra morale sembra meno efficace dell’analisi critica. Questo discorso di sovranismo di sinistra è portato a sviluppare con forza, soprattutto in considerazione della situazione in Grecia. Economisti come Lordon o Sapir, intellettuali come Emmanuel Todd, portano già questo discorso con un’eco crescente. Gli Antifascisti e gli anarchici cercano di opporsi. Ma in un modo particolarmente goffo e inefficiente. Il sito Confusionisme.info si specializza nella denuncia morale di questa sinistra sovranista. L’antropologa Jean-Loup Amselle critica anche i “nuovi rossi-bruni”.

Al di là del vuoto della squalifica morale, questa critica non coglie il punto essenziale. Il nazionalismo di sinistra non è confuso. Piuttosto, si tratta di un’ideologia particolarmente coerente, prende radici in un partito comunista allora al culmine della sua influenza. Questo nazionalismo di sinistra sembra più coerente del presunto internazionalismo dei trotzkisti che tuttavia sviluppano programmi per le elezioni nazionali. L’analisi critica di questa sinistra del capitale sembra più rilevante della sua banale squalifica morale in nome di un presunto antifascismo.

Il nazionalismo di sinistra si basa sullo stato nazione. Un’analisi marxiana può permettere di dimostrare che la composizione sociale di questo movimento riflette i suoi interessi di classe. Il nazionalismo di sinistra raggruppa soprattutto la piccola borghesia di Stato con i quadri della funzione pubblica. Sembra quindi logico che questa componente della popolazione propone di dare un ruolo centrale allo Stato, quindi a se stessi. L’influenza intellettuale della piccola borghesia gli permette di trascinare dietro la difesa dei propri interessi alcune delle classi popolari. Aurélien Bernier adotta per questo un discorso ben oliato: lo Stato difende l’interesse generale. Nel mondo reale, sono soprattutto i dirigenti del servizio pubblico che beneficiano dello Stato sociale, attraverso il loro posto di lavoro a vita, ma anche la protezione sociale e la mutua corporativa. Questa analisi di classe del nazionalismo di sinistra può permettere di rimuovere la sua quota di idealismo e di utopia per farla tornare alla sua realtà materiale.

Ma questo discorso, anche se coerente, rivela anche alcuni punti deboli. L’Unione europea non si oppone necessariamente agli Stati. Sul piano politico-istituzionale, sono gli Stati che prendono le decisioni europee. La Francia e la Germania possono facilmente superare i vincoli. I governi francesi, lungi dall’essere delle povere vittime, hanno messo in atto la politica dell’UE. Il nazionalismo, di destra come di sinistra, si accontenta di descrivere l’Europa come un’entità metafisica, mentre si tratta di una produzione di Stati.

Vicolo cieco Riformista

Aurélien Bernier insiste sull’importanza del cambiamento da parte dello Stato, le elezioni e il governo. Questo discorso è basato su una assenza di analisi critica della democrazia rappresentativa. Questo sistema si basa sulla separazione tra governanti e governati. Solo una stessa classe dirigente si divide il potere. Evocare una sovranità popolare attraverso lo stato-nazione rileva dalla barzelletta. Le elezioni non hanno mai permesso il minimo cambiamento. Invece, Aurélien Bernier ironizza sul fallimento delle lotte sociali. Tuttavia sono questi movimenti di protesta, e non la generosità degli Stati, che hanno consentito le maggiori riforme sociali.

Infine, Aurélien Bernier non fa altro che rinnovare la vecchia socialdemocrazia con tutte le sue illusioni. L’uscita dell’euro non cambia nulla ai rapporti di sfruttamento e di dominazione. Le condizioni di vita delle classi lavoratrici non miglioreranno con il ritorno al franco e la dracma. Aurélien Bernier ci dice: si tratta solo di una tappa indispensabile ma necessaria per permettere una rottura con il capitalismo. La storia del movimento operaio dimostra, purtroppo, che le tappe siano chiamate a durare a lungo, senza migliorare la vita quotidiana degli sfruttati. Uno stato rafforzato non può deperire, ma rischia di continuare il suo ruolo nel mantenere l’ordine sociale e politico.

Ancora una volta, l’analisi dello stato sembra breve. Uno stato-nazione non è una trascendenza metafisica come lo pretendono i sovranisti. Si tratta di un’amministrazione, un’organizzazione gerarchica, una logica burocratica e un funzionamento autoritario. In queste condizioni, il “potere al popolo” non rischia di passare attraverso un rafforzamento dello Stato. Comunque Aurélien Bernier propone soprattutto di rompere con l’Europa, ma non proprio con il capitalismo e la logica del mercato. Riprende il vecchio discorso keynesiano di regolamentazione del commercio internazionale e di un rilancio economico. Propone di sviluppare lo sfruttamento con il consumo di prodotti realizzati in Francia, ma non di oltrepassare il capitalismo per aprire altre possibilità di esistenza.

Fonte: Aurélien Bernier La sinistra e tabù radicale. Perché il Fronte di Sinistra non contro il Fronte Nazionale, Le Seuil, 2014

Video e radio:

Alain Badiou, Francois Hollande e la crisi della sinistra. Incontro con Aurélien Bernier, pubblicato su Mediapart

Video: La sinistra radicale e tabù: Intervista con Aurélien Bernier, pubblicato sul sito di Pangea Mutins marzo 2014

Video: Aurélien Bernier: “L’agenda di sinistra è impossibile senza recuperare la nostra sovranità”, pubblicato sul sito web del giornale Marianne 10 giugno 2014

Video: Aurélien Bernier alla bella avventura Bookstore, a Poitiers, 6 febbraio 2014

Video: Aurélien Bernier trasmesso dal tempo delle ciliege amici il 1 FEB 2015

Radio: Perché è la Federazione Nazionale ha meglio del Fronte di Sinistra di catturare il malcontento popolare ?, pubblicato sul sito ci se sono 6 Febbraio 2014

Radio: programmi trasmessi su France Culture

Radio: emissioni deve dire! con Aurélien Bernier 17 febbraio 2014

Per andare oltre:

Vosstanie, Lettera di confusione. Le cause e le conseguenze della “rottura” e dis-organizzazione sulla coscienza politica, pubblicato 3 marzo 2015

Né Patria o confini, ideologi e gli attivisti del socialsciovinismo, pubblicati sul sito Mondialisme.org 8 agosto 2015

Aurélien Bernier: “Le classi popolari sono profondamente tradito dalla sinistra”, pubblicato sul sito di Le Comptoir 10 nov 2014

Mathieu Dejean, la recensione favorevole lasciato fuori dall’euro ?, pubblicato sul sito web di Les Inrockuptibles 3 Maggio 2014

Aurélien Bernier: Il prigioniero sinistra radicale dei suoi tabù, pubblicato dalla rivista Monthly Sine 4 giugno 2014

Thierry Blin, Possiamo ancora salvare la sinistra radicale ?, pubblicato sul sito web Basta! 8 lug 2014

Ornella Guyet, La M’Pep, torna alla deriva, pubblicato sul sito Confusionnisme.info 21 Gennaio 2015

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