Sciopero nella Grande Distribuzione: perché il 19 sia l’inizio e non la fine

Sabato 19 dicembre si terrà lo sciopero della grande distribuzione con manifestazione nazionale a Milano. Si tratta della seconda chiamata allo sciopero dopo la convocazione del 7 novembre, percorso che la Filcams ha intrapreso per ottenere il contratto nazionale con Federdistribuzione e Confcooperative, rispettivamente senza CCNL e in attesa di rinnovo. A complicare lo scenario anche le ripetute disdette dei contratti integrativi all’interno del settore: strategia inaugurata questa primavera da Ikea, proseguita a novembre da Carrefour e dall’anno prossimo probabilmente anche dal Gigante. Se in molte occasioni la Filcams è stata a guardare, non si può certo dire lo stesso per il padronato.

Sciopero GDO: perché il 19 sia l’inizio e non la fine

Lo sciopero del 7 novembre è riuscito a macchia di leopardo: in alcuni negozi l’adesione è stata molto alta, arrivando addirittura a far lavorare capi e responsabili per mantenere l’apertura, in diversi altri è stato un fallimento. La scelta di Filcams Milano di organizzare un presidio per ogni negozio non ha dato i risultati sperati in termini di partecipazione, aldilà dell’adesione.

Dal 7 novembre a oggi, poco è stato messo in campo. È stato organizzato un presidio il 27 novembre davanti a Federdistribuzione Milano, dove si è inscenato un salvadanaio per monete da 85 euro: il riferimento è al contratto firmato con Confcommercio quest’anno, che per la Filcams è un modello da portare anche in questa trattativa. Ma siamo sicuri che questo sia stato un buon accordo?

Purtroppo il rinnovo del CCNL avvenuto a marzo con Confcommercio ha confermato e approfondito la totale liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi e la conseguente flessibilità sfrenata dei turni di lavoro: si prevedono “fino a 44 ore settimanali senza che scatti lo straordinario per un massimo di 16 settimane all’anno, con il surplus di lavoro da recuperare entro i 12 mesi. A livello aziendale o territoriale sarà possibile concordare orari di 48 ore per 24 settimane in un anno”. In pratica, l’azienda può ottenere che il dipendente lavori 44 ore settimanali invece delle 40 canoniche nei periodi di picchi di lavoro, con un preavviso di soli 15 giorni programmando il recupero dell’orario supplementare entro un anno (fonte Sole24Ore). Cedere sulla flessibilità oraria vuol dire anche sancire una riduzione dello stipendio: non riconoscendo la maggiorazione per il lavoro festivo, l’orario straordinario viene equiparato all’ordinario anche dal punto di vista economico.

Come ciliegina sulla torta, ecco un regalo del governo Renzi: così come previsto dal Jobs Act, l’accordo prevede anche “norme sul sottoinquadramento nel caso di assunzione di soggetti deboli come disoccupati o coloro che hanno concluso l’apprendistato senza avere una stabilizzazione. Con queste persone può essere stipulato un contratto a tempo determinato di 12 mesi, di cui 6 con un sottoinquadramento di due livelli e altri 6 con un sottoinquadramento di un livello. Il sottoinquadramento di un livello è concesso per altri 24 mesi in caso di trasformazione in contratto a tempo indeterminato” (fonte Sole24Ore).

Iniziare la battaglia nei confronti di Federdistribuzione e Confcooperative con questa piattaforma equivale ad andare in guerra senza armatura: i colossi della GDO sono usciti da Confcommercio proprio per non sottostare a quel contratto, per avere ancora più libertà di sfruttamento oltre quella già regalatagli dai sindacati confederali. Perché dovrebbero uscire da Confcommercio per poi firmare lo stesso accordo in Federdistribuzione? La strategia della Filcams è totalmente fallimentare. L’obiettivo da raggiungere dev’essere posto più in alto, così come il livello dello scontro. Solo in questa maniera possiamo avere la speranza di riuscire a strappare un contratto migliore. Perché questo riteniamo debba essere l’obiettivo di questa mobilitazione.

Nonostante l’ennesimo accordo al ribasso firmato dai dirigenti sindacali, saremo a fianco dei lavoratori della GDO non solo evitando di fare la spesa nella giornata di sabato, ma scendendo in piazza insieme a loro in occasione dello sciopero. La solidarietà degli altri lavoratori può essere un primo passo per invertire i rapporti di forza e trasformare una trattativa persa in partenza con una spinta a lottare per un contratto migliore di quello siglato con Confcommercio, che possa invertire la tendenza a far lavorare sempre di più, con aperture ormai tutti giorni e in alcuni casi 24 ore su 24. All’imposizione di turni massacranti rispondiamo con una semplice proposta: lavorare meno, lavorare tutti, alle stesse condizioni di stipendio. Questo significa essere pagati di più: 85 euro in 3 anni non vanno minimamente a ripagare quello che verrà preso ai lavoratori in termini di orari imposti, festività non pagate e tempo di vita tolto. Questa possibilità risiede innanzitutto nella nostra determinazione a superare i limiti imposti dai dirigenti sindacali, nel commercio come in altri settori. Il 19 dicembre è solo l’inizio: tutti a Porta Venezia!

da http://www.laragione.org/

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