11 settembre 1973, il golpe in Cile. Riprendiamo l’analisi

Cile

Pubblichiamo questo post di Salvatore Ricciardi a 41 anni dal colpo di Stato in Cile poichè ci sembra rappresenti qualcosa di raro, in quanto inquadra bene la situzione di allora.
Non condividiamo, però, il giudizio sulla necessità di armare i lavoratori.

Sul punto Allende espresse sempre una ferma e motivata contrarietà, riassumibile nell’idea che un fucile ben poco può contro un carroarmato. Quale era quindi il progetto seguito da Allende? Il tentativo fu quello di garantirsi la neutralità dell’esercito attraverso l’incorporazione delle più alte gerarchie militari nel suo esecutivo (dopo i vari rimpasti che si ebbero nei frenetici ultimi mesi). Questa fu senza dubbio una mossa sbagliata, perché accentuò, invece che smussare, il grado di politicizzazione tra le forze armate: queste furono presto egemonizzate dal gruppo golpista, preoccupate inoltre dal potere concorrente che in campo coercitivo (e comprensibilmente, quando si pensa alla logica di corpo che contraddistingue un reparto militare) la costituzione dei cordoni industriali decretava. Essa infatti non fu favorita, ma non fu nemmeno  repressa dal governo.
In sostanza, non vi era via d’uscita.  Allende avrebbe anche potuto armare i lavoratori, ma questo avrebbe fatto sprofondare il Cile nella guerra civile, che sarebbe stata vinta (con assoluta certezza, possiamo affermare dati i rapporti di forza presenti) dalla parte reazionaria.

In ogni caso, buona lettura e grazie a Salvatore per lo spunto, se avremo la possibilità torneremo con un approfondimento sul tema.

In quel terribile 11 settembre 1973, nel movimento, come valutammo il golpe cileno?

Il golpe in Cile provocò un grosso dibattito nel movimento nei giorni immediatamente successivi. Il Cile era un paese simile all’Italia, di antica tradizione democratica, con le forze armate da secoli lealiste e una società civile articolata in classi contrapposte. Fu proprio la divisione in classi l’elemento che venne sottovalutato.

In molti settori di movimento si metteva in risalto il ruolo dell’imperialismo statunitense per mezzo della Cia e delle Multinazionali, certamente con un ruolo importante e decisivo, ma talmente esagerato da far velo alla lotta tra le classi e al loro antagonismo oggettivo di fronte a un progetto di trasformazione sociale, che, negli anni del governo di “Unidad Popular” si espresse con evidente violenza. Può sembrare strano che dei compagni dimentichino o sottovalutino l’esistenza delle classi, eppure succede quando si attribuisce eccessivo potere alla potenza egemone del sistema imperialista, in quel caso gli Usa, dimenticando che l’imperialismo è un sistema economico-politico alla cui base ci sono, appunto, le classi sociali.

Le trasformazioni sociali proposte da Unidad popular spaventarono le classi abbienti al punto che queste si organizzarono per schiacciare quel timido tentativo di potere popolare che si articolava intorno ai «cordones». Si accese una lotta di classe dura e violenta, una sorta di guerra civile. Le classi proprietarie, dopo aver deteriorato la situazione economica cilena, in combutta con le multinazionali statunitensi, con le banche e la Cia, provocarono l’abbattimento del prezzo del rame, risorsa importante dell’economia cilena, finanziarono i sindacati dei camionisti e fecero schizzare l’inflazione alle stelle che falcidiò i salari e gli stipendi. Con un golpe che fu un massacro si mise fine al tentativo di Allende. Non bisogna dimenticare i «cacerolazo» delle signore della buona borghesia cilena, il boicottaggio dei professionisti e delle banche, lo sciopero dei padroncini degli automezzi contro le nazionalizzazioni.

La confusione su popoli, classi e imperialismo è rimasta fino a oggi e spesso impedisce al movimento di capire e analizzare le tensioni e le contraddizioni in alcune aree del pianeta. Ripercorrere e rianalizzare il golpe del fascista Pinochet dovrebbe aiutarci a correggere questo errore.

Ciò che fu una lezione per tutte e tutti fu la consapevolezza unanime dell’impossibilità della via pacifica, elettorale, al socialismo.

La sua sorte [di Allende] testimonia tragicamente che la ragione contro la forza è vana. Unire, nella lotta proletaria, forza e ragione…[«Lotta continua», 13 settembre 1973].

Anche le responsabilità dei dirigenti di “Unidad Popular” e dello stesso Allende furono gravi.

La più importante fu quella di non aver dato ascolto alla richiesta dai proletari di armarsi e organizzarsi per difendersi dal golpe di cui da giorni si respirava l’atmosfera tragica. Non si può dimenticare che la settimana prima di quel terribile 11 settembre oltre mezzo milione di lavoratori (si parla di 800mila) sfilarono per Santiago chiedendo armi e direttive per fermare il golpe che ormai era nell’aria.Neruda

Paradossalmente, anche il Pci si trovò d’accordo nel ritenere non decisiva la via elettorale, Enrico Berlinguer lo scrisse su «Rinascita» e fu il viatico del famigerato “compromesso storico”:

La spaccatura in due del paese non solo non sarebbe utile, ma sarebbe fatale. Di qui la necessità di un grande «compromesso storico», di una nuova intesa tra le forze fondamentali del movimento popolare italiano.

Vedi i post precedenti  qui   qui   e   qui

Morto a Santiago del Cile il 23 settembre 1973. In un ospedale in mano ai militari che attribuirono la morte a un cancro alla prostata. Ma sulla sua morte molti dubbi.

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